Archivi categoria: Sviluppo periodici

Il nuovo signore dei magazine in Francia

Ha acquisito Elle, il top dei magazine in Francia. E le testate del gruppo Lagardère. L’uomo d’affari ceco Daniel Kretinsky è il nuovo dominus dei periodici francesi. C’è un articolo su di lui su Le Monde (quotidiano direttamente interessato: il magnate è azionista al 49 per cento della holding che è co-azionista di maggioranza di Le Monde).

Nel pezzo si racconta dell’incontro tra Kretinsky e i giornalisti delle testate acquisite da alcuni mesi: rassicurazioni, aneddoti, una spruzzata di civismo. Perfino la smentita di essere un sovranista filo-russo.

Ma le domande sollevate da questo articolo sono più delle risposte. Riguardano il futuro dei periodici in Francia, in Italia, ovunque.

Se un imprenditore di successo, che si è affermato nel mondo dell’energia, e che ambisce a entrare nel mercato occidentale – ma che in Europa ha ancora un’immagina da outsider – decide di entrare nel mercato dei periodici, da anni in calo, che significato dobbiamo dare all’operazione?

Le domande sono più numerose delle risposte contenute nell’articolo.

  1. I periodici non iteressano più ai grandi editori nazionali?
  2. Gli editori tradizionali, ancorati con le azioni delle loro società all’andamento dei mercati finanziari, devono investire in altri settori, più redditizi?
  3. Eppure le edicole sono piene di periodici: il mercato può richiamare investitori nuovi perché dà uno strumento di pressione e, comunque, di prestigio, vista la natura editoriale del prodotto, dunque la possibilità di influenzare l’opinione pubblica e di avere peso politico?
  4. Per riuscirci bisogna però abbassare i costi di produzione esternalizzando la realizzazione dei contenuti editoriali?
  5. Quest’operazione di revisione dei costi impone interventi brutali dei quali gli editori tradizionali, società e volti noti, non vogliono assumersi la responsabilità?

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    L’uomo d’affari ceco Daniel Kretinsky nell’articolo di le Monde del 3 novembre 2018.

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«Vox Media, la Condé Nast del futuro»

Siti specializzati, con una voce distinta, capaci di attrarre milioni di utenti unici con i social: Vox Media si candida a diventare la nuova Condé Nast

Consiglio di guardare il video di Bloomberg con l’intervista al Ceo di Vox Media,la media company americana che crea media brand: Verge (tecnologie), SB Nation (sport), Vox (news spiegate in modo semplice), Polygon (videogame).

Video intervista a James Bankoff, Ceo di Vox Media

James Bankoff crede che gli editori digitali diventeranno i nuovi Time Inc, Condé Nast, Disney.

La strada seguita è quella dei verticali: non siti che siano dei portali, dei siti  generalisti, ma prodotti indirizzati a un pubblico ben definito, con temi specifici.

Contano di più gli argomenti trattati o il taglio con cui li si affronta? Per Bankoff conta di più la scelta dell’argomento, l’essere un “verticale” piuttosto che fare come BuzzFeed, che tratta di tutto ma con modalità originali (anche se Bankoff non vuole rinunciare ad avere una voce unica).

Il Ceo prevede una crescita di Vox Media soprattutto organica, cioè poco basata su acquisizioni di altre società e molto sulla crescita dei prodotti e siti pensati e lanciati in casa (Vox.com, per dire, ha pochi mesi di vita e conta già 7 milioni di utenti unici).

I video, al momento, sono una piccola parte dell’offerta. Ma cresceranno. Tra qualche tempo, Vox Media assomiglierà più a una cable tv che a una magazine company.

I social come Facebook servono ad ampliare il pubblico, a portar gente nei siti di Vox Media. Ma un sito è più autorevole se la gente va direttamente alla home page. E questo accade, dopo un primo incontro avvenuto grazie alla condivisione di post e i commenti sui social.

 

Futuro dei Periodici

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5 Giornali che Cambiano

E’ ancora valido (vedi gennaio 2014)

Un viaggio nei giornali che cambiano. Attraverso le parole di un grande designer di media. Per capire in quale direzione devono andare quotidiani e periodici. Cogliendo il meglio di una stagione tra le più eccitanti (e rischiose) del giornalismo

The Wall Street Journal (Usa), El Tiempo (Colombia), Die Zeit (Germania), Aftenposten (Norvegia), Paris Match (Francia).

Mario Garcia ha ridisegnato centinaia di giornali ma questi sono i progetti che meglio illustrano la sfida del cambiamento.
Garcia lo ha spiegato a una lezione a studenti universitari di giornalismo: come promuovere il cambiamento e trarne vantaggio. Garcia, americano di origini cubane, è il più famoso designer al mondo di giornali e media. Maestro nella carta stampata, 41 anni di lavoro, centinaia di progetti alle spalle per i principali quotidiani (Italia inclusa), ora crede nella strategia del digital first, il ripensamento dei giornali a partire dall’edizione per smartphone e tablet. E ha scritto un manuale, il suo primo ebook, sulla grafica dei giornali digitali.

Ascoltarlo è come fare un tuffo in quel che c’è di più entusiasmante, creativo, coinvolgente del giornalismo, quello che ne fa uno dei mestieri più belli.

Il cambiamento è ora l’imperativo a causa della … disperazione. Ma il cambiamento va fatto per trarne beneficio, non per amore del cambiamento.

Sintetizzo alcuni passaggi, partendo dai 5 progetti.

L’introduzione del colore sul Wall street Journal, sfidando una tradizione considerata intoccabile.La redazione era contraria: il colore sul wsj? «Perderemo la credibilità»…

La ridefinizione della formula del quotidiano El Tiempo di Bogotà: eliminate le sezioni (politica, economia, esteri) e introdotta una scansione più intuitiva e naturale: Cosa sapere, Cosa fare, Cosa imparare. Il concetto è filtrato ovunque nell’editoria, viene applicato anche dai newsmagazine italiani.

L’approccio digital first in un grande quotidiano norvegese, disegnato partendo dal mobile. Deve essere letto sugli smartphone e sui tablet, poi si passa alla carta. Non il processo inverso, di adattamento del prodotto di grande formato ai piccoli schermi. La lezione è che il lavoro giornalistico non è più un lavoro per «solo numbers» (numeri primi), ma collettivo. Si parte da un’idea (un tweet) e su questo si costruiscono testo scritto, parte grafica, video, tutto il resto.

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Sports Illustrated: il periodico passato dalla carta al digitale

Non è proprio così: la rivista rimane. Ma il sito diventa il prodotto centrale. Almeno a giudicare dal progetto lanciato in queste ore

Vale la pena di dare un’occhiata: non è neppure un sito ma una piattaforma digitale pensata anche per smartphone e tablet.

Quello che era un periodico di carta si trasforma in un prodotto di breaking news, dirette in streaming, una rete di siti alleati, storytelling che utilizza tutti gli strumenti offerti oggi dal digitale ai giornalisti: foto, infografiche, video, podcast…

Un’evoluzione da studiare, che inietta fiducia sul futuro degli editori di periodici come Time.

Sports Illustrated

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Touchpoint: perché un magazine deve essere su tutte le piattaforme

Una ricerca di un grande editore britannico mostra come i periodici siano obbligati a essere presenti su tutte le piattaforme. Perché tutte queste, seppur in modo diverso, soddisfano 3 momenti e svolgono 4 funzioni. Cui non si può più rinunciare

IPC, che in Gran Bretagna pubblica Marie Claire, RealSimple e Nuts, ha commissionato una ricerca, Connected Consumers, con 3500 interviste, per mostrare l’efficacia dei magazine nella pubblicità.

La ricerca è appena stata premiata da Fipp, l’organizzazione internazionale dei magazine media.

Ecco alcuni estratti, la ricerca invece è qui.

 

QUANDO I magazine non sono più visti dai lettori come prodotti da guardare solo quando ci si vuole rilassare (“Me Time”). Si cerca invece un brand in molti momenti della giornata, per diversi tipi di contenuto. Sono 3 le fasi cronologiche e mentali:

– Catch up Time Il mattino, aggiornarsi rapidamente con fonti attendibili.

– Focus Time Al lavoro, con i minuti contati, per trovare quel che serve, che interessa, che si vuole, e si sa esattamente dove cercarlo.

– Down Time La sera, con i figli a letto, un momento tradizionalmente dedicato alla lettura. Si è più ricettivi anche verso la pubblicità.

I vari canali e piattaforme sono touchpoint, punti di contatto.

 

COSA Cosa si chiede a un periodico, e quale piattaforma soddisfa più ampiamente quel bisogno (anche se in modo non esclusivo).

Le piattaforme dei magazine

– Spark (ispira) I magazine danno idee ai lettori su tutte le piattaforme. Ma gli utenti, interpellati, dicono che la carta, quando si tratta di ricevere ispirazione, rimane lo strumento preferito nell’89% dei casi (81% online, 77% sito, 70 % social).

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The Social Side of Elle – I Social Media nei Periodici

Come la rivista di fashion Elle, marchio globale, utilizza con successo i social media

Facebook? Serve a portare lettori sul sito del giornale.

Twitter? Elle ha una “lista segreta” di celebrity, che le lettrici del giornale sentono come vicine, le “Elle girls”, che aiutano a diffondere il marchio di testata su Twitter.

Instagram? Ma anche Pinterest e Tumblr… Enfatizzano la forza dell’immagine in Elle. Perché questa rivista è un generatore di “belle immagini”. Su Elle praticamente puoi toccare una gonna che solo un centinaio di donne al mondo indosserà e acquisterà.

Ecco in tre punti la funzione dei social media per Elle e come vengono utilizzati per far girare il marchio della maggiore rivista di moda al mondo. O, almeno, la più prestigiosa.

Lo spiega un post di socialmediatoday.com interamente dedicato alla strategia social del magazine. Parla Kate Winick, social media editor del giornale.

Spiega che i social funzionano come una specie di “second screen”: le lettrici trovano su Facebook, Twitter, Instagram & Co. contenuti aggiuntivi che integrano l’offerta della rivista, senza duplicare, cannibalizzare e danneggiare il prodotto per l’edicola.

Ma cosa vuol dire redazione social in un marchio di questa importanza? Significa solo una “giornalista” assunta, Kate Winick appunto, e una squadra di blogger che posta dalle 20 alle 25 volte al giorno. Mai la sera. Ma, durante il giorno, si mantiene un ritmo serrato.

Per chi non lo sapesse, Elle è oggi, la rivista di moda più conosciuta, con 43 edizioni in 60 paesi, un account Facebook in lingua inglese con 2,2 milioni di like, e su Twitter 2,28 milioni di follower. Nel maggio 2014 (leggo nel post di socialmediatoday.com) il sito elle.com ha contato 8 milioni di visitatori unici.

Bisognerebbe aggiungere che anche l’Italia ha storie di successo nei magazine ed esperti di social di notevole spessore. Solo che un’ingiustificata esterofilia ci spinge sempre a cercar oltre confine. Di chi parlo? Per farsene un’idea basta dare un’occhiata alla classifica dei Media Specialist più apprezzati d’Italia uscita su datamediahub.it.

 

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7 Grandi Storie Multimediali di Calcio

 

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Mappa Interattiva Dei Lanci Di Magazine Nel Mondo 2013-2014

L’ultimo anno ha visto una raffica di lanci di testate in paesi di ogni continente: Germania, Olanda, Spagna, Stati Uniti, Messico, Repubblica Domenicana, Myanmar, India, Medio Oriente, Filippine, Australia… Un percorso da seguire attraverso una mappa interattiva. Per capire la strategia di internazionalizzazione dei grandi editori globali

 

Questa è la mappa interattiva sui principali lanci di magazine in paesi di ogni parte del mondo nel periodo aprile 2013-aprile 2014. Ecco un’immagine statica: per accedere al programma dovete andare al link. E’ stata realizzata utilizzando un programma di Knightlab, e le informazioni fornite da Fipp sul mondo dei periodici.

Mappa Lanci Periodici nel Mondo 2013-2014

Una selezione, ovviamente, perché le iniziative degli editori sono state numerose.

Vediamo come prosegue la strategia dell’internazionalizzazione per editori di tutto il mondo: americani, tedeschi, italiani. Hearst, Burda, Bauer Media, Mondadori, Rodale, Gruner + Jahr…

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I 2 Tempi Della Notizia: «Ora» E «Più Tardi»

La notizia viene elaborata secondo la scansione temporale di: ORA e PIÙ TARDI. Due momenti a cui viene associato un diverso strumento di lettura: smartphone/sito web versus carta/applicazione

 

Una cadenza in due tempi plasma oggi l’informazione.

Ne parla ancora una volta quella formidabile fonte di riflessione che è il blog di Mario Garcia, designer e professore di giornalismo.

Garcia in una magistrale lezione online, visibile anche in video (Hearst digital media lecture), spiega che l’informazione viene ritmata su due tempi.

C’è il materiale grezzo, lo strillo, la breaking news. Che arriva attraverso smartphone, o con la ricerca su Google.

E c’è il momento della cottura prolungata, del racconto ben realizzato, dell’approfondimento. Per cui la carta rimane, forse, lo strumento ancora oggi più adatto.

Il punto è che ogni pubblicazione deve avere molto chiara – raccomanda Garcia – la visione di come deve essere elaborato e cadenzato il flusso temporale dell’informazione per il proprio pubblico.

Seguono gli esempi di Circa, Breaking News, Yahoo News Digest, New York Times Now, Guardian.

Siamo lontani dall’angosciante idea di doversi precipitare verso una non meglio definita transizione al digitale. Ma è chiaro che non c’è spazio per chi dovesse ignorare il nuovo ciclo della notizia.

Non è tempo per strumenti solisti. Se ne era già parlato a proposito di un concetto musicale passato al giornalismo: quello di media quartet.

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15 Segnali Di Vita Del Giornalismo Che Cambia

Le tendenze nel giornalismo. Legate allo sviluppo digitale. Dal lancio di startup alla pubblicità nativa, dai video alle app, dagli e-book ai compensi legati al traffico dei siti

Ne parla il responsabile della redazione digitale di Forbes, la media company nota non solo per il periodico economico e finanziario ma anche per le attività online, considerate un modello del next journalism: il nuovo che avanza.

Lewis DVorkin, con il consueto sarcasmo indirizzato contro i giornalisti, individua 15 blips, 15 puntini sullo schermo del (suo) radar del giornalismo.

In sintesi, vediamo quali sono e perché. Ma conviene leggere per intero l’articolo di DVorkin.

1) STARTUP: i tycoon del digitale iniziano a investire in startup votate al giornalismo.

2) NATIVE ADVERTISING: il pubbliredazionale, in forma rivista e corretta per il digitale, sta prendendo piede anche nei siti dei media tradizionali. Tra gli ultimi, il New York Times.

3) PIATTAFORME: da Medium a Tumblr, fanno vedere come sarà la comunicazione tutta a base di immagini e grafica della prossima generazione di lettori.

4) GIORNALISMO LONG-FORM: una parola del gergo internettiano, molto di moda, che indica articoli lunghi più di 3000 battute, comuni nei media tradizionali, diventati una formula nobilitante per quei siti che vogliono entrare nel giornalismo di qualità.

5) VERTICALI: si è scoperto che nel digitale c’è posto per siti d’informazione o ecosistemi giornalistici che si rivolgono a comunità circoscritte di utenti, nicchie di lettori diverse da quelle dei brand dal taglio generalista.

6) DATA: parola magica, soprattutto nella variante “big data”. Internet è tutto dati, a partire dal modo in cui si misura il successo di un articolo o una pubblicità online. Presto, dice DVorkin, sentiremo parlar meno di pageview o utenti unici e molto più di viewability: quante volte una pubblicità entra davvero nello spettro visivo di chi legge.

7) APP: la grande promessa per il futuro dei periodici sta deludendo le attese. Ma ci sono strategie per dare alla lettura dei giornali su tablet una seconda chance.

8) VIDEO: tutti gli editori della carta stampata corrono verso la produzione e distribuzione di video sulle piattaforme digitali dei loro brand. Ma per il momento i lettori sembrano preferire il testo scritto, più facile da scorrere, valutare, selezionare.

9) E-BOOK: una bella fonte di guadagno per i giornalisti che hanno trovato temi d’attualità di grande interesse, un ferro caldo da battere sul momento.

10) COMMENTI: vengono inventati sistemi sempre nuovi per dare spazio ai commenti dei lettori. Perché offrono un aggancio alla monetizzazione: tradurre le pagine viste e la partecipazione dell’utente in moneta sonante per i pubblicitari.

11) MOBILE: la pubblicità più basic, il banner (il vecchio annuncio), rende poco, ma si adatta alla versione per smartphone di tanti siti di news. Una risorsa da non perdere.

12) EVENTI: organizzati dai giornali, usando il loro brand, per guadagnare notorietà, conquistare pubblico, aumentare i ricavi.

13) NUOVA PUBBLICITÀ: anziché chiedere al lettore di pagare per accedere ai contenuti di un sito giornalistico, gli si chiede di pazientare un momento e guardare un video pubblicitario. Una formula, molto vista in Italia, che fa pensare al modello economico della tv commerciale.

14) NEWSLETTER: ci sono utenti disposti a pagare per newsletter di approfondimento su temi sensibili e rilevanti, soprattutto in ambito finanziario.

15) INCENTIVI: i giornalisti che aderiscono a “compensation program” vengono in parte premiati e retribuiti sulla base del traffico generato, dei lettori conquistati. Un tema spinoso, controverso, che vede Forbes schierato tra i “cattivi”. Sul versante dei “buoni” ci sono invece giornalisti (ed editori) che continuano a credere che chi scrive non deve essere condizionato dai risultati di traffico. Anzi, non dovrebbe neppure esserne messo a conoscenza. Per la qualità dell’informazione, non per restare attaccati a privilegi.

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L’Età Dell’Oro Del Giornalismo: 5 Riflessioni

The golden age: l’età dell’oro del giornalismo. Un’espressione che ritorna spesso nelle riflessioni sui destini dell’informazione e della stampa nell’era digitale. Esiste un futuro? E per quanti giornalisti?

Una nuova età dell’oro dei media? Scritto per The Atlantic da un executive editor della Harvard Business Review, l’articolo risponde alla domanda: il giornalismo tornerà ad essere un’industria articolata e ricca come era fino a pochi anni fa? Un excursus storico vede le varie età del giornalismo in rapporto al modello economico che le guidava.

Una nuova età dell’oro (digitale) per i magazine? Sul sito del quotidiano canadese National Post si risponde alla domanda se la cultura digitale abbia migliorato i periodici. Si citano gli esempi di The New Yorker, The Atlantic, Bloomberg Businessweek. E New Republic.

Siamo in una nuova età dell’oro del giornalismo? Tom Engelhardt vede pro e contro dell’età digitale per lettori e qualità del giornalismo.

Questa non è l’età dell’oro della stampa, si legge sulla Columbia Journalism Review. E vengono riportati i dati sull’industria, indicatori tutti in calo. Ma si osserva che, dal punto di vista dei contenuti, la sensibilità dei magazine ha vinto la sua battaglia: l’informazione su Internet ha assunto come tono di fondo quello dei periodici piuttosto che quello dei quotidiani.

L’età dell’oro dei settimanali in Australia. Una rievocazione della età d’oro dei giornali patinati tra la fine degli anni Ottanta e la metà degli anni Novanta. Quando un settimanale poteva avere 3 milioni e mezzo di lettori.

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Notizie Dell’Ultima Ora O Contesto?… Last Week Tonight

«Viviamo in tempi turbolenti.

Abbiamo bisogno di uno show che si muova alla velocità delle notizie.

Uno show che tenga il passo del nostro mondo concitato.

Uno show che va in onda una volta alla settimana, la domenica sera, dopo le 23.

Un colpo di stato il lunedì? Crolla la Borsa di mercoledì? Il Governo dà le dimissioni il venerdì?

Ne parleremo la domenica sera dopo le 23. A meno che il fatto non avvenga all’ora della messa in onda. In questo caso…. ce ne occuparemo la prossima settimana. Di domenica».

E’ quel che dice il video di lancio di un programma d’informazione satirico del network televisivo statunistense Hbo, Last Week Tonight (ne parla con acutezza il designer Mario Garcia nel suo blog dedicato ai cambiamenti nel mondo del giornalismo).

Un titolo che fa riflettere sul nostro bisogno di avere notizie sempre aggiornate ma anche sulla richiesta  di una selezione delle notizie rilevanti, di approfondimento, di contesto per comprendere i fatti. E forse è questo il vero lusso in tempi di notizie incalzanti.

Context is the new king: oggi ci pensa la tv. Ma una volta non era il mestiere dei periodici?

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4 Sfide Per L’Innovazione Nei Periodici

Per capire cosa c’è nella mente degli editori di periodici, quali sono le leve su cui vogliono lavorare per recuperare ricavi e utili, basta guardare il sommario di Innovations in Magazine Media World Report, quinta edizione di un rapporto sull’innovazione nei magazine messo a punto da Fipp, la federazione mondiale degli editori di periodici.

Contiene la roadmap per costruire strategie vincenti nei magazine media.
Ci sono 4 grandi cambiamenti nei periodici:
Tablet e smartphone: il mobile come piattaforma dominante.
Big data.
Video.
Pubblicità nativa.
Le case history incluse nel Rapporto sono:
• How to build branded content
• What advertising works on mobile
• Mobile-focused publishing
• Face-to-face: the power to convene
• Monetising chats
• Paywalls that work
• Print is alive and well
• Print on demand
• Startups to watch
• Innovative use of video
• Video advertising
• Instagram, Vine and YouTube’s paid and partner channels

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24 Siti Che Cambiano il Giornalismo (Cronologia Interattiva)

Una cronologia interattiva e multimediale sui 24 siti d’informazione nativi digitali che hanno cambiato il giornalismo. Da Huffington Post a Policy Mic, da Slate.com a Project X: emergono le tendenze portate dal digitale nel mondo della stampa (Usa e non solo)

La timeline di Futuro dei Periodici s’intitola: 24 Siti che hanno cambiato il giornalismo. (Per vederla, è necessario andare al link: non è possibile “inserire” il file nei post di WordPress. La consultazione è lenta su tablet).

E’ stata realizzata da Futuro dei Periodici raccogliendo informazioni nella Rete e prendendo spunto da The State of the News Media 2014 del Journalism Project (Pew Research Center).

Vengono fuori cambiamenti e tendenze del giornalismo.

Il programma è della fondazione Knightlab.

Timeline: 24 siti web che hanno cambiato il giornalismo

 

 

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24 Siti D’Informazione Che Hanno Cambiato Il Giornalismo

Una cronologia interattiva e multimediale sui 24 siti d’informazione nativi digitali che hanno cambiato il giornalismo. Da Huffington Post a Policy Mic, da Slate.com a Project X: emergono le tendenze portate dal digitale nel mondo della stampa (Usa e non solo)

La timeline di Futuro dei Periodici s’intitola: 24 Siti che hanno cambiato il giornalismo. (Per vederla, è necessario andare al link: non è possibile “inserire” il file nei post di WordPress. La consultazione è lenta su tablet).

E’ stata realizzata da Futuro dei Periodici raccogliendo informazioni nella Rete e prendendo spunto da The State of the News Media 2014 del Journalism Project (Pew Research Center).

Timeline: 24 siti web che hanno cambiato il giornalismo

 

Vengono fuori cambiamenti e tendenze del giornalismo.

Da segnalare:

1) Il mondo del digitale ha dimensioni ancora ridotte rispetto all’industria dell’informazione. Prendiamo i fatturati pubblicitari. Il Pew Research Center stima che i quotidiani statunitensi abbiano raccolto nel 2013 ricavi pubblicitari per 25 miliardi di dollari. I siti d’informazione for profit si fermerebbero a non più di 500 milioni di dollari.

Ma la rilevanza del mondo online sta crescendo. Time Inc, la principale casa di periodici americana, fatturava nel 2012 meno di 600 milioni di dollari. Più o meno negli stessi mesi, la media company digitale Vice Media avrebbe fatturato circa 175 milioni di dollari (100 milioni Huffington Post, 10-15 milioni Mashable, 20 milioni Business Insider).

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Le 5 Caratteristiche Del Sito Giornalistico Perfetto

Sono le Lezioni Americane di Mario Garcia. Perché il design nei giornali non è solo grafica ma idea

Riprendo di peso le 5 caratteristiche per un grande sito giornalistico elencate in un recente post di Mario Garcia, geniale designer americano che ha ridisegnato decine di media nel mondo etc etc.

Conviene andare nel blog di Garcia per vedere gli esempi grafici che accompagnano queste sintetiche Tavole di Mosè.

1) Must be uncluttered. Less is best (Non deve essere affollato. Meno è più).

Come il sito del Boston Globe

2) It offers a clear navigation (La navigazione è chiara e razionale).

Come il sito di The Guardian e del Sole 24 Ore

3) It surprises visually (Stupisce per l’impatto visivo).

Come Handelsblatt

4) It reflects immediately the look & feel of the publication it represents (Comunica immediatamente la personalità della pubblicazione).

Come Bild e The New York Times

5) It uses texture, contrast and color to help the eye move through the elements (Usa texture, contrasto e colore per aiutare l’occhio a muoversi e orientarsi tra i vari elementi).

Come Newsweek e Usa Today.

 

Futuro dei Periodici

 

 

 

 

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Timeline: I 10 Anni Che Cambiarono I Giornali (Cronologia Multimediale)

Un racconto con testi, foto e video dei 10 anni di cambiamenti nei giornali degli Stati Uniti. Una timeline, una cronologia multimediale. Per ricevere chiavi di lettura sul presente di quotidiani, riviste, media digitali. Valide anche per l’Italia

Ho realizzato una timeline, una cronologia multimediale sugli ultimi 10 (14) anni di cambiamenti nei periodici e nei media americani. Date, foto, video per raccontare le chiusure di Life e Gourmet, il ritorno in edicola di Newsweek, la vendita di Washington Post al padre di Amazon e l’avventura giornalistica del fondatore di eBay. Con tante chiavi di lettura uscite in 20 mesi di Futuro dei Periodici.

Ecco la schermata della timeline. Ma per vederla in funzione dovete andare a questo linkI 10 anni che cambiarono i giornali (purtroppo il programma non può essere inserito in un post di WordPress). Date un’occhiata e sappiatemi dire. E’ una cavalcata tra 22 fatti, una storia dei giornali vista dal mondo dei periodici.

Timeline: I 10 anni che cambiarono i giornali.

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Il Nuovo Sito Di Time (E La Vista Panoramica Di New York City)

Il nuovo sito web di Time è stato lanciato tra mercoledì e giovedì.

È solo la prima parte di un processo che proseguirà nei mesi con miglioramenti e correzioni di tiro.

C’è quello che manca al nuovo sito del Corriere.it: una chiara gerarchia delle notizie.

Sulla sinistra della home ci sono le ultime notizie.

Nella parte centrale le storie principali.

A destra gli interventi dei columnist.

Time a gennaio 2014 vantava 23 milioni di utenti unici, dei quali la metà su mobile (+118% in un anno).

Il sito è concepito in modo tale da essere perfettamente leggibile e godibile su tablet e smartphone.

C’è spazio anche per il native advertising, la pubblicità nativa di cui tanto si parla, ultima interpretazione del pubbliredazionale.

Ma l’accento batte sui contenuti giornalistici.

Il lancio era prevista per lo scorso autunno, il ritardo è stato in parte attribuito al desiderio di presentare un prodotto altamente spettacolare. Obiettivo raggiunto: l’immagine panoramica interattiva di New York City, presa dai piani più alti del 1 World Trade Center, resterà negli annali.

New York City

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Il Libro Bianco Dei Periodici 2014

Transizione al digitale dei periodici: le previsioni per i prossimi 5 anni, le aspettative degli editori, le richieste dei lettori, la reinvenzione dei giornali, le incognite. Tutto contenuto nel libro bianco della Magazine Industry 2014 di Yudu

Yudu è una società service provider per la produzione di contenuti arricchiti e interattivi per giornali e aziende (tra i clienti: Reader’s Digest, IPC Media, Emap, Time Out London) che ha appena pubblicato un whitepaper, un libro bianco intitolato Magazine Industry 2014.

Attraverso una serie di interviste a rappresentanti del mondo dei magazine, il whitepaper aiuta a chiarirsi le idee sull’industria dei periodici travolta dalla crisi, sulle prospettive più realistiche per l’immediato futuro, sullo sviluppo del digitale nei giornali. Il documento è anche l’occasione per mettere a fuoco i cambiamenti dell’ultimo quinquennio.

Faccio una sintesi per punti.

– L’arrivo del tablet aveva inizialmente fatto pensare che il nuovo device sarebbe stata la panacea dei mali dell’editoria periodica.

-Dopo 4 anni si è capito che il futuro più vicino non sarà dominato da magazine digitali ma da un mondo ibrido dove digitale e carta stampata convivono. Anche come fonti di ricavo. Per quanto? Almeno per 5 anni.

– Il digitale si potrà affermare solo a condizione che ci siano miglioramenti nell’hardware e un ripensamento dei contenuti su misura di tablet.

– Il digitale nei periodici cresce più lentamente che nei libri.

– Tuttavia, le copie digitali sono cresciute notevolmente: solo nella seconda metà del 2013 si è registrato un + 36%.

– L’edizione per tablet del giornale viene lanciata per due ragioni: catturare un nuovo pubblico di giovani e avanzare nell’e-commerce.

– Al momento, gli editori desiderano sviluppare i prodotti digitali ma senza penalizzare ulteriormente le edizioni cartacee.

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L’inevitabile convergenza delle redazioni: digitale e cartacea

Può una sola redazione fare il giornale per l’edicola e il giornale digitale arricchito con video, streaming, un flusso ininterrotto di news? Vincere alle Olimpiadi sia la maratona sia i 100 metri piani? E’ la domanda dei redattori di Journalism.co.uk

Risponde Torry Pedersen, direttore del tabloid norvegese VG: un caso editoriale (perché ha successo e per la formula giornalistica a getto continuo di notizie, diversa dalla nuova home molto strutturata del Corriere: vedi il sito del giornale).

Fin dalla domanda di partenza si può capire che Pedersen è stato un fautore della divisione tra redazioni. Torna dunque il modello della separazione, almeno iniziale, predicata qualche anno fa dal Washington Post e ricordata dal professor Clayton Christensen nel suo studio Breaking News per il Nieman Lab dell’università americana di Harvard.

Il lavoro per il digitale, sostiene Pedersen, richiede un differente approccio mentale e un diverso modo di raccontare.

Il problema è poter innovare nel digitale conservando il business sulla carta, anzi, rafforzandolo. Ne ha parlato giorni fa anche un dirigente di Time Inc. citato da Futuro dei Periodici.

Il tabloid norvegese ha scelto la strada della separazione alla nascita, per evitare che la cultura della carta stampata, definita “conservatrice”, frenasse lo sviluppo digitale.

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Cosa Insegna Ai Giornali La Rivoluzione Digitale Nel Cinema

Un documentario racconta l’arrivo e l’affermarsi del digitale nel cinema e nella fotografia. E’ una storia che stimola confronti con quel che sta avvenendo nel mondo dei giornali. Rivelando un ritardo culturale

Leggo delle polemiche nate da un quesito nel corso di deontologia dell’Ordine dei giornalisti italiani, quesito che accredita l’idea secondo cui la cultura di Internet indebolirebbe la capacità di approfondimento del giornalismo (il quesito è stato eliminato dopo una segnalazione).

Carta contro digitale: la disputa mi ha fatto tornare in mente le discussioni che hanno accompagnato l’arrivo delle tecnologie digitali nel cinema.

Anche in quel caso era stato posto un problema di qualità, come ricorda un articolo di Talking New Media. Lo sappiamo, la fotografia su pellicola era, e rimane, superiore.

Il passaggio più interessante dell’articolo riguarda una riflessione su cosa ha reso possibile la transizione al digitale nell’industria dei film.

La storia è raccontata nel documentario Side by side di Christopher Kenneally, prodotto da Keanu Reeves (più sotto vedete il trailer). Ci sono interviste a Martin Scorsese, James Cameron, David Lynch.

L’affermarsi delle nuove tecnologie, guardate all’inizio con sospetto, è stato reso possibile da un’alleanza tra registi, produttori, distributori. Tutti insieme hanno spinto per il digitale. A velocità travolgente.

Un’alleanza che non si vede nell’editoria dei giornali.

Oggi nel mondo della stampa il digitale viene visto come un puntello per la carta stampata, roccaforte da difendere a ogni costo.

La creatività viene imbrigliata, sacrificata, ritardata.

Nel cinema, e nella fotografia, si è riconosciuto che la pellicola aveva già dato tutto quel che poteva. Era arrivato il momento del digitale.

Nel giornalismo ci si attende che quotidiani e periodici di carta possano ancora riservare sorprese?

Chi sparge la polvere dorata di ispirazione, creatività, voglia di sperimentare?

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I 7 Vizi Capitali Dei Giornali Su Tablet

Come si trasferisce su tablet un giornale di successo? Discussione su copie replica, copie arricchite, interattività, multimedialità, vecchie star del cinema che cantano su iPad. E il vero problema che gli editori di periodici devono affrontare

La domanda è stata fatta da uno studente a Mario Garcia, designer di centinaia di giornali: come si “trasporta” un giornale sul tablet? E lui, geniale giornalista che quest’anno insegna alla Columbia University di New York, ha risposto tirando fuori la versione per iPad di Vanity Fair.
Finisce sotto la lente di ingrandimento un numero del giornale molto, molto riuscito: quello dedicato alla Notte degli Oscar.
La copertina, con tutti gli attori, è stata un fenomeno virale su Twitter. E la copia cartacea è un successo in edicola: oltre 400 pagine per un numero monstre che squaderna bellissime foto e raccoglie pubblicità da fare invidia a qualsiasi concorrente. Sfogli le pagine e respiri la grandezza della carta stampata.
Ma la “traduzione” per tablet delude Mario Garcia. Nonostante Condé Nast sia uno degli apripista nel digitale per la stampa periodica. Le critiche benevole di Garcia, quindi, non colpiscono un soggetto che si muove nella retroguardia, ma qualcuno che sicuramente merita il plauso di tutti. Qualcuno molto coraggioso e innovativo (su quest’aggettivo, vedi più sotto).
Garcia, però, sfoglia il giornale su iPad e il suo “dito curioso”, alla ricerca di interazione sullo schermo, di multimedialità, di pagine da aprire, rimane deluso: un “dito frustrato”.
Il designer individua setti vizi capitali. Valgono anche per i giornali di altri editori.
Ecco una sintesi, con il rinvio a leggere il post.
1) Il giornale di carta viene trasferito di peso sull’iPad.
2) L’unica differenza, rispetto all’edizione cartacea, è che nel digitale c’è la possibilità di condividere gli articoli su Facebook e in Rete. Non basta, per Mario Garcia.
3) e 4) Il dito del lettore viene sollecitato troppo poco. Solo una piccola parte delle immagini, per esempio, è cliccabile. Un prodotto statico.
5) Ci sono pochi video.
6) Ci sono molte occasioni mancate: avresti voluto toccare le foto di vecchie star di Hollywood, Marilyn Monroe per dire, e vederle prender vita, magari nelle scene dei loro film. Niente.
7) Anche la pubblicità è ferma all’immagine fissa.
La morale? Secondo Garcia i lettori vogliono ritrovare su tablet lo stesso prodotto uscito in edicola. I magazine sono godibilissimi su iPad. Al tempo stesso, però, la domanda di interattività e multimedialità deve venir soddisfatta in una qualche misura. Nessuno pretende effetti speciali, prove creative spesso sterili (vogliamo parlare del sopravvalutato Snow Fall?). Ma il dito merita soddisfazione.
«Keep the finger happy».
In altre parole, come dice il nuovo senior vice president del digital a Time Inc., il problema per gli editori, in questo momento, è trovare un giusto equilibrio tra “the need of scale with the necessity of innovation“: tra prodotti che fanno fatturato e lavoro sull’innovazione.
Futuro dei Periodici
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Nuove Riviste Dimostrano Che La Stampa Non È Morta

Una ondata di nuove riviste. Più simili a piccoli capolavori dell’artigianato che a giornali. Senza pubblicità. Realizzate con il crowdfunding. Con foto artistiche, carta di pregio, materiali scelti

Riempiono gli scaffali delle librerie, sia a Londra, come racconta The Guardian, sia a Roma e Milano.

L’articolo del quotidiano britannico descrive il fenomeno. Che per qualcuno sarebbe la dimostrazione della resistenza della carta stampata.

In realtà si tratta di prodotti lontani dalle logiche industriali che governano i periodici come li conosciamo.

E non è una gran consolazione sapere che l’artigianato subentra alla produzione di massa: è un fenomeno di nicchia che non salva posti di lavoro e non garantisce lettori.

Ma è bello lasciarsi ispirare. Perché queste riviste mostrano come può cambiare la stampa nell’epoca di Internet.

The Guardian fa riferimento a nuovi modelli economici, al crowdfunding, alla vendita in Rete.

E alla creatività messa in moto. Senza celebrity in ogni pagina, pubblicità, calendari promozionali.

Non è solo un capitolo del revival dei prodotti fatti a mano, artigianali, che ci compensano della progressiva smaterializzazione della vita nel mondo digitale.

Dal Guardian: nuovi magazine 1.

 

 

Dal Guardian, nuovi magazine 3.

Dal Guardian, nuovi magazine 2

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Periodici, Internet E “Verticali” (Sui Mag Di First Look Media)

Rivisti e ripensati. I periodici trovano una nuova vita nella Rete. Perché c’è ancora bisogno di un giornalismo specializzato, accurato, pieno di entusiasmo. Che parli delle passioni delle persone

Molto si è parlato del lancio di magazine digitali da parte di un editore digitale americano, First Look Media.

Il 10 febbraio è uscito il primo giornale di quelli preannunciati, The Intercept. E la discussione si è spostata sul ruolo delle “firme”, dei giornalisti che ci mettono la faccia su Internet.

Ma c’è chi si è chiesto se questi siti possano davvero essere considerati i discendenti dei magazine nel digitale.

Una docente americana che si occupa di mass media ha approfondito l’argomento, riprendendo le parole dell’executive editor di First Look Media. E’ una riflessione sui “verticali”, i rami dei portali giornalistici che approfondiscono un dato argomento. Lo abbiamo sentito ripetere di recente anche in Italia, quando Rcs Mediagroup ha messo mano alla ridefinizione del sito del Corriere della Sera collegandolo alle testate periodiche e agli allegati, vecchi e nuovi.

Date un’occhiata all’articolo. Si dice che i verticali ricreano in Internet quel rapporto speciale che i periodici intrattengono con i loro lettori. Ci sono voci di giornalisti distinte, uniche, riconoscibili, che emergono nei siti specializzati e non sprofondano nell’uniformità dei portale. Con i giornalisti delle riviste si crea un rapporto di fiducia, fondato sull’entusiasmo per un soggetto, la conoscenza approfondita, l’esperienza, lo scambio.

«Magazines were doing a lot of what the Internet does, before the Internet was around. If you wanted deep expertise, if you wanted to be around people who shared a passion, you’d go to magazines… The idea that there’s a publication that exists for multiple devices and multiple platforms, with a strong editorial vision and voice, is really reminiscent of what magazines do».

«I periodici facevano molto di quel che Internet offre, prima che Internet nascesse. Se volevi competenza, se volevi sentire persone che condividevano le tue passioni, ti compravi un periodico. .. L’idea di una pubblicazione che esiste su molti device e piattaforme, con una voce e una linea editoriale forti, è davvero un’eredità di quel che facevano i periodici».

E continuano a fare.

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Modello Spotify: Un Nuovo Modo Di Leggere I Giornali

Si diffonde il modello Spotify nei giornali. Per leggere le riviste in streaming online. Senza doversi abbonare alle singole testate

La società svedese Readly lancerà dal prossimo mese un nuovo prodotto per il mercato dei periodici britannici sul modello di Spotify.

Si tratta di un servizio di distribuzione di contenuti in streaming online che consente di accedere alle riviste.

Con un abbonamento all-you-can-eat da 9,99 sterline al mese, sarà possibile leggere tutte le testate settimanali e mensili che aderiscono all’iniziativa, senza limiti per quantità e tempo.

Proprio come avviene con Spotify nella musica.

Il vantaggio per gli editori è di poter ampliare la rete di distribuzione e circolazione dei propri prodotti, e questo può avvenire senza investimenti in nuove piattaforme e infrastrutture fisiche e virtuali.

Si fa “scala”.

I contenuti dei giornali saranno gli stessi di quelli offerti sull’edizione cartacea.

Il modello Spotify inizia ad avere un certo interesse per l’industria dei giornali, inclusi i quotidiani.

Se n’è occupato la scorsa settimana il consulente globale di media Ken Doctor in uno dei suoi appuntamenti per Nieman Lab.

Doctor osserva che nell’era di Internet la tendenza è quella dell’unbundling: far circolare (e in qualche caso, vendere) i contenuti smembrando i raccoglitori tradizionali. Che si tratti di giornalismo o di musica. Lo sappiamo molto bene, le canzoni, oggi, vengono comprate su iTunes singolarmente, come ai tempi dei 45 giri.

Ma stanno emergendo servizi di distribuzione in streaming dei giornali, dice Doctor, che portano in auge, in forme inattese, una forma di smart rebundling: i contenuti tornano ad essere aggregati, tenuti insieme da un filo e una logica creativa, ma in modo nuovo, coerente con le nuove esigenze dei lettori.

«Per i quotidiani e i periodici – alle prese con cambiamenti di mentalità che riguardano anche il modo di proporre l’acquisto dei prodotti e gli abbonamenti – si apre un’epoca dalle possibilità quasi infinite».

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Lezioni Dalle Diffusioni Digitali Dei Giornali

Quante copie digitali vendono le riviste inglesi. E il valore dei loro lettori (lezioni per l’Italia)

Sono usciti i dati sul numero di copie vendute dai periodici britannici nella seconda metà del 2013. Per la prima volta vengono sommate copie digitali e copie print, cartacee.

Succede anche in Italia e Stati Uniti, il cambiamento procede con lo stesso passo: vengono conteggiate solo le copie “replica”, identiche (concessi minimi aggiustamenti) al prodotto dell’edicola.

Facendo il confronto con l’Italia, si vede come le copie digitali vendute in Gran Bretagna siano un numero più basso, come prevedibile viste le differenze demografiche.

Ma ci sono lezioni da trarre.

Il titolo più venduto è T3, 22.319 copie digitali (in Italia Io Donna e D di Repubblica vendono quasi 100.000 copie, Sorrisi e Canzoni oltre 30.000): rivista di gadget e tecnologia per tutti.

Segue Economist, edizione europea, con 17.000 copie.

Terzo Stuff, 15.000, anche questo giornale di tecnologia consumer.

L’editore complessivamente più proiettato verso il digitale è Condé Nast: nessuna sorpresa, è un editore americano che investe molto nel cambiamento (Vanity Fair, Glamour, GQ, Vogue, Wired).

Ma quali sono le lezioni?

Prendiamo T3. Il giornale digitale viene venduto a un prezzo di un terzo più basso della copia cartacea. E la pubblicità rende molto meno che sul mezzo tradizionale.

Nel passaggio al digitale, vanno meglio le testate specializzate, con un pubblico ben delineato.

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Anticipazioni Sulle Innovazioni Nei Magazine 2014

Le strategie globali di Condé Nast, i cambiamenti nella pubblicità dei periodici, il network internazionale di Grazia. Ne parla Magazine World, la pubblicazione della Federazione mondiale dei magazine media

Ma l’articolo di maggiore interesse riguarda le novità per i periodici nel 2014, anticipazione del rapporto Magazine Media World Report 2014 di Fipp sull’innovazione in uscita a marzo: native advertising, video, big data, mobile.

Ecco il link a una pubblicazione stimolante, seppur voce ufficiale di questo mondo.

Magazine World.

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Personal Franchise Model Nel giornalismo Digitale

Siti d’informazione costruiti intorno a personalità carismatiche. Giornalisti che diventano il marchio di una testata. Se ne parla nel giorno del lancio di nuovi periodici digitali negli Stati Uniti

Qualche ora fa è stato presentato il primo dei magazine digitali di First Look Media, la “casa editrice” del papà di eBay.

Il giornale si chiama Intercept, è un “verticale” che si occupa di sicurezza, privacy ed è ritagliato intorno alla figura del giornalista che lo dirige, Glenn Greenwald, ex Washington Post.

Non sarà la prima creazione di questo tipo per First Look Media. Yahoo! sta seguendo la stessa strada.

E sulla stampa americana si dà spazio alla lezione di un professore di giornalismo, Jay Rosen, su quello che lui chiama “personal franchise model” applicato ai siti. Un esempio che tutti conosciamo: Andrew Sullivan.

Il personal franchise model è questo:

Caratteristiche

Redazioni costruite intorno a figure carismatiche di giornalisti che hanno una voce unica e un seguito online.

Il controllo editoriale è del fondatore, anche se la proprietà passa di mano.

Il modello si contrappone a quello istituzionalizzato degli editori tradizionali, dove le persone vanno e vengono mentre restano invariati i brand, i prodotti, il logo.

La testata non sopravvive senza il suo creatore.

L’approccio è di nicchia, riguarda un pubblico circoscritto. Non si danno news generaliste per tutti i gusti e palati.

Il modello economico è estremamente vario e unico per ogni esperienza.

Cosa lo ha fatto nascere

Il pubblico si lega più facilmente a una persona, che a un brand.

Con una figura carismatica, è facile sapere se c’è qualcosa di nuovo da leggere e seguire.

Nel tempo, è diventato più facile aver fiducia nella persona che nell’istituzione.

Nelle grandi aziende c’è meno propensione al rischio e all’innovazione, rispetto alle inizialmente individuali.

Le divisioni tra i generi del giornalismo, le convenzioni fruste, le barriere artificiali tra news e opinioni, le strutture piramidali, la debolezza tecnologica sono fonte di frustrazione per i giornalisti di maggior talento.

continua… leggete il link al professor Rosen!

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Perché Facebook Non Affonda I Giornali

Fa notizia il lancio di Paper, l’applicazione di Facebook per leggere notizie online. Ma è davvero un attacco mortale allo sviluppo digitale dei giornali?

Paper di Facebook seleziona notizie e le raccoglie tenendo conto delle indicazioni dei lettori, i loro interessi, le comunità di cui fanno parte, gli acquisti. Ok, bellissimo.

Ma questo è un surrogato dei magazine? Ed è questa la pietra che sbarra la strada dello sviluppo digitale dei periodici?

Per capire quale rapporto può nascere tra questi sofisticati aggregatori, molto belli, e le testate tradizionali, consiglio di leggere questo post su Vogue e l’aggregatore Flipboard.

Si spiega che:

1) E’ Vogue a decidere quali articoli mettere a disposizione di Flipboard.

2) Lo scambio è interessante per entrambi i partner. Vogue accede allo sterminato bacino di utenti di Flipboard (100 milioni contro 3,4 milioni). E questo accede ai contenuti di pregevole fattura di Vogue, di cui sarebbe altrimenti privo.

3) Vogue trae un enorme vantaggio pubblicitario: grazie all’alleanza con Flipboard aumentano in modo esponenziale i clic sulle pagine pubblicitarie digitali.

L’interesse è comune.

Al riguardo, un anno fa ho pubblicato il post: Cos’è un periodico. Una ricerca mi aveva aperto gli occhi.

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17 Lezioni Sui Giornali Pensati Per Il Tablet

Il cambiamento nei giornali. Mettendo al centro la lettura su tablet. Ecco 17 lezioni del designer Mario Garcia

Il blog di Mario Garcia è una fonte inesauribile di ispirazione. Questo giornalista che ha ridisegnato quotidiani, periodici e media in ogni parte del mondo riflette su qualsiasi aspetto della creazione giornalistica. In tempi di profondo cambiamento.

Cito un post di qualche tempo fa in cui Garcia riassume in 17 punti le sue idee (maturate fino ad allora) sulle applicazioni di news per tablet. Ciascun punto è una lezione, a partire dalla numero 1: il tablet è una piattaforma che ha cambiato il gioco per sempre, e continuerà a farlo.

Ecco alcune lezioni. Consiglio di dare un’occhiata anche all’ebook del professor Garcia sul design per iPad.

Lezione n.3: il tablet è uno strumento che deve valorizzare la sua unicità.
Lezione n.4: un’applicazione per le news non è una replica del giornale di carta.
Lezione n.5: la lettura su app deve essere sofisticatamente semplice.
Lezione n.6: pensa a soddisfare il dito del lettore, un dito curioso e impaziente. E disegna l’app di conseguenza.
Lezione n.10: il DNA della rivista deve venir fuori subito, nei primi 10 secondi. E solo attraverso la grafica.
Lezione n.14: il tablet è una piattaforma fotografica, metti le foto al centro.

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Prescrizioni Per Sopravvivere Nel Digitale

Il transformation director del gruppo editoriale britannico Trinity Mirror, il maggiore del Paese, spiega le mosse per muoversi con successo nel giornalismo digitale.

Questo articolo di Journalism.co.uk aiuta a tirar fuori e rendere evidenti regole, concetti, princìpi che tutti noi abbiamo in qualche modo in testa. Il pregio sta nella chiarezza, non nella novità.

Si spiega che ogni sito deve essere mobile first. Non digital first. La notizia devi poterla leggere in modo agevole sul tablet e lo smartphone. Poi si passa alla lettura su computer (in declino).

Bisogna avere una strategia di crescita multipiattaforma: non sei più, soltanto, un giornale, una tv, una radio.

Ok, lo sappiamo, il contenuto è king: è quel che ci distingue e ci tiene in vita. Ma se non riesci a creare contenuti differenti per le diverse piattaforme sei morto.

E’ necessario avere un’organizzazione integrata: vietato tenere separati carta e digitale.

 

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La Corsa Ai Contenuti: Facebook Entra Nelle News

Indiscrezioni. Facebook lancerà una app di news, un aggregatore curato da giornalisti: una serie di canali monotematici (verticali, in gergo) che raccoglierebbero, si dice, articoli e contenuti di qualità messi in rete dai quotidiani e dai magazine. Si dovrebbe chiamare Paper, e viene descritto come un aggregatore “intelligente”, non affidato a un algoritmo, a un automatismo, ma alla capacità di selezione e confezionamento di persone esperte.

Segue breve e incompleta cronologia delle società tecnologiche entrate nel… giornalismo:

Il patron di Amazon, Jeff Bezos, ha comprato l’estate scorsa il Washington Post.

Yahoo! è entrato a gennaio nell’informazione e ha lanciato, tra l’altro, alcuni magazine digitali. Assunti giornalisti con curriculum di tutto riguardo, ad esempio l’ex columnist di tecnologia del sito del New York Times.

Il fondatore di Ebay ha annunciato lunedì di voler aprire alcuni magazine digitali; a fine 2013 aveva fondato la società che li pubblicherà, First Media, con un investimento di 50 milioni di euro.

Loro si danno da fare. C’è invece chi ha il pane e non ha i denti per mangiarlo.

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5 Giornali Che Hanno Accettato Il Cambiamento

Un viaggio nei giornali che cambiano. Attraverso le parole di un grande designer di media. Per capire in quale direzione devono andare quotidiani e periodici. Cogliendo il meglio di una stagione tra le più eccitanti (e rischiose) del giornalismo

The Wall Street Journal (Usa), El Tiempo (Colombia), Die Zeit (Germania), Aftenposten (Norvegia), Paris Match (Francia).

Mario Garcia ha ridisegnato centinaia di giornali ma questi sono i progetti che meglio illustrano la sfida del cambiamento.
Garcia lo ha spiegato a una lezione a studenti universitari di giornalismo: come promuovere il cambiamento e trarne vantaggio. Garcia, americano di origini cubane, è il più famoso designer al mondo di giornali e media. Maestro nella carta stampata, 41 anni di lavoro, centinaia di progetti alle spalle per i principali quotidiani (Italia inclusa), ora crede nella strategia del digital first, il ripensamento dei giornali a partire dall’edizione per smartphone e tablet. E ha scritto un manuale, il suo primo ebook, sulla grafica dei giornali digitali.

Ascoltarlo è come fare un tuffo in quel che c’è di più entusiasmante, creativo, coinvolgente del giornalismo, quello che ne fa uno dei mestieri più belli.

Il cambiamento è ora l’imperativo a causa della … disperazione. Ma il cambiamento va fatto per trarne beneficio, non per amore del cambiamento.

Sintetizzo alcuni passaggi, partendo dai 5 progetti.

L’introduzione del colore sul Wall street Journal, sfidando una tradizione considerata intoccabile.La redazione era contraria: il colore sul wsj? «Perderemo la credibilità»…

La ridefinizione della formula del quotidiano El Tiempo di Bogotà: eliminate le sezioni (politica, economia, esteri) e introdotta una scansione più intuitiva e naturale: Cosa sapere, Cosa fare, Cosa imparare. Il concetto è filtrato ovunque nell’editoria, viene applicato anche dai newsmagazine italiani.

L’approccio digital first in un grande quotidiano norvegese, disegnato partendo dal mobile. Deve essere letto sugli smartphone e sui tablet, poi si passa alla carta. Non il processo inverso, di adattamento del prodotto di grande formato ai piccoli schermi. La lezione è che il lavoro giornalistico non è più un lavoro per «solo numbers» (numeri primi), ma collettivo. Si parte da un’idea (un tweet) e su questo si costruiscono testo scritto, parte grafica, video, tutto il resto.

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Il Papà Di Ebay Lancia Periodici Digitali

Periodici digitali. Lanciati dal papà di ebay. Per restituire al giornalismo quel che ha smarrito online: contenuti di qualità, con una voce originale, diretti da professionisti

Pierre Omidyar è il fondatore di ebay e dalla fine del 2013 ha investito 50 milioni di dollari nella creazione di una media company, una società che mescola editoria e tecnologia, chiamata First Media. Obiettivo: creare una nuova forma di giornalismo nel digitale.

Ha richiamato giornalisti del Guardian, di Rolling Stone e di altre testate prestigiose.

E ieri ha diffuso con un video i dettagli del suo progetto, creando grande attesa nella stampa americana.

Riporto alcune delle frasi che sentirete nel filmato. Sono dichiarazioni d’intenti:

1) Restituire al giornalismo quel che ha perso nel digitale: redazioni che sfornino prodotti di qualità.

2) Lanciare una serie di magazine, ciascuno dedicato a uno specifico argomento, con una voce distinta e riconoscibile, diretto da un giornalista.

3) Creare una nuova redazione, nella quale collaborino figure diverse, solo in parte giornalistiche: esperti nell’elaborazione di dati, fact chechers, visual designer, esperti di tecnologia, giornalisti e scrittori.

«(the effort will) bring back to journalism what’s been lost — the critical but expensive support that’s often neglected in the digital age. In our model, teams of data analysts, fact checkers, visual designers, editors and trechnologists will work together with writers reporters and producers to create powerful stories presented in compelling packages. We’ll give our journalists everything they need to do their jobs well».

Un’osservazione: il padre di ebay, il patron di Amazon, Yahoo.. tutti i grandi della tecnologia digitale stanno investendo in contenuti e giornalismo.

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La Peggiore E La Migliore Stagione Del Giornalismo

La peggiore stagione del giornalismo. Quella delle testate che chiudono, dei giornalisti che perdono il posto, delle aziende in crisi. Ma in Rete torna con insistenza l’idea che invece stiamo attraversando un’età dell’oro

Segnalato ovunque nel mondo giornalistico anglosassone il post di Tom Engelhardt (mente del sito di informazione alternativo TomDispatch.com; motto: “un antidoto quotidiano contro i media mainstream”) intitolato Are we in a new golden age of journalism? «Siamo nella nuova età dell’oro del giornalismo?».

Naturalmente chiunque di noi sia coinvolto nelle ristrutturazioni dei giornali, con pensionamenti, licenziamenti, solidarietà, casse integrazioni, ha poca voglia di appassionarsi al tema: stiamo attraversando un periodo orribile. L’epoca più brutta. E temiamo che i tempi d’oro non ritornino mai più.

Diverso è fare una riflessione sul giornalismo come possibilità espressive: disporre delle nuove tecnologie consente a chi fa questo mestiere di inventare e imparare nuovi modi di fare informazione, in costante contatto e scambio con chi legge, disponendo di una varietà di strumenti senza pari.

«In terms of journalism, of expression, of voice, of fine reporting and superb writing, of a range of news, thoughts, views, perspectives, and opinions about places, worlds, and phenomena that I wouldn’t otherwise have known about, there has never been an experimental moment like this.  I’m in awe».

(«In termini di giornalismo, di espressione, di voce, di reporting ben fatto e scrittura superba, di varietà di notizie, pensieri, punti di vista, opinioni su luoghi, mondi e fenomeni di cui non sarei altrimenti venuto a conoscenza, non c’è mai stato un momento sperimentale come questo. Sono senza parole»).

C’è poi la posizione del lettore. Qui l’autore del post, Tom Engelhardt, è più convincente. Per gli utenti questa è una stagione ricchissima di soddisfazioni. Perché dal computer (o tablet) puoi avere accesso a qualsiasi pubblicazione del pianeta, a documenti, rapporti governativi, informazione di ogni sorta. E puoi a tua volta diventare editore. (Seppur restando esposto a forme innumerevoli di spionaggio governativo e non).

«For the first time in history, you and I have been put in the position of the newspaper editor.  We’re no longer simply passive readers at the mercy of someone else’s idea of how to “cover” or organize this planet and its many moving parts.  To one degree or another, to the extent that any of us have the time, curiosity, or energy, all of us can have a hand in shaping, reimagining, and understanding our world in new ways».

(«Per la prima volta nella storia, io e voi siamo stati messi sulla poltrona del redattore di giornale. Non siamo più semplicemente lettori passivi alla mercè delle idee di altri su come “coprire” o organizzare questo pianeta. Che sia tanto o poco, nella misura in cui ciascuno di noi ha tempo, curiosità, o energia, tutti possiamo avere una parte nel modellare, ripensare, e capire il nostro mondo in nuovi modi»).

Non dobbiamo dimenticarlo.

Futuro dei Periodici

L’Editore Che Investe Sia Nella Carta Sia Nel Digitale – Prisma Media

Nuovi progetti, lancio di giornali e di allegati per i titoli esistenti, investimento nei video e nel digitale. In Francia Prisma Media va all’attacco

È l’editore di Geo, Capital, Voici, Télé Loisir: 25 titoli tra i più venduti in Francia. E da poco la versione transalpina dell’elitario Harvard Business Review (17.000 copie a 17,90 euro).

Ma Prisma Media, in questa intervista di Le Figaro al presidente Rolf Heinz (guida anche Gruner + Jahr International), dichiara soprattutto di credere ancora nei periodici, di voler investire nel corso dell’anno e di avere un piano di espansione in cui il digitale non si sostituisce ai giornali ma ne è un volano di diffusione.

(Una controffensiva mediatica per rispondere al colpaccio di una rivista della concorrenza, quel Closer che ha rivelato la relazione tra il presidente Hollande e l’attrice Julie Gayet?)

Per il 2014 si prepara il lancio di, almeno, una nuova testata, mentre sono 3 i progetti in cantiere.

Prisma ha acquisito una quota maggioritaria della più grande società di produzione di video in Francia (AdVideum).

Si costruisce un’offerta integrata, carta e digitale insieme, per le principali aree di interesse della società: economia, femminili, televisione e intrattenimento, scienze.

«La mia ambizione è di concepire un nuovo genere mediatico ibrido, consultabile sul tablet, che amplia la ricchezza del testo, delle foto, dei video, della community, del servizio, del gioco.

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Perché Il Digitale Ti Allunga La Vita: Fenomeno Multihomers

I giornali sono in declino. Ma le testate con una presenza digitale riescono ad attrarre più pubblicità. Come spiega uno studio dell’università di Toronto. Che aiuta a capire i cambiamenti nel mondo della pubblicità e di chi la gestisce. Anche in Italia

Sono notizie che sembrano la scoperta dell’acqua calda. Se invece ci rifletti sopra, con umiltà, porti a casa un pezzetto di conoscenza. Acquisisci una chiave di lettura che ti aiuta a capire perché una concessionaria italiana di pubblicità prende anche la raccolta sulle radio, le tv. O compra riviste che altrimenti chiuderebbero.

La ricerca dell’università di Toronto Scarborough (condotta sulla stampa tedesca, con la collaborazione di docenti europei dell’università di Zurigo) spiega fino in fondo le conseguenze, per la pubblicità, di avere a che fare con lettori che si cibano di contenuti su più piattaforme: la loro “dieta mediatica” (come dicono gli esperti) include la lettura del giornale di carta, navigazione e ricerca su Internet, social media, tablet e tanto smartphone. Si chiamano “multihomers” (ma in italiano la esse del plurale va cassata, giusto?).

L’attenzione del lettore/consumatore è parcellizzata. La comunicazione delle aziende, la pubblicità, non può più avvenire solo su un canale. La carta non basta, ma neppure il digitale da solo. Bisogna seguire il potenziale cliente nei suoi spostamenti e conquistare ovunque la sua attenzione. Non c’è dunque il “passaggio al digitale”, ma siamo su un terreno misto.

Torniamo ai multihomer. Tracciarli non è facile. I giornali che ci riescono, che selezionano un pubblico di lettori con interessi molto focalizzati e omogenei, e presenti su carta ma anche sulle estensioni in radio, tv e digitale, possono vendere a un prezzo più alto gli “spazi” pubblicitari. Possiedono qualcosa di grande valore.

Per questo è importante sviluppare una presenza a tutto tondo. Non solo perché si perdono lettori e copie dei giornali.

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Quel Vecchio Modo Di Gestire Le Redazioni

Una frase. Sull’organizzazione dei giornali. Sulla gestione delle persone nelle redazioni. Tira fuori qualcosa che abbiamo tutti in testa

Leggevo ieri dei progetti di Pier Luca Santoro, l’autore del blog Il Giornalaio, esperto di media, che insieme ad altri professionisti della comunicazione si appresta a lanciare DataMediaHub, sito che si dà il compito di raccogliere e analizzare informazioni e dati sul mondo, tra l’altro, di quotidiani, periodici, social media, comunicazione aziendale (il sito sarà attivo nei prossimi giorni).

Santoro, che non è giornalista, racconta di essere stato nominato “temporary manager” de La Stampa con il ruolo di social media editor (ne ha parlato anche il direttore del quotidiano torinese, Mario Calabresi). Spiega che il mondo delle redazioni appare bisognoso di aggiornamenti. E aggiunge un’annotazione che qualsiasi giornalista interessato al buon funzionamento dei giornali, al lavoro come piena espressione delle proprie possibilità professionali (e non come status e potere), non può che condividere. Si va al punto.

«Quando circa 7 anni fa ho iniziato a conoscere da vicino il settore editoriale sono rimasto letteralmente esterrefatto nel constatare come sia caratterizzato, in buona parte ancor oggi, da logiche organizzative e gestionali che in altri settori/mercati sono state abbandonate almeno dalla metà degli anni ’90».

In questo periodo si parla molto della parte organizzativa (prendete il caso Wired Italia). Non va dimenticata quella gestionale.

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La Giusta Distanza: Cosa Cambia Tra Giornali e Pubblicità

2014: l’anno della riscoperta della “stampa”? Se ne parla nel mondo della pubblicità, alle prese con gli stessi problemi dei giornali. Viene ridefinita la “distanza personale” tra contenuti editoriali e commerciali. Per trovare una via d’uscita a una crisi comune

Ho letto l’intervento di un esperto inglese di comunicazione e marketing, lavora a Londra per il gruppo internazionale Aegis Media, segue società e aziende che vogliono promuovere i propri brand a tutto campo, soprattutto su giornali, tv, radio, digitale.

Trovo concetti e parole emersi in modo frammentario in tanti articoli di questi mesi. Alcune tessere del mosaico vanno a posto e rivelano una figura più completa.

Capisco che:

1) Il 2014 può essere un grande anno per la “stampa” se intesa come “carta stampata” con in più le estensioni digitali del giornale. «Il modo in cui dimostra di sapersi reinventare è eccezionale», si legge. Per lo meno in Gran Bretagna.

2) I magazine hanno valore perché creano un legame di identificazione, fiducia, coinvolgimento, riconoscimento, molto forte con i lettori. «Quello è “il mio giornale”». Non è facile trovare un equivalente nei media.

3) Il contenuto rimane “king“: ci sarà ancora bisogno di giornalismo ben fatto. E’ quel che la gente cerca su Internet.

4) Ma i giornali devono articolarsi su più canali e fare “scala”: raggiungere numeri più alti di utenti con il digitale.

5) Idem con patate per i pubblicitari. Multipiattaforma e scala sono le parole chiave. Bisogna mettere insieme carta stampata, radio, tv, digitale. Le mosse delle concessionarie di pubblicità, anche italiane, vanno proprio in questa direzione.

6) L’autore di queste riflessioni, Dominic Williams di Amplifi (Aegis Media), sostiene che i responsabili della parte editoriale dei giornali non sono mai stati così vicini alla parte commerciale. Si lavora insieme per trovare una via d’uscita alla tempesta che ha investito entrambe. Si cercano strategie comunicative nuove. Per esempio creando contenuti giornalistici che rendono possibile l’e-commerce partendo dal sito o dalla pagina del giornale su tablet. O con la pubblicità oggi più di tendenza, la native advertising che ha stregato anche l’International New York Times.

Non sono concetti travolgenti. Ma placano l’ansia.

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«Il Primo Passo Verso i Periodici Del Futuro» – Yahoo Lancia 2 Magazine Digitali

Yahoo lancia 2 magazine digitali, uno sul cibo, l’altro sulla tecnologia: un gigante di Internet inizia a produrre contenuti giornalistici di qualità. Un pericolo mortale per gli editori tradizionali

Ho letto 2 notizie.

Una buona: l’informazione giornalistica è su Internet il contenuto che coinvolge maggiormente i lettori, facendo passare più tempo sulle pagine: è il concetto di engagement. Nel post del Giornalaio, uscito ieri, si riferisce come l’informazione sia prima per capacità di coinvolgimento in 8 nazioni su 10 analizzate dalla piattaforma Outbrain, che prende in esame migliaia di pubblicazioni. L’Italia, però, fa eccezione. Per arretratezza degli abitanti o del giornalismo?

L’altra notizia è cattiva (ma contiene opportunità). Yahoo ha lanciato una serie di nuovi prodotti, quasi tutti incentrati sull’offerta di contenuti informativi, tra cui 2 magazine, 2 riviste digitali: una di gadget e cultura tecnologica (Yahoo Tech News), l’altra di cucina (Yahoo Food: da vedere entrambe, molto belle). Un big dell’online entra con passo deciso nel cerchio dei media.

Mi hanno colpito questi aspetti:

1) Pare sia la prima volta che un Titano delle tecnologie digitali punti in modo così forte sulla produzione di contenuti informativi originali. Non generati dagli utenti.
2) Per realizzarli, sono stati assunti giornalisti di primo piano. L’ex responsabile del canale tecnologia del New York Times; ex giornalisti della rivista Bon Appétit e Huffington Post Food.
3) Il taglio dei contenuti giornalistici sarà popolare e di servizio. Roba tipo: come arrotolare il caricatore del Mac, come scattare un fantastico selfie, ecco il rasoio da 500 dollari che dura per sempre. In questo Yahoo è maestro di titolazione catchy anche in Italia. L’informazione di base, se fatta bene, non è commodity. È qualità (e ti porta via la pubblicità di cui vivi).
4) Yahoo farà fruttare le news e i magazine con la pubblicità, in particolare quella nativa, oggi tanto discussa e analizzata.
Con sintesi, uno dei boss di Yahoo, Mike Kerns, ha detto che Yahoo Food e Yahoo Tech sono «il primo passo verso la prossima generazione di media product».
Mi sembra che gli editori tradizionali abbiano la fortuna di essere i possessori di contenuti di alta qualità. Ma corrono il rischio di essere scavalcati da chi ha creato e sviluppato le nuove autostrade dell’informazione.

P.S. A proposito di subentri simbolici: Google Italia prende in affitto mezzo palazzo nell’ area residenziale milanese apripista dello sviluppo urbanistico cittadino. A poche centinaia di metri di distanza sorge lo storico edificio venduto pochi giorni fa dalla società che edita il principale quotidiano italiano.

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La Copertina Più Bella dell’Anno – FishbowlNY 2013

Mentre in Italia l’Espresso chiede ai propri lettori di votare la cover più bella del 2013, negli Stati Uniti è stata scelta da FishbowlNY la Miglior Copertina dell’Anno.

Vince Bloomberg Businessweek. La copertina realizza con mirabile sintesi grafica l’incontro di due epoche del giornalismo e dell’informazione: mette insieme Henry Luce, il magnate che ha fondato la casa di periodici Time Inc., e Twitter.

Nel sondaggio, seconda classificata la rivista Boston; terza, The Atlantic.

La copertina di Businessweek decretata miglior copertina del 2013 da FishbowlNY.

La copertina di Bloomberg Businessweek decretata miglior cover del 2013 da un sondaggio di FishbowlNY

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7 Parole Chiave Sui Giornali da Portare nel 2014

7 frasi e parole sui media da portare nel 2014. Descrivono i cambiamenti che stanno rivoluzionando i giornali. Parlano del futuro dei periodici. Descrivono il nuovo modo di lavorare nelle redazioni, di rapportarsi ai lettori, di guadagnare con i brand, di creare e innovare. Con un pizzico di ottimismo

«La carta non è il giornale» Il giornale sopravvive e cresce anche se scompare l’edizione di carta.

«Time non è una rivista» Lo dice il Boss di Time Inc. Perché un giornale vive di copie vendute e pubblicità; ma, sempre di più, di altre voci, come gli eventi, le sponsorizzazioni, le scuole di business e di moda con lo stesso marchio, la pubblicità nativa…

«La community è il contenuto» Vale per Time e per l’Economist. A maggior ragione, la massima si applica alle riviste popolari. Lo scambio con i lettori ha la stessa importanza del normale lavoro giornalistico.

«Wired è digital first» Gennaio 2013, Wired annuncia negli Usa una rivoluzione nel modo di lavorare della redazione. A fine 2013 anche l’edizione italiana di Condé Nast adotta la filosofia del «digital first» con il direttore Massimo Russo. L’esempio di una rivista pionieristica, molto guardata dagli addetti ai lavori, che si presta per contenuto.

«Slow Media» La società svedese Bonnier utilizza in un rapporto sui cambiamenti dei media un’espressione che sta prendendo piede. È bella, anche se modaiola: slow media descrive il piacere della lettura di quotidiani e periodici. Resterà un valore nonostante l’avanzata dei fast food dell’informazione.

«Il Media Quartet» Il quartetto dei media: carta, sito, smartphone, tablet. Perché è il momento di dire basta alla retorica del passaggio al digitale. Il designer ed esperto di media americano Mario Garcia spiega che ogni giornale ha quattro dimensioni, quattro facce che dovranno convivere a lungo. La carta fa parte dello sporco quartetto.

«Newsweek è un prodotto da boutique» Mettiamola così: il giornale di carta diventa in molti casi qualcosa per cui il lettore deve essere disposto a spendere. Ma c’è una ragione per farlo volentieri: è un prodotto di lusso.

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Cambiamenti Culturali: Il Feedback Loop del Giornalista Web

La differenza tra giornalista della carta stampata e giornalista digitale? Ecco alcune frasi di chi sta guidando il cambiamento nelle redazioni. Il capo del digitale di Hearst Usa. E il direttore delle attività digitali della rivista Forbes (segue grafico)

VADO BENE? Intervista al capo del digitale nei periodici di Hearst negli Stati Uniti (Cosmopolitan, Esquire, Harper’s Bazaar). Troy Young parla della differenza tra giornalisti digitali e giornalisti tradizionali, della carta stampata. Un tema già trattato da questo blog, in modo più approfondito (ma sempre non sistematico: questo è una specie di diario).

«Un giornalista digitale non pensa solo al contenuto ma al contenuto e alla distribuzione, insieme. Quando ti siedi con i giornalisti giovani, senti che dicono cose come: “Oh, sì: quel post ha funzionato, fantastico; l’altro, invece, non ha funzionato per niente”. Quando invece ti siedi con gli altri giornalisti, senti questo: “Questa è una buona idea”. La differenza tra i due atteggiamenti è enorme».

«The young, modern digital editor doesn’t just think about content, they think about content and distribution. When you sit with a group of young editors, you’ll hear them say, “Oh yeah, that worked, that was cool; that didn’t work at all.” When you sit with other editors, it’s like, “That’s a good idea.” The difference between those two things is massive».

MISURA IL TUO SUCCESSO Ieri il sito Journalism.co.uk, miniera di informazioni e tutorial sul digitale, ha ripreso le parole del capo del digitale di Forbes, Lewis DVorkin. E il concetto di feedback loop, messo a punto da DVorkin e già presentato su questo blog quasi un anno fa.

A Forbes i dati sugli utenti che visitano il sito e il numero di visualizzazioni di un post sono visibili a tutti, non un segreto tra redattore e direttore. Il giornalista si confronta con un “giudizio” trasparente sul successo del suo lavoro. DVorkin dice che inizialmente i redattori e collaboratori (un esercito di 1200 giornalisti) erano poco convinti di questa soluzione. Oggi, sostiene il capo del digitale di Forbes, sono loro stessi a chiedere un continuo miglioramento del “contatore”. Chissà…

«Every contributor should know, and every staffer should know, how am I doing? I publish a post, how’s it doing? Where’s the traffic coming from? Do people care? Are they interested? How does it compare with the other posts that I’ve done? So we really strongly believe that data is a feedback loop that helps power what we do».

«Ciascun collaboratore dovrebbe conoscere, e qualsiasi redattore dovrebbe sapere, se il suo lavoro viene letto. Pubblico un post, com’è andato? Da dove proviene il traffico? Alla gente interessa? Quale risultato ha raggiunto rispetto agli altri post da me realizzati? E così  noi siamo decisamente convinti che i dati di traffico siano un “feedback loop” che aiuta a rafforzare quel che facciamo».

Sento che manca qualcosa.

«The data is to help inform their journalism, not rule it».

«I dati di traffico danno informazioni al giornalista. Non gli dicono cosa deve fare».

Segue l’esempio di un giornalista che si occupa di informatica incapace di fare traffico. DVorkin dice che la soluzione non è far caricare foto di animali, ma trovare la chiave per avere più lettori/utenti nell’area tematica di competenza.

Speriamo sia sincero.

Il feedback loop di Forbes

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Giornali (Digitali) Campioni Nel Marketing

Una ricerca di GlobalWebIndex fa vedere come i quotidiani e i magazine digitali siano la principale via per far scoprire i brand ai consumatori. Una prova di resistenza delle testate giornalistiche nel marketing?

Ci si chiede se anche nella nuova dimensione digitale le riviste resteranno una vetrina utile per la pubblicità. Sapete che spesso si dice che nell’online il prestigio della fonte giornalistica non conta: la gente cerca informazione facendo ricerche su Google, non entrando direttamente nei siti dei giornali. Ma è una convinzione da rivedere. Lo dico senza essere un esperto, partendo dalla lettura di quest’articolo uscito su marketingprofs.com. Il modo più efficace per la scoperta di un brand rimangono i giornali e le riviste, ma nella loro versione digitale. Soprattutto tra i giovani fino ai 24 anni: la fetta di popolazione meno interessata alla carta stampata. La fonte: uno studio di GlobalWebIndex.

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Mi sembra una piccola notizia positiva. La raccolta di pubblicità non riguarda il giornalista. Ma è una delle fonti di guadagno per l’editore, insieme alle diffusioni. E concorre a creare quell’equilibrio economico che è condizione per tenere in vita l’industria dei periodici come l’abbiamo conosciuta negli ultimi 20 anni. Un equilibrio andato in mille pezzi.

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Video della Rivista Digitale dell’Anno – Digital Magazine Awards 2013

Il magazine digitale dell’anno è un femminile di lifestyle per iPad. Ma vengono premiati anche i siti di testate storiche

Quali periodici sono un esempio di sviluppo? Quali possono essere studiati per le idee innovative? Uno spunto arriva dai Digital Magazine Awards assegnati a Londra.

Obbligatorio segnalare i vincitori nelle 2 categorie principali:

• Digital Magazine of
the Year: Katachi

• Magazine Website of the Year: Esquire.co.uk

Questa è la rivista di moda, lifestyle, cultura, pensata solo per iPad: Katachi.

Tra le categorie, segnalo:

• Fashion Magazine of the Year: Katachi

• Men’s Lifestyle Magazine of the Year: British GQ

• Women’s Lifestyle Magazine of the Year: Katachi

• Sports, Health & Fitness Magazine of the Year: Men’s Health (US)

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Quella Cosa Chiamata Long-Form Journalism

Long-form journalism, giornalismo multimediale, nuovi strumenti per raccontare: qualche notizia, un pizzico di polemica, 3 articoli

C’è una espressione che gode di un certo successo nel giornalismo digitale: long-form journalism (qui qualche esempio di pregio).

Indica gli articoli che hanno una certa estensione, come fa capire la formula inglese, e un andamento narrativo che a volte porta al reportage altre all’approfondimento e scavo nei fatti.

In molti suscita ilarità o sarcasmo. Il long-form journalism non sarebbe, ai loro occhi, che una etichetta di moda per indicare… un articolo.

Qualcuno ci vede riflessa la pochezza di tanta informazione ripetitiva, moltiplicata, copiata, cui ci si è abituati con il digitale.

Altri ancora ci trovano un nuovo modo di raccontare che permette ai giornalisti di utilizzare per la prima volta tutti gli strumenti espressivi a disposizione grazie alla tecnologia: scrittura, fotografia, video, audio, grafica.

Salvo poi osservare che tale profusione di mezzi porta, anche nei casi più celebrati, a prodotti ridondanti, inutilmente ricchi, sostanzialmente noiosi (come Snow Fall?).

Nell’attesa di chiarirmi le idee, segnalo questi pezzi sull’argomento (in inglese):

Uno sguardo disincantato sul fenomeno uscito ieri su The Atlantic.

Un pezzo di Mathew Ingram per Gigaom.

Il sito di long-form storytelling: Beautiful Stories.

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L’Editore Che Fa Innovazione di Prodotto. In Piena Crisi

Stati Uniti: il gruppo Bauer Media ha lanciato 3 giornali in 3 mesi. Tra cui il settimanale Closer. Un passo compiuto nel pieno della crisi: il momento giusto per fare innovazione di prodotto

Giorni fa una persona che si occupa di brevetti mi diceva che in questo periodo sta lavorando come mai prima. Proprio quando c’è la crisi, le aziende fanno la corsa per cambiare i loro prodotti e innovare. Puoi conservare la tua fetta di mercato solo se dai una ragione in più di acquisto (sarebbe sbagliato abbassare i prezzi). E nei periodici?
Ne parla il professore di giornalismo, Samir Husni, noto come Mr Magazine. Ha intervistato i boss di una grande casa editrice: Bauer Media, gruppo tedesco, presente in modo massiccio negli Stati Uniti. Quest’anno Bauer ha lanciato tre giornali negli ultimi tre mesi, tra cui il settimanale di gossip Closer (di cui avrete sentito parlare per lo scandalo delle foto di Kate Middleton nuda, un anno fa).
 
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Facebook e i Periodici Italiani

I siti dei settimanali: il numero di utenti, il ruolo dei social media, l’attaccamento e fidelizzazione dei lettori. C’è ancora molta strada da percorrere

Segnalo un post sulle performance online dei settimanali italiani scritto da Pier Luca Santoro, l’autore del sito su comunicazione ed editoria Il Giornalaio.
Santoro risponde a domande di grande interesse sul seguito online delle testate periodiche.
Attraverso uno studio fatto con uno strumento per specialisti, è possibile vedere non solo quanti utenti unici ha ciascun sito. Ma, sopratutto, capire alcune caratteristiche dei visitatori. E intuire il loro livello di soddisfazione.

Vedremo quanti lettori arrivano sul sito del giornale dai social network, per esempio. A questo riguardo, viene fuori che nei settimanali, così come nei quotidiani, pochissimi visitatori sul totale vengono “rastrellati” su Facebook e Twitter e dirottati al sito, come dovrebbe essere interesse degli editori. La parte del leone, comunque, spetta a Facebook.

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La Crisi di Identità di Time (e il Nuovo Sito del Giornale)

Come cambia Time nel digitale: breaking news, uscita di veterani, assunzione di giovani, riorganizzazione della redazione. Ma i critici dicono che il newsmagazine più prestigioso d’America sta sbagliando strada

Una testata resistente. A differenza di Newsweek e Us News & World Report, Time è ancora una voce ascoltata. Con 3 milioni di abbonati nel mondo. Evidentemente è utile qualcuno che sappia selezionare e approfondire le notizie della settimana. Ma le diffusioni sono in calo e la pubblicità è scesa del 4,7% nei 9 mesi del 2013. Non si sa se la testata sia ancora in attivo. Rispetto ai bei tempi andati, con internet la concorrenza è aumentata. Non c’è più il monopolio dell’informazione, sono cadute le alte barriere d’accesso al giornalismo,

Investimento nel digitale. Time si prepara a investire nel sito del giornale, considerato arretrato nel mondo dei periodici:  appena 13 milioni di utenti unici da desktop in ottobre; Huffington Post ne ha contati 61 milioni. Più foto di grandi dimensioni, video, storie.

Un direttore scafato. Un punto di forza è il nuovo direttore, nominato in settembre: Nancy Gibbs, giornalista di punta della testata, 100 storie di copertina alle spalle. Non schiava del narcisismo, ha grandi capacità manageriali e sa delegare ai capi delle sezioni, intervenendo solo con pochi cambiamenti e correzioni in fase di chiusura.

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5 Segnali di Vita Digitale dei Periodici Italiani

A TUTTO VIDEO Mondadori fa un accordo per portare i video dei propri siti, tra cui Panoramauto.tv, su quelli dell’area Mediaset. E i video di Mediaset, inclusi quelli on demand del palinsesto televisivo, saranno disponibili per i lettori di Panorama.it, Grazia.it, Donnamoderna.com. Verrà raggiunto dai contenuti e dalla pubblicità della casa editrice un bacino complessivo di 23 milioni di utenti unici mese (Mediset più Mondadori più Italiaonline).

WIRED NON È UNA RIVISTA Il direttore di Wired Italia (Condé Nast) ha annunciato di voler applicare la filosofia del Digital First. Riprendendo la frase di un famoso Ceo americano: «Time non è una rivista», Massimo Russo dice: «Wired non è una rivista». In attesa di vedere quanto il digitale valga in termini di ricavi per i periodici italiani, l’ordine delle cose comunicate sembra questo: 1) viene ripensata la linea editoriale del giornale, che riceve un taglio più coi piedi per terra, ottimistico e di servizio; 2) si risparmia sulla edizione cartacea, riducendo le uscite annuali a 10 numeri; 3) i redattori e collaboratori dovranno lavorare ogni giorno, e innanzitutto, per il sito. C’è un nuovo mondo da inventare.

ALLARGARE IL PUBBLICO Mondadori sarebbe in corsa contro Rds (Radio Dimensione Suono) per l’acquisto delle radio del Gruppo Finelco (per circa la metà di Rcs): Radio 105, Virgin Radio, Radio Montecarlo. Per l’editore è il tentativo di ampliare la vetrina su cui far uscire la pubblicità (carta, radio, digitale). Per ora la platea delle radio del gruppo è di 10 milioni di ascoltatori (al netto della possibile acquisizione delle radio di Finelco).

ARRICCHISCIMI Le riviste di Editoriale Domus passano alla digital edition: per Quattroruote, Domus, Dueruote, Ruoteclassiche, Tuttotrasporti sarà possibile scaricare l’edizione digitale da tablet, smartphone e computer. Ci si può abbonare solo al digitale, o a carta più digitale. Contenuti arricchiti con photo gallery e video.

GIORNALI GIRAMONDO Icon, allegato maschile di Panorama, esce da novembre in Spagna insieme al quotidiano El Pàis in 300 mila copie. Grazia viene pubblicato in Messico: è l’ennesima edizione internazionale del femminile. E si capisce: moda, design, stile di vita sono il petrolio italiano. La mossa viene notata da Fipp, l’associazione mondiale degli editori di periodici, che mette la notizia in home page. E dal designer Mario Garcia.

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