Sugli editori “puri”/ Condé Nast e l’ingresso nella società di pubblicità digitale Flite

A proposito del grido che a volte si leva dalle redazioni quando un editore investe in prodotti non editoriali… Ecco la notizia che Condé Nast ha acquisito l’11 per cento di Flint, una società di pubblicità in area digitale. L’articolo che riporto è uscito il 20 agosto 2012 sul New York Times.

L’editore tedesco Springer ha sviluppato con successo il digitale nell’ultimo decennio, cresciuto del 34 per cento, e ha punti di forza come lo sviluppo di Stepstone, sito per la ricerca di un posto di lavoro, e, in Francia, SeLoger, servizi per la compravendita di abitazioni, e Autoreflex, sito per la vendita e l’acquisto di auto usate.

In conclusione, ecco la lista della spesa di Condé Nast in supermarket non editoriali. «The investment in Flite is one of several deals Condé Nast has made recently» scrive ancora la giornalista del New York Times, Tanzina Vega. «The company has also invested in Trigger Media, which helps create digital media companies and products, and Moda Operandi, a fashion Web site. In April, the company acquired ZipList, a digital and mobile shopping list and recipe service. “We’re thinking about the equity structure with every opportunity that hits our desk,” Mr. Sauerberg said (presidente di Condé Nast)».

E l’apporto del digitale alle vendite di periodici? A due anni dal lancio dell’iPad, si dice nell’articolo, le copie digitali contribuiscono solo per l’1,7 per cento alla circolazione dei magazine americani.

(notizia e interventie stratti dall’articolo di Tanzina Vega per The New York Times del 20 agosto 2012 intitolato «Condé Nast Invests in Digital Advertising Company Flite»).

Condé Nast entra in Flite

M’interessa perché: 1) fa capire che non esistono più (ma quando sono esistiti?) editori puri: finiamola con questo mantra, cari colleghi, quando si vogliono accusare gli editori; ci sono stati ben altri errori; 2) indica una strada evolutiva per gli editori dei periodici diversa da quella del giornalismo; 3) fa prefigurare un mix di media futuro in cui i periodici ci sono ancora.

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