Per il Canada le Summit Series, una serie di partite a hockey giocate dal team nazionale contro l’Unione Sovietica nel 1972, sono l’equivalente per gli italiani del Mondiale di calcio del 1982 e del 2006.
Quelle epiche sfide, avvenute in un clima politico di tensione tra Est e Ovest, avvolte nel fascino di un’epoca ormai lontana, sono state raccontate dal disegnatore canadese Terry Mosher, in arte Aislin, autore di vignette e fumetti di un quotidiano di Montreal, la Gazette. Il suo lavoro, un mix di disegni e testo, è appena stato premiato con il National Magazine Award.
Il racconto ricostruisce non solo le vicende sportive, così emozionanti per qualsiasi canadese abbia più di 45 anni, ma rievoca anche l’esperienza giornalistica di Aislin, un giovane disegnatore appena assunto dalla Gazette che deve inventar bugie e far ricorso a vari sotterfugi per aggirare la sorveglianza del sistema poliziesco sovietico e fare il suo lavoro a Mosca.
Vi consiglio di gustarvi la storia, scritta in inglese, che riporto nel link qui sotto. Funziona l’integrazione tra vignette e parola scritta. Tra capacità d’incidere del disegno e potenza rievocativa (ma ironica) della parola. Un testo multimediale, sì; ma di digitale c’è solo la distribuzione nelle nostre case.
Terry Mosher, alias Aislin: On Thin Ice.
The Gazette: premiato Aislin.
The Gazette: altri lavori di Aislin.
Quella Cosa Chiamata Long-Form Journalism
Long-form journalism, giornalismo multimediale, nuovi strumenti per raccontare: qualche notizia, un pizzico di polemica, 3 articoli
C’è una espressione che gode di un certo successo nel giornalismo digitale: long-form journalism (qui qualche esempio di pregio).
Indica gli articoli che hanno una certa estensione, come fa capire la formula inglese, e un andamento narrativo che a volte porta al reportage altre all’approfondimento e scavo nei fatti.
In molti suscita ilarità o sarcasmo. Il long-form journalism non sarebbe, ai loro occhi, che una etichetta di moda per indicare… un articolo.
Qualcuno ci vede riflessa la pochezza di tanta informazione ripetitiva, moltiplicata, copiata, cui ci si è abituati con il digitale.
Altri ancora ci trovano un nuovo modo di raccontare che permette ai giornalisti di utilizzare per la prima volta tutti gli strumenti espressivi a disposizione grazie alla tecnologia: scrittura, fotografia, video, audio, grafica.
Salvo poi osservare che tale profusione di mezzi porta, anche nei casi più celebrati, a prodotti ridondanti, inutilmente ricchi, sostanzialmente noiosi (come Snow Fall?).
Nell’attesa di chiarirmi le idee, segnalo questi pezzi sull’argomento (in inglese):
Uno sguardo disincantato sul fenomeno uscito ieri su The Atlantic.
Un pezzo di Mathew Ingram per Gigaom.
Il sito di long-form storytelling: Beautiful Stories.
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