Sì, non si riesce a vendere Variety. E l’articolo di International Business riporta i dubbi e i tentativi di cambiamento dei trade magazine dell’intrattenimento, quelle pubblicazioni che si rivolgono ai professionisti dello spettacolo e che offrono notizie, approfondimenti e strumenti di lavoro per gli addetti. Variety, ma anche Advertising Age, Hollywood Reporter e Backstage.
Il cambiamento parte da riconcepimenti delle riviste, con riduzione di formato (che fa risparmiare sulle spese di spedizione) e l’introduzione della pagina patinata (costi che aumentano). Un nuovo equilibrio dei costi che è anche un tentativo di sopravvivere all’attacco dell’informazione su internet, capace di bruciare la parte di hardnews.
Come sta andando, allora, nei trade magazine? I tentativi, secondo quanto si ricava dall’articolo di International Business, sono meritevoli di verifica, intanto però Variety è stato messo in vendita a 40 milioni di dollari e l’affare non si chiude. Previsto uno sconto del 25 per cento.
Il Ceo di Backstage spiega che il suo giornale è una promotional commodity, qualcosa che non può essere offerto da un sito online. Ma questa è una raffinatezza per esperti: continuate?
International Business e l’impatto del digitale.
M’interessa perché: 1) fa vedere come un intero segmento dei periodici affronta la concorrenza del digitale; 2) riflette le ansie sulla sopravvivenza stessa della carta; 3) un concetto su cui ritornare: magazine come promotional commodity… quanti esempi in Italia, pensate solo alla Vogue Night della moda e dei negozi di abbigliamento a Milano.
Il punto: divisi tra una nuova funzione dei periodici, più promozionale, e l’abisso (cito dall’articolo) dell’informazione abbondante, confusa e gratuita su internet.
Variety è stato venduto oggi, 9 ottobre 2012, a Penske Media per 25 milioni di dollari. Un prezzo stracciato. Tempo fa la proprietà aveva rifiutato offerte intorno ai 300 milioni di dollari.