Un milioni di lettori solo digitali, non molti ma sufficienti per costruire una strategia di sviluppo delle testate di Hearst Usa nel territorio ancora inesplorato dei nuovi media, con progetti per aumentare i ricavi, far crescere la pubblicità, pensare a nuovi modelli.
Se ne parla in un articolo uscito nel sito di Nieman Lab: si spiega come l’editore americano Hearst stia esplorando una nuova strada nello sviluppo digitale dei periodici. Un modello diverso, alternativo a quello dei tedeschi di Axel Springer, gli unici ad aver passato con successo il guado che separa la carta stampata dal digitale. Springer ha pestato sull’acceleratore dell’e-commerce, Hearst coltiva lettori digitali.
L’articolo, scritto dal superconsulente Ken Doctor, esperto di carta stampata ed evoluzione digitale dei giornali, ha questi punti d’interesse:
1) Hearst è l’unico editore ad avere un discreto numero di lettori digitali negli Usa: un milione tra abbonati e acquirenti di singole copie digitali. Circa il 4% dei lettori dei 21 titoli della società.
2) L’editore di Cosmopolitan, a differenza di tutti gli altri editori di periodici, ha sviluppato una strategia che mette al centro il lettore digitale. Non chi legge carta e digitale insieme, ma solo il digitale. Come sappiamo, quasi tutti gli altri puntano invece a coccolare e a non perdere i propri lettori tradizionali, quelli della carta.
3) I lettori digitali hanno un profilo diverso dagli altri, più interessante per chi vende giornali: sono più giovani, più benestanti, disposti a spendere. Non a caso Hearst fa pagare l’abbonamento digitale più della carta. Non lo svende, come si fa di solito. Crea invece valore sulle nuove piattaforme, restituisce valore dopo anni di svendite e contenuti gratuiti.
4) La casa editrice sta elaborando nuove strategie anche nella vendita degli spazi pubblicitari. In parte se ne è già parlato su questo blog. Interessante un passaggio di questo nuovo articolo in cui si dice che Hearst è tornato a vendere spazi, lasciando alle agenzie il compito di creare spot e pubblicità per il digitale, anche con arricchimenti multimediali. Altri editori, invece, si sono trasformati anche in creatori di pubblicità. Time Inc, ad esempio. Un errore?
5) Secondo quel che si legge nell’articolo, la strategia seguita da Hearst mette questo editore in posizione di vantaggio, in vista del progressivo passaggio al digitale. Avrà competenze, lettori, conoscenze. Chi invece mira innanzitutto a tenersi stretti i propri lettori sulla carta, ha una prospettiva di breve termine, tre, cinque anni.
6) Il tablet viene visto come lo strumento su cui, in futuro, si leggeranno i periodici. Dicono un dirigente, citato nel pezzo, e l’autore dell’intervista:
“We knew when the iPad came out, we would finally be able to build our business.” The iPad revolution completely changed the magazine industry’s potential trajectory.
7) Un milione di lettori unicamente digitali sono pochi. Per il 2016 si prevede che saliranno al 10% del totale degli abbonati. Ancora poco. Ma è una strada su cui investire. Perché, per tornare a Hearst Usa, i costi di stampa e distribuzione sono il 30/40 per cento dei costi totali. Ridurli, grazie al digitale, significa far crescere i margini, il ricavo netto.
Il punto: come immaginare tempi e modi dello sviluppo digitale dei periodici.
Nieman Lab: l’esempio dei periodici americani di Hearst.