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I 2 Tempi Della Notizia: «Ora» E «Più Tardi»

La notizia viene elaborata secondo la scansione temporale di: ORA e PIÙ TARDI. Due momenti a cui viene associato un diverso strumento di lettura: smartphone/sito web versus carta/applicazione

 

Una cadenza in due tempi plasma oggi l’informazione.

Ne parla ancora una volta quella formidabile fonte di riflessione che è il blog di Mario Garcia, designer e professore di giornalismo.

Garcia in una magistrale lezione online, visibile anche in video (Hearst digital media lecture), spiega che l’informazione viene ritmata su due tempi.

C’è il materiale grezzo, lo strillo, la breaking news. Che arriva attraverso smartphone, o con la ricerca su Google.

E c’è il momento della cottura prolungata, del racconto ben realizzato, dell’approfondimento. Per cui la carta rimane, forse, lo strumento ancora oggi più adatto.

Il punto è che ogni pubblicazione deve avere molto chiara – raccomanda Garcia – la visione di come deve essere elaborato e cadenzato il flusso temporale dell’informazione per il proprio pubblico.

Seguono gli esempi di Circa, Breaking News, Yahoo News Digest, New York Times Now, Guardian.

Siamo lontani dall’angosciante idea di doversi precipitare verso una non meglio definita transizione al digitale. Ma è chiaro che non c’è spazio per chi dovesse ignorare il nuovo ciclo della notizia.

Non è tempo per strumenti solisti. Se ne era già parlato a proposito di un concetto musicale passato al giornalismo: quello di media quartet.

Futuro dei Periodici

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15 Segnali Di Vita Del Giornalismo Che Cambia

Le tendenze nel giornalismo. Legate allo sviluppo digitale. Dal lancio di startup alla pubblicità nativa, dai video alle app, dagli e-book ai compensi legati al traffico dei siti

Ne parla il responsabile della redazione digitale di Forbes, la media company nota non solo per il periodico economico e finanziario ma anche per le attività online, considerate un modello del next journalism: il nuovo che avanza.

Lewis DVorkin, con il consueto sarcasmo indirizzato contro i giornalisti, individua 15 blips, 15 puntini sullo schermo del (suo) radar del giornalismo.

In sintesi, vediamo quali sono e perché. Ma conviene leggere per intero l’articolo di DVorkin.

1) STARTUP: i tycoon del digitale iniziano a investire in startup votate al giornalismo.

2) NATIVE ADVERTISING: il pubbliredazionale, in forma rivista e corretta per il digitale, sta prendendo piede anche nei siti dei media tradizionali. Tra gli ultimi, il New York Times.

3) PIATTAFORME: da Medium a Tumblr, fanno vedere come sarà la comunicazione tutta a base di immagini e grafica della prossima generazione di lettori.

4) GIORNALISMO LONG-FORM: una parola del gergo internettiano, molto di moda, che indica articoli lunghi più di 3000 battute, comuni nei media tradizionali, diventati una formula nobilitante per quei siti che vogliono entrare nel giornalismo di qualità.

5) VERTICALI: si è scoperto che nel digitale c’è posto per siti d’informazione o ecosistemi giornalistici che si rivolgono a comunità circoscritte di utenti, nicchie di lettori diverse da quelle dei brand dal taglio generalista.

6) DATA: parola magica, soprattutto nella variante “big data”. Internet è tutto dati, a partire dal modo in cui si misura il successo di un articolo o una pubblicità online. Presto, dice DVorkin, sentiremo parlar meno di pageview o utenti unici e molto più di viewability: quante volte una pubblicità entra davvero nello spettro visivo di chi legge.

7) APP: la grande promessa per il futuro dei periodici sta deludendo le attese. Ma ci sono strategie per dare alla lettura dei giornali su tablet una seconda chance.

8) VIDEO: tutti gli editori della carta stampata corrono verso la produzione e distribuzione di video sulle piattaforme digitali dei loro brand. Ma per il momento i lettori sembrano preferire il testo scritto, più facile da scorrere, valutare, selezionare.

9) E-BOOK: una bella fonte di guadagno per i giornalisti che hanno trovato temi d’attualità di grande interesse, un ferro caldo da battere sul momento.

10) COMMENTI: vengono inventati sistemi sempre nuovi per dare spazio ai commenti dei lettori. Perché offrono un aggancio alla monetizzazione: tradurre le pagine viste e la partecipazione dell’utente in moneta sonante per i pubblicitari.

11) MOBILE: la pubblicità più basic, il banner (il vecchio annuncio), rende poco, ma si adatta alla versione per smartphone di tanti siti di news. Una risorsa da non perdere.

12) EVENTI: organizzati dai giornali, usando il loro brand, per guadagnare notorietà, conquistare pubblico, aumentare i ricavi.

13) NUOVA PUBBLICITÀ: anziché chiedere al lettore di pagare per accedere ai contenuti di un sito giornalistico, gli si chiede di pazientare un momento e guardare un video pubblicitario. Una formula, molto vista in Italia, che fa pensare al modello economico della tv commerciale.

14) NEWSLETTER: ci sono utenti disposti a pagare per newsletter di approfondimento su temi sensibili e rilevanti, soprattutto in ambito finanziario.

15) INCENTIVI: i giornalisti che aderiscono a “compensation program” vengono in parte premiati e retribuiti sulla base del traffico generato, dei lettori conquistati. Un tema spinoso, controverso, che vede Forbes schierato tra i “cattivi”. Sul versante dei “buoni” ci sono invece giornalisti (ed editori) che continuano a credere che chi scrive non deve essere condizionato dai risultati di traffico. Anzi, non dovrebbe neppure esserne messo a conoscenza. Per la qualità dell’informazione, non per restare attaccati a privilegi.

Futuro dei Periodici

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L’Età Dell’Oro Del Giornalismo: 5 Riflessioni

The golden age: l’età dell’oro del giornalismo. Un’espressione che ritorna spesso nelle riflessioni sui destini dell’informazione e della stampa nell’era digitale. Esiste un futuro? E per quanti giornalisti?

Una nuova età dell’oro dei media? Scritto per The Atlantic da un executive editor della Harvard Business Review, l’articolo risponde alla domanda: il giornalismo tornerà ad essere un’industria articolata e ricca come era fino a pochi anni fa? Un excursus storico vede le varie età del giornalismo in rapporto al modello economico che le guidava.

Una nuova età dell’oro (digitale) per i magazine? Sul sito del quotidiano canadese National Post si risponde alla domanda se la cultura digitale abbia migliorato i periodici. Si citano gli esempi di The New Yorker, The Atlantic, Bloomberg Businessweek. E New Republic.

Siamo in una nuova età dell’oro del giornalismo? Tom Engelhardt vede pro e contro dell’età digitale per lettori e qualità del giornalismo.

Questa non è l’età dell’oro della stampa, si legge sulla Columbia Journalism Review. E vengono riportati i dati sull’industria, indicatori tutti in calo. Ma si osserva che, dal punto di vista dei contenuti, la sensibilità dei magazine ha vinto la sua battaglia: l’informazione su Internet ha assunto come tono di fondo quello dei periodici piuttosto che quello dei quotidiani.

L’età dell’oro dei settimanali in Australia. Una rievocazione della età d’oro dei giornali patinati tra la fine degli anni Ottanta e la metà degli anni Novanta. Quando un settimanale poteva avere 3 milioni e mezzo di lettori.

Futuro dei Periodici

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L’Arte Funzionale Dell’Infografica: Blog E Manuali Di Alberto Cairo

L’infografica è un prodotto di punta del giornalismo digitale. Fonte inesauribile di sorpresa. Ecco un blog e manuali molto utili

Ci sono blog che sono una scoperta. thefunctionalart.com è uno di questi. Lo scrive Alberto Cairo, docente di Information Graphics e Visualization alla School of Communication dell’Università di Miami. Ma è anche un giornalista: ha guidato la redazione specializzata in infografica di El Mundo, in Spagna.

 

Nel blog, che ha lo stesso titolo di un manuale di grafica e infografica di Cairo, si discutono ogni giorno casi concreti apparsi sui giornali. E si affina l’arte di trasformare i dati in comunicazione giornalistica tutta visuale.

Penso possa essere utile, come probabilmente è stato il manuale di Mario Garcia per il design giornalistico su iPad, citato in un post molto letto di questo blog.

Futuro dei Periodici

 

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La Percentuale Di Lettori Digitali Nei giornali Francesi

Quanti lettori digitali hanno i giornali? Quanti di questi lettori sfogliano anche il prodotto di carta? E quanti guardano solo il sito del brand? Uno studio sulla Francia. Utile all’Italia

Misurare l’apporto del digitale per i giornali: ora in Francia è possibile, come spiega questo articolo di CB News.

Si può sapere quanti lettori accedono ai contenuti di un giornale esclusivamente con Internet, quanti solo su carta, e in che misura i lettorati si sovrappongono. Nel digitale, si può distinguere tra accesso da computer o da mobile (tablet, smartphone).

In media, nei brand giornalistici il 57% dei lettori si affida unicamente al prodotto di carta, il 22% solo a Internet, il 4% solo al mobile. Il restante 17% legge su più supporti.

Ecco la classifica dei brand più letti nel Paese, sommando le varie piattaforme.

Al primo posto c’è Femme Actuelle: 16 milioni 625 mila lettori, di cui 13 milioni 996 mila su carta. Il digitale pesa per il 19%.

Lettori digitali nei giornali francesi

 

Interessante vedere le differenze tra tipologie di giornali.

Nei quotidiani i lettori esclusivamente print sono, in media, il 46%, mentre Internet è porta d’accesso per il 54%.

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L’Universal Publishing Del Financial Times

Universal Publishing: è il modo in cui il quotidiano Financial Times diffonde i propri contenuti nel digitale.

E’ la lezione tenuta in questi giorni alla Digital Media Europe conference da Lisa MacLeod, head of operations del brand giornalistico (consiglio di guardare le foto del post di Journalism.co.uk, da cui ho tratto questi contenuti).

Il sito web è funzionale, spiega MacLeod. «Entri, cerchi quel che vuoi sapere, esci». Ma molti lettori odiano leggere i giornali sul sito. Perché senti di avere a disposizione una quantità infinita d’informazione. Invece sul giornale di carta, tradizionalmente, hai un senso dei confini, della misura, del limite.

Di conseguenza c’è chi si sente più a proprio agio con l’app da scaricare, arricchita o meno. Perché ti restituisce l’esperienza della lettura su carta. Pur conservando l’aggiornamento continuo delle notizie.

Per tutte queste ragioni il Financial Times è presente su una serie di piattaforme digitali e vuole svilupparsi anche verso altre direzioni, incluse le console dei videogiochi.

Si è presenti su tutte le piattaforme e tutti i device, anche se la metà del traffico di Financial Times proviene da mobile. Signori ecco a voi la strategia dell’universal publishing‘.

 

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24 Siti D’Informazione Che Hanno Cambiato Il Giornalismo

Una cronologia interattiva e multimediale sui 24 siti d’informazione nativi digitali che hanno cambiato il giornalismo. Da Huffington Post a Policy Mic, da Slate.com a Project X: emergono le tendenze portate dal digitale nel mondo della stampa (Usa e non solo)

La timeline di Futuro dei Periodici s’intitola: 24 Siti che hanno cambiato il giornalismo. (Per vederla, è necessario andare al link: non è possibile “inserire” il file nei post di WordPress. La consultazione è lenta su tablet).

E’ stata realizzata da Futuro dei Periodici raccogliendo informazioni nella Rete e prendendo spunto da The State of the News Media 2014 del Journalism Project (Pew Research Center).

Timeline: 24 siti web che hanno cambiato il giornalismo

 

Vengono fuori cambiamenti e tendenze del giornalismo.

Da segnalare:

1) Il mondo del digitale ha dimensioni ancora ridotte rispetto all’industria dell’informazione. Prendiamo i fatturati pubblicitari. Il Pew Research Center stima che i quotidiani statunitensi abbiano raccolto nel 2013 ricavi pubblicitari per 25 miliardi di dollari. I siti d’informazione for profit si fermerebbero a non più di 500 milioni di dollari.

Ma la rilevanza del mondo online sta crescendo. Time Inc, la principale casa di periodici americana, fatturava nel 2012 meno di 600 milioni di dollari. Più o meno negli stessi mesi, la media company digitale Vice Media avrebbe fatturato circa 175 milioni di dollari (100 milioni Huffington Post, 10-15 milioni Mashable, 20 milioni Business Insider).

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Perché I Post Più Visti Sono Diventati Virali

Non solo foto di gatti. Storie giornalistiche sono tra i post più visti online. Perché la chiave per diventare virali non è la leggerezza

Ne parla un’esperta di scienze comportamentali, la giovane responsabile del team di contenuti virali di PolicyMic, piattaforma di news dal mondo per la generazione dei millennial.

Liz Plank riporta la lista delle 15 notizie più lette su Facebook in un certo lunedì del 2013. E osserva che solo uno dei post diventati virali ha contenuto leggero, gli animali, secondo il canone introdotto da BuzzFeed. Gli altri 14 post sono di Bbc, The Guardian, The New York Times.

Guardiamo meglio.

Di cosa parlano? Di proteste popolari (Brasile), persone sfruttate in lotta per i loro diritti, insolite prese di posizione impegnate da parte di chi non te l’aspetti (Miss Utah).

Perché sono notizie molto lette, molto commentate, molto condivise?

I gatti inteneriscono e fanno sentire felici. Ma anche gli altri 14 post mettono al centro le emozioni. Le storie. Un punto di vista molto vicino ai fatti. C’è identificazione. E allora l’argomento “serio” diventa un veicolo ancor più potente delle foto dei gatti.

Liz Plank, in un altro articolo, elenca le caratteristiche del post virale.

E aggiunge questa interessante osservazione:

«Recognize the difference between optimizing for search and optimizing for social»

«Tieni conto della differenza tra ottimizzazione per Internet e ottimizzazione sui social media»

Questo post sulle proteste di piazza Taksim: “Turkey protests: Has the Arab Spring finally reached Turkey?”,  ha un titolo pensato per le ricerche su Google. Ci sono tutte le parole chiave della notizia. Eppure il post ha raccolto pochi tweet e poche condivisioni su Facebook.

Invece un post ottimizzato per i social media ha questo titolo: “Taksim Square protest: 11 images from Turkey that will give you the warm fuzzies.” La combinazione di emozioni coinvolgenti, immagini e fatti importanti si dimostra vincente. Infatti questo post ha raccolto 48 mila condivisioni su Facebook e 1.400 su Twitter.

 

 

Bonus: le lezioni apprese nel lancio della sua startup giornalistica dal cofondatore e Ceo di PolicyMic, Christopher Altchek (oltre 4 milioni 500 mila utenti unici in 2 anni di attività su temi come l’invasione russa della Crimea e l’opposizione dei Repubblicani alle nuove politiche sull’immigrazione negli Usa).

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Le 5 Caratteristiche Del Sito Giornalistico Perfetto

Sono le Lezioni Americane di Mario Garcia. Perché il design nei giornali non è solo grafica ma idea

Riprendo di peso le 5 caratteristiche per un grande sito giornalistico elencate in un recente post di Mario Garcia, geniale designer americano che ha ridisegnato decine di media nel mondo etc etc.

Conviene andare nel blog di Garcia per vedere gli esempi grafici che accompagnano queste sintetiche Tavole di Mosè.

1) Must be uncluttered. Less is best (Non deve essere affollato. Meno è più).

Come il sito del Boston Globe

2) It offers a clear navigation (La navigazione è chiara e razionale).

Come il sito di The Guardian e del Sole 24 Ore

3) It surprises visually (Stupisce per l’impatto visivo).

Come Handelsblatt

4) It reflects immediately the look & feel of the publication it represents (Comunica immediatamente la personalità della pubblicazione).

Come Bild e The New York Times

5) It uses texture, contrast and color to help the eye move through the elements (Usa texture, contrasto e colore per aiutare l’occhio a muoversi e orientarsi tra i vari elementi).

Come Newsweek e Usa Today.

 

Futuro dei Periodici

 

 

 

 

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Giornalisti Assunti Nel Digitale – Estratto da State of the News Media 2014

I posti di lavoro giornalistici si creano solo nei giornali digitali. Per il resto l’industria americana dei media ha visto un calo drammatico nel numero degli assunti full-time. Le penne della carta stanno migrando sul web. C’è posto per pochi, giovani e famosi

Il pizzico di ottimismo che si sente per la prima volta dopo anni nei media americani va tutto a merito del digitale.

Nel rapporto State of the News Media 2014, rilasciato a fine marzo dal Pew Research Center (Progetto per il Giornalismo), si disegna un quadro sfaccettato e promettente.

Il primo punto riguarda la creazione di posti a tempo pieno (in Italia potremmo tradurre, piuttosto liberamente, posti a tempo indeterminato).

Le 468 redazioni giornalistiche del web, grandi e piccole, censite nel Rapporto 2014, hanno creato in 6 anni circa 5000 posizioni per giornalisti e creatori di contenuti editoriali. Una crescita definita “esplosiva” se ci si limita agli ultimi due anni.

Le 30 redazioni più grandi hanno 3000 giornalisti, una media di 100 ciascuna. Sono redazioni di tutto rispetto.

Nelle testate minori, 438, i giornalisti assunti in ogni redazione sono in media 4,4.

Altro punto da tenere bene a mente: l’80 % dei nuovi assunti provengono da redazioni tradizionali, quelle di quotidiani, periodici, radio e televisioni.

Il dramma si concentra, infatti, in questa parte del mondo dell’informazione, di gran lunga ancora la maggiore. Negli Stati Uniti i quotidiani davano lavoro nel 2003 a 54.000 giornalisti; nel 2013 il numero è sceso a 38.000.

Tabella. Giornalisti assunti negli Usa 2003-2014 (link per la versione interattiva creata con Datawrapper).

 

Giornalisti assunti negli Usa 2003-2012

Nei periodici il taglio è stato del 26% (su una popolazione complessiva di oltre 140.000 dieci anni fa).

Ma ci sono altre tendenze che conviene esplorare nel mondo dei digital outlet, i giornali online.

Il 2013 è stato l’anno in cui si è investito in produzione di contenuti originali e di qualità, tentando di colmare un gap ed evitare di cadere nella trappola del plagio e della aggregazione di articoli pubblicati su altre testate.

L’anno scorso, inoltre, si è registrata una migrazione di firme dai giornali più prestigiosi della stampa americana verso le realtà dell’informazione digitale. A segnare un punto di svolta: non solo il digitale crea lavoro, ma sta diventando quasi più prestigioso dei media della tradizione.

 

 

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Timeline: I 10 Anni Che Cambiarono I Giornali (Cronologia Multimediale)

Un racconto con testi, foto e video dei 10 anni di cambiamenti nei giornali degli Stati Uniti. Una timeline, una cronologia multimediale. Per ricevere chiavi di lettura sul presente di quotidiani, riviste, media digitali. Valide anche per l’Italia

Ho realizzato una timeline, una cronologia multimediale sugli ultimi 10 (14) anni di cambiamenti nei periodici e nei media americani. Date, foto, video per raccontare le chiusure di Life e Gourmet, il ritorno in edicola di Newsweek, la vendita di Washington Post al padre di Amazon e l’avventura giornalistica del fondatore di eBay. Con tante chiavi di lettura uscite in 20 mesi di Futuro dei Periodici.

Ecco la schermata della timeline. Ma per vederla in funzione dovete andare a questo linkI 10 anni che cambiarono i giornali (purtroppo il programma non può essere inserito in un post di WordPress). Date un’occhiata e sappiatemi dire. E’ una cavalcata tra 22 fatti, una storia dei giornali vista dal mondo dei periodici.

Timeline: I 10 anni che cambiarono i giornali.

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Investimenti Pubblicitari nei Giornali 2004-2013 (Grafico)

10 anni di pubblicità nei media italiani: tv, quotidiani, periodici, radio, Internet. E il drastico ridimensionamento degli investimenti nella carta stampata

Nel 2008, il momento di maggiore fortuna, i quotidiani hanno raccolto pubblicità per un miliardo 800 milioni di euro. Nel 2013 sono scesi a 898 milioni di euro. Dal 2004 al 2013 i periodici sono passati da 1 miliardo 171 milioni di euro a 528 milioni.

Ho creato alcuni grafici: fanno vedere gli ininvestimenti pubblicitari a valore (milioni di euro).

Sono stati inseriti i dati dell’istituto Nielsen.

Nella carta stampata (lo sapevamo) si è assistito a un crollo.

Anche Internet è stato pesantemente toccato dalla crisi. Ma in dieci anni la raccolta di pubblicità su questo media è cresciuta di quasi 5 volte.

Ho scelto l’arco temporale 2004-2013 perché, prima del 2004, non c’erano rilevazioni sugli investimenti pubblicitari su internet.

Tabella 1: investimenti pubblicitari sui media italiani 2004-2013 (link al grafico interattivo).

Pubblicità sui media 2004-2013

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Il Nuovo Sito Di Time (E La Vista Panoramica Di New York City)

Il nuovo sito web di Time è stato lanciato tra mercoledì e giovedì.

È solo la prima parte di un processo che proseguirà nei mesi con miglioramenti e correzioni di tiro.

C’è quello che manca al nuovo sito del Corriere.it: una chiara gerarchia delle notizie.

Sulla sinistra della home ci sono le ultime notizie.

Nella parte centrale le storie principali.

A destra gli interventi dei columnist.

Time a gennaio 2014 vantava 23 milioni di utenti unici, dei quali la metà su mobile (+118% in un anno).

Il sito è concepito in modo tale da essere perfettamente leggibile e godibile su tablet e smartphone.

C’è spazio anche per il native advertising, la pubblicità nativa di cui tanto si parla, ultima interpretazione del pubbliredazionale.

Ma l’accento batte sui contenuti giornalistici.

Il lancio era prevista per lo scorso autunno, il ritardo è stato in parte attribuito al desiderio di presentare un prodotto altamente spettacolare. Obiettivo raggiunto: l’immagine panoramica interattiva di New York City, presa dai piani più alti del 1 World Trade Center, resterà negli annali.

New York City

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L’inevitabile convergenza delle redazioni: digitale e cartacea

Può una sola redazione fare il giornale per l’edicola e il giornale digitale arricchito con video, streaming, un flusso ininterrotto di news? Vincere alle Olimpiadi sia la maratona sia i 100 metri piani? E’ la domanda dei redattori di Journalism.co.uk

Risponde Torry Pedersen, direttore del tabloid norvegese VG: un caso editoriale (perché ha successo e per la formula giornalistica a getto continuo di notizie, diversa dalla nuova home molto strutturata del Corriere: vedi il sito del giornale).

Fin dalla domanda di partenza si può capire che Pedersen è stato un fautore della divisione tra redazioni. Torna dunque il modello della separazione, almeno iniziale, predicata qualche anno fa dal Washington Post e ricordata dal professor Clayton Christensen nel suo studio Breaking News per il Nieman Lab dell’università americana di Harvard.

Il lavoro per il digitale, sostiene Pedersen, richiede un differente approccio mentale e un diverso modo di raccontare.

Il problema è poter innovare nel digitale conservando il business sulla carta, anzi, rafforzandolo. Ne ha parlato giorni fa anche un dirigente di Time Inc. citato da Futuro dei Periodici.

Il tabloid norvegese ha scelto la strada della separazione alla nascita, per evitare che la cultura della carta stampata, definita “conservatrice”, frenasse lo sviluppo digitale.

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Cosa Insegna Ai Giornali La Rivoluzione Digitale Nel Cinema

Un documentario racconta l’arrivo e l’affermarsi del digitale nel cinema e nella fotografia. E’ una storia che stimola confronti con quel che sta avvenendo nel mondo dei giornali. Rivelando un ritardo culturale

Leggo delle polemiche nate da un quesito nel corso di deontologia dell’Ordine dei giornalisti italiani, quesito che accredita l’idea secondo cui la cultura di Internet indebolirebbe la capacità di approfondimento del giornalismo (il quesito è stato eliminato dopo una segnalazione).

Carta contro digitale: la disputa mi ha fatto tornare in mente le discussioni che hanno accompagnato l’arrivo delle tecnologie digitali nel cinema.

Anche in quel caso era stato posto un problema di qualità, come ricorda un articolo di Talking New Media. Lo sappiamo, la fotografia su pellicola era, e rimane, superiore.

Il passaggio più interessante dell’articolo riguarda una riflessione su cosa ha reso possibile la transizione al digitale nell’industria dei film.

La storia è raccontata nel documentario Side by side di Christopher Kenneally, prodotto da Keanu Reeves (più sotto vedete il trailer). Ci sono interviste a Martin Scorsese, James Cameron, David Lynch.

L’affermarsi delle nuove tecnologie, guardate all’inizio con sospetto, è stato reso possibile da un’alleanza tra registi, produttori, distributori. Tutti insieme hanno spinto per il digitale. A velocità travolgente.

Un’alleanza che non si vede nell’editoria dei giornali.

Oggi nel mondo della stampa il digitale viene visto come un puntello per la carta stampata, roccaforte da difendere a ogni costo.

La creatività viene imbrigliata, sacrificata, ritardata.

Nel cinema, e nella fotografia, si è riconosciuto che la pellicola aveva già dato tutto quel che poteva. Era arrivato il momento del digitale.

Nel giornalismo ci si attende che quotidiani e periodici di carta possano ancora riservare sorprese?

Chi sparge la polvere dorata di ispirazione, creatività, voglia di sperimentare?

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La Guerra Della Pubblicità

La pubblicità su internet vale poco. E sfugge a misurazioni affidabili. Tra frodi e zone grigie

C’è questo interessante articoletto di Quartz sulle mosse di Google e un recente acquisto fatto dal gigante di Internet. Nei giorni scorsi ha comprato una società, Spider.io, che si occupa di pubblicità.

E’ l’occasione per capire meglio la guerra della pubblicità. E in che modo può riguardare la carta stampata.

Si parte dalla notizia, molto commentata, che metà della pubblicità su Internet non viene vista da nessuno. La parte rimanente, in parte non viene vista da esseri umani, ma da macchine.

Ci sono computer che guardano miliardi di pubblicità (come ha rivelato un anno fa proprio Spider.io).

Da qui la scarsa affidabilità delle misurazioni su Internet. Una mancanza di credibilità che comprime verso il basso i prezzi, mettendo in difficoltà chiunque cerchi di far ricavi nel digitale, editori compresi.

Anche per questo, si spiega, il brand advertising, cioè la pubblicità di maggior qualità e valore (contrapposta ai piccoli annunci), rimane ancora in tv e, in misura non disprezzabile, sulla carta stampata.

In Italia il 50% della pubblicità va ancora alla tv, il 20% ai giornali, il 17% (stime) a Internet.

Invece negli Usa la situazione è questa.

Pubblicità negli Stati Uniti

 

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Periodici, Internet E “Verticali” (Sui Mag Di First Look Media)

Rivisti e ripensati. I periodici trovano una nuova vita nella Rete. Perché c’è ancora bisogno di un giornalismo specializzato, accurato, pieno di entusiasmo. Che parli delle passioni delle persone

Molto si è parlato del lancio di magazine digitali da parte di un editore digitale americano, First Look Media.

Il 10 febbraio è uscito il primo giornale di quelli preannunciati, The Intercept. E la discussione si è spostata sul ruolo delle “firme”, dei giornalisti che ci mettono la faccia su Internet.

Ma c’è chi si è chiesto se questi siti possano davvero essere considerati i discendenti dei magazine nel digitale.

Una docente americana che si occupa di mass media ha approfondito l’argomento, riprendendo le parole dell’executive editor di First Look Media. E’ una riflessione sui “verticali”, i rami dei portali giornalistici che approfondiscono un dato argomento. Lo abbiamo sentito ripetere di recente anche in Italia, quando Rcs Mediagroup ha messo mano alla ridefinizione del sito del Corriere della Sera collegandolo alle testate periodiche e agli allegati, vecchi e nuovi.

Date un’occhiata all’articolo. Si dice che i verticali ricreano in Internet quel rapporto speciale che i periodici intrattengono con i loro lettori. Ci sono voci di giornalisti distinte, uniche, riconoscibili, che emergono nei siti specializzati e non sprofondano nell’uniformità dei portale. Con i giornalisti delle riviste si crea un rapporto di fiducia, fondato sull’entusiasmo per un soggetto, la conoscenza approfondita, l’esperienza, lo scambio.

«Magazines were doing a lot of what the Internet does, before the Internet was around. If you wanted deep expertise, if you wanted to be around people who shared a passion, you’d go to magazines… The idea that there’s a publication that exists for multiple devices and multiple platforms, with a strong editorial vision and voice, is really reminiscent of what magazines do».

«I periodici facevano molto di quel che Internet offre, prima che Internet nascesse. Se volevi competenza, se volevi sentire persone che condividevano le tue passioni, ti compravi un periodico. .. L’idea di una pubblicazione che esiste su molti device e piattaforme, con una voce e una linea editoriale forti, è davvero un’eredità di quel che facevano i periodici».

E continuano a fare.

Futuro dei Periodici

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Modello Spotify: Un Nuovo Modo Di Leggere I Giornali

Si diffonde il modello Spotify nei giornali. Per leggere le riviste in streaming online. Senza doversi abbonare alle singole testate

La società svedese Readly lancerà dal prossimo mese un nuovo prodotto per il mercato dei periodici britannici sul modello di Spotify.

Si tratta di un servizio di distribuzione di contenuti in streaming online che consente di accedere alle riviste.

Con un abbonamento all-you-can-eat da 9,99 sterline al mese, sarà possibile leggere tutte le testate settimanali e mensili che aderiscono all’iniziativa, senza limiti per quantità e tempo.

Proprio come avviene con Spotify nella musica.

Il vantaggio per gli editori è di poter ampliare la rete di distribuzione e circolazione dei propri prodotti, e questo può avvenire senza investimenti in nuove piattaforme e infrastrutture fisiche e virtuali.

Si fa “scala”.

I contenuti dei giornali saranno gli stessi di quelli offerti sull’edizione cartacea.

Il modello Spotify inizia ad avere un certo interesse per l’industria dei giornali, inclusi i quotidiani.

Se n’è occupato la scorsa settimana il consulente globale di media Ken Doctor in uno dei suoi appuntamenti per Nieman Lab.

Doctor osserva che nell’era di Internet la tendenza è quella dell’unbundling: far circolare (e in qualche caso, vendere) i contenuti smembrando i raccoglitori tradizionali. Che si tratti di giornalismo o di musica. Lo sappiamo molto bene, le canzoni, oggi, vengono comprate su iTunes singolarmente, come ai tempi dei 45 giri.

Ma stanno emergendo servizi di distribuzione in streaming dei giornali, dice Doctor, che portano in auge, in forme inattese, una forma di smart rebundling: i contenuti tornano ad essere aggregati, tenuti insieme da un filo e una logica creativa, ma in modo nuovo, coerente con le nuove esigenze dei lettori.

«Per i quotidiani e i periodici – alle prese con cambiamenti di mentalità che riguardano anche il modo di proporre l’acquisto dei prodotti e gli abbonamenti – si apre un’epoca dalle possibilità quasi infinite».

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Personal Franchise Model Nel giornalismo Digitale

Siti d’informazione costruiti intorno a personalità carismatiche. Giornalisti che diventano il marchio di una testata. Se ne parla nel giorno del lancio di nuovi periodici digitali negli Stati Uniti

Qualche ora fa è stato presentato il primo dei magazine digitali di First Look Media, la “casa editrice” del papà di eBay.

Il giornale si chiama Intercept, è un “verticale” che si occupa di sicurezza, privacy ed è ritagliato intorno alla figura del giornalista che lo dirige, Glenn Greenwald, ex Washington Post.

Non sarà la prima creazione di questo tipo per First Look Media. Yahoo! sta seguendo la stessa strada.

E sulla stampa americana si dà spazio alla lezione di un professore di giornalismo, Jay Rosen, su quello che lui chiama “personal franchise model” applicato ai siti. Un esempio che tutti conosciamo: Andrew Sullivan.

Il personal franchise model è questo:

Caratteristiche

Redazioni costruite intorno a figure carismatiche di giornalisti che hanno una voce unica e un seguito online.

Il controllo editoriale è del fondatore, anche se la proprietà passa di mano.

Il modello si contrappone a quello istituzionalizzato degli editori tradizionali, dove le persone vanno e vengono mentre restano invariati i brand, i prodotti, il logo.

La testata non sopravvive senza il suo creatore.

L’approccio è di nicchia, riguarda un pubblico circoscritto. Non si danno news generaliste per tutti i gusti e palati.

Il modello economico è estremamente vario e unico per ogni esperienza.

Cosa lo ha fatto nascere

Il pubblico si lega più facilmente a una persona, che a un brand.

Con una figura carismatica, è facile sapere se c’è qualcosa di nuovo da leggere e seguire.

Nel tempo, è diventato più facile aver fiducia nella persona che nell’istituzione.

Nelle grandi aziende c’è meno propensione al rischio e all’innovazione, rispetto alle inizialmente individuali.

Le divisioni tra i generi del giornalismo, le convenzioni fruste, le barriere artificiali tra news e opinioni, le strutture piramidali, la debolezza tecnologica sono fonte di frustrazione per i giornalisti di maggior talento.

continua… leggete il link al professor Rosen!

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La Copertina Che Fa impazzire Twitter

E’ la copertina dell’Hollywood Issue di Vanity Fair Us, marzo 2014. Va alla grande su Twitter.

 

Vanity su Twitter

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3 Link Sulla Pubblicità Nativa Nei Periodici

Se ne fa un gran parlare. Ma la pubblicità nativa sta davvero prendendo piede nei giornali. Dopo il grande passo del New York Times, altre testate seguono l’esempio. Solo ieri si sono lette 3 notizie

Teen Vogue lancia un piano di pubblicità nativa su Instagram, dove è il brand leader negli Stati Uniti (tra i periodici) con 625.000 follower.

Bauer Media, che in Gran Bretagna pubblica decine di riviste tra cui Grazia e Closer, presenta The Debrief, rivista digitale multipiattaforma, destinata a giovani donne, che viene finanziata con native advertising in partnership con Bacardi ed H&M.

In Italia Condé Nast e Manzoni, concessionaria di pubblicità del Gruppo L’Espresso, mettono al mondo nelle prossime settimane Multi-Mag, il primo periodico multimediale e nativo digitale italiano che ospita pubblicità… nativa.

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Periodici E Banda Larga

L’arrivo della banda larga di ultima generazione. La diffusione del tablet. La ripresa economica. Ecco perché in Gran Bretagna c’è ottimismo sul futuro dei “customer magazines”

Un lettore di questo blog commentava ieri un post sullo sviluppo delle app di news per tablet. Osservava che a oggi le copie digitali dei nostri giornali equivalgono a non più del 5%. A che pro, dunque, parlare di digitale nei periodici?

L’emergenza del momento è sostenere i giornali di carta. Ma lo sguardo va spostato più avanti. Perché i cambiamenti sono iniziati e non c’è ritorno al passato.

Serve un po’ di prospettiva.

In un articolo come questo, sui customer magazine britannici, i giornali dei grandi brand non giornalistici (tipo Coca Cola e Tesco), c’è la capacità di guardare più lontano. Oltre la crisi, per dire.

Il  “Customer Magazines Market Report Plus 2014”aiuta ad avere un quadro di riferimento valido per tutte le riviste, incluse quelle vendute in edicola.

In sintesi, si dice che:

1) Anche in Gran Bretagna il digitale vale il 5, 15% del mercato.

2) Ma il digitale sta crescendo velocemente. Metà della popolazione ha uno smartphone, il possesso di tablet riguarda il 24% degli adulti.

3) Ma il salto definitivo avverrà tra poco. Entro il 2015, infatti, la maggioranza dei Britons sarà raggiunta dalla banda larga per mobile con tecnologia di quarta generazione (4G), con download più rapidi e accesso a maggiori contenuti online.

Non a caso (4) si prevede che gli editori di customer magazine vedranno crescere i loro ricavi di oltre il 10% tra 2015 e 2018. Una crescita dovuta in gran parte alla ripresa economica e all’aumento dei budget destinati dalle aziende alla pubblicità, al content marketing, alla comunicazione anche digitale.

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Prescrizioni Per Sopravvivere Nel Digitale

Il transformation director del gruppo editoriale britannico Trinity Mirror, il maggiore del Paese, spiega le mosse per muoversi con successo nel giornalismo digitale.

Questo articolo di Journalism.co.uk aiuta a tirar fuori e rendere evidenti regole, concetti, princìpi che tutti noi abbiamo in qualche modo in testa. Il pregio sta nella chiarezza, non nella novità.

Si spiega che ogni sito deve essere mobile first. Non digital first. La notizia devi poterla leggere in modo agevole sul tablet e lo smartphone. Poi si passa alla lettura su computer (in declino).

Bisogna avere una strategia di crescita multipiattaforma: non sei più, soltanto, un giornale, una tv, una radio.

Ok, lo sappiamo, il contenuto è king: è quel che ci distingue e ci tiene in vita. Ma se non riesci a creare contenuti differenti per le diverse piattaforme sei morto.

E’ necessario avere un’organizzazione integrata: vietato tenere separati carta e digitale.

 

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Perché Tutti Creano Siti Di News

La corsa delle società nate del digitale verso i contenuti giornalistici. Il lancio di siti di news che fanno concorrenza a quotidiani e periodici. Un esperto di media analizza il fenomeno

E’ un post di Ken Doctor su Nieman Lab, punto di riferimento per chi tiene d’occhio le novità del giornalismo nel digitale.

Il superconsulente analizza in dettaglio la situazione. Le compagnie che hanno sviluppato piattaforme digitali fanno a gara nel lanciare iniziative editoriali. Creando nuovi brand e testate verticali. Assumendo giornalisti con un nome.

Ma un punto sottolineato da Ken Doctor è quello della sostenibilità economica: un sito di news può stare in piedi.

Può stare in piedi se trova un pubblico di lettori ben circoscritto, per quanto limitato nella dimensione: una nicchia.

Può nutrirsi di pubblicità nativa, diventata competitiva rispetto a quella dei banner.

Può creare redazioni piccole ma con possibilità di ampliarsi.

«Business models are maturing. New publishers are finding enough niches tolargely pay smaller-but-expanding staffs of journalists — if they can create large enough audiences. They are also seeing that native advertising, well done by BuzzFeed and Atlantic Media, for instance, offers a way to compete with programmatic advertising. Premium (Politico Pro) and events (Business Insider) strategies are giving the new publishers the sense they don’t have to wholly rely on advertising».

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La Corsa Ai Contenuti: Facebook Entra Nelle News

Indiscrezioni. Facebook lancerà una app di news, un aggregatore curato da giornalisti: una serie di canali monotematici (verticali, in gergo) che raccoglierebbero, si dice, articoli e contenuti di qualità messi in rete dai quotidiani e dai magazine. Si dovrebbe chiamare Paper, e viene descritto come un aggregatore “intelligente”, non affidato a un algoritmo, a un automatismo, ma alla capacità di selezione e confezionamento di persone esperte.

Segue breve e incompleta cronologia delle società tecnologiche entrate nel… giornalismo:

Il patron di Amazon, Jeff Bezos, ha comprato l’estate scorsa il Washington Post.

Yahoo! è entrato a gennaio nell’informazione e ha lanciato, tra l’altro, alcuni magazine digitali. Assunti giornalisti con curriculum di tutto riguardo, ad esempio l’ex columnist di tecnologia del sito del New York Times.

Il fondatore di Ebay ha annunciato lunedì di voler aprire alcuni magazine digitali; a fine 2013 aveva fondato la società che li pubblicherà, First Media, con un investimento di 50 milioni di euro.

Loro si danno da fare. C’è invece chi ha il pane e non ha i denti per mangiarlo.

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La Peggiore E La Migliore Stagione Del Giornalismo

La peggiore stagione del giornalismo. Quella delle testate che chiudono, dei giornalisti che perdono il posto, delle aziende in crisi. Ma in Rete torna con insistenza l’idea che invece stiamo attraversando un’età dell’oro

Segnalato ovunque nel mondo giornalistico anglosassone il post di Tom Engelhardt (mente del sito di informazione alternativo TomDispatch.com; motto: “un antidoto quotidiano contro i media mainstream”) intitolato Are we in a new golden age of journalism? «Siamo nella nuova età dell’oro del giornalismo?».

Naturalmente chiunque di noi sia coinvolto nelle ristrutturazioni dei giornali, con pensionamenti, licenziamenti, solidarietà, casse integrazioni, ha poca voglia di appassionarsi al tema: stiamo attraversando un periodo orribile. L’epoca più brutta. E temiamo che i tempi d’oro non ritornino mai più.

Diverso è fare una riflessione sul giornalismo come possibilità espressive: disporre delle nuove tecnologie consente a chi fa questo mestiere di inventare e imparare nuovi modi di fare informazione, in costante contatto e scambio con chi legge, disponendo di una varietà di strumenti senza pari.

«In terms of journalism, of expression, of voice, of fine reporting and superb writing, of a range of news, thoughts, views, perspectives, and opinions about places, worlds, and phenomena that I wouldn’t otherwise have known about, there has never been an experimental moment like this.  I’m in awe».

(«In termini di giornalismo, di espressione, di voce, di reporting ben fatto e scrittura superba, di varietà di notizie, pensieri, punti di vista, opinioni su luoghi, mondi e fenomeni di cui non sarei altrimenti venuto a conoscenza, non c’è mai stato un momento sperimentale come questo. Sono senza parole»).

C’è poi la posizione del lettore. Qui l’autore del post, Tom Engelhardt, è più convincente. Per gli utenti questa è una stagione ricchissima di soddisfazioni. Perché dal computer (o tablet) puoi avere accesso a qualsiasi pubblicazione del pianeta, a documenti, rapporti governativi, informazione di ogni sorta. E puoi a tua volta diventare editore. (Seppur restando esposto a forme innumerevoli di spionaggio governativo e non).

«For the first time in history, you and I have been put in the position of the newspaper editor.  We’re no longer simply passive readers at the mercy of someone else’s idea of how to “cover” or organize this planet and its many moving parts.  To one degree or another, to the extent that any of us have the time, curiosity, or energy, all of us can have a hand in shaping, reimagining, and understanding our world in new ways».

(«Per la prima volta nella storia, io e voi siamo stati messi sulla poltrona del redattore di giornale. Non siamo più semplicemente lettori passivi alla mercè delle idee di altri su come “coprire” o organizzare questo pianeta. Che sia tanto o poco, nella misura in cui ciascuno di noi ha tempo, curiosità, o energia, tutti possiamo avere una parte nel modellare, ripensare, e capire il nostro mondo in nuovi modi»).

Non dobbiamo dimenticarlo.

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L’Editore Che Investe Sia Nella Carta Sia Nel Digitale – Prisma Media

Nuovi progetti, lancio di giornali e di allegati per i titoli esistenti, investimento nei video e nel digitale. In Francia Prisma Media va all’attacco

È l’editore di Geo, Capital, Voici, Télé Loisir: 25 titoli tra i più venduti in Francia. E da poco la versione transalpina dell’elitario Harvard Business Review (17.000 copie a 17,90 euro).

Ma Prisma Media, in questa intervista di Le Figaro al presidente Rolf Heinz (guida anche Gruner + Jahr International), dichiara soprattutto di credere ancora nei periodici, di voler investire nel corso dell’anno e di avere un piano di espansione in cui il digitale non si sostituisce ai giornali ma ne è un volano di diffusione.

(Una controffensiva mediatica per rispondere al colpaccio di una rivista della concorrenza, quel Closer che ha rivelato la relazione tra il presidente Hollande e l’attrice Julie Gayet?)

Per il 2014 si prepara il lancio di, almeno, una nuova testata, mentre sono 3 i progetti in cantiere.

Prisma ha acquisito una quota maggioritaria della più grande società di produzione di video in Francia (AdVideum).

Si costruisce un’offerta integrata, carta e digitale insieme, per le principali aree di interesse della società: economia, femminili, televisione e intrattenimento, scienze.

«La mia ambizione è di concepire un nuovo genere mediatico ibrido, consultabile sul tablet, che amplia la ricchezza del testo, delle foto, dei video, della community, del servizio, del gioco.

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Trend Nei Periodici 2013-2014 (Rapporto Fipp)

Per capire come stiano cambiando i rapporti di forza nel mondo dei media basta vedere le considerazioni sulla pubblicità contenute nel World Magazine Trends 2013/14 di Fipp, la federazione mondiale dei media magazine (si trova a Londra). Un rapporto di 444 pagine, descritto in un articolo dell’Huffington Post (della ricerca vengono rilasciati gratuitamente solo alcuni estratti).

Perché la pubblicità è presto detto: è la benzina con cui si alimentano i giornali, a corto di ricavi per la caduta nelle copie vendute.

Nel 2013 la pubblicità raccolta su Internet ha superato per la prima volta quella dei quotidiani: è un dato mondiale.

Nel 2015 la raccolta su Internet supererà quella di quotidiani e periodici insieme.

È utile specificare che entro il 2015 un quarto della pubblicità su Internet riguarderà il mobile: smartphone ma soprattutto tablet.

Non in tutto il mondo la carta stampata boccheggia. Regala ancora soddisfazioni nelle economie in forte crescita e in Africa e Medio Oriente. L’Europa, definita un mercato maturo, anzi “vecchio”, fatica a riprendersi dalla crisi.

Gli editori stanno investendo nel digitale e un quinto della pubblicità raccolta su Internet riguarda i siti e le pubblicazioni digitali.

Ma questa crescita non compensa le perdite della carta. Un problema ampiamente delineato e approfondito.

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«Il Primo Passo Verso i Periodici Del Futuro» – Yahoo Lancia 2 Magazine Digitali

Yahoo lancia 2 magazine digitali, uno sul cibo, l’altro sulla tecnologia: un gigante di Internet inizia a produrre contenuti giornalistici di qualità. Un pericolo mortale per gli editori tradizionali

Ho letto 2 notizie.

Una buona: l’informazione giornalistica è su Internet il contenuto che coinvolge maggiormente i lettori, facendo passare più tempo sulle pagine: è il concetto di engagement. Nel post del Giornalaio, uscito ieri, si riferisce come l’informazione sia prima per capacità di coinvolgimento in 8 nazioni su 10 analizzate dalla piattaforma Outbrain, che prende in esame migliaia di pubblicazioni. L’Italia, però, fa eccezione. Per arretratezza degli abitanti o del giornalismo?

L’altra notizia è cattiva (ma contiene opportunità). Yahoo ha lanciato una serie di nuovi prodotti, quasi tutti incentrati sull’offerta di contenuti informativi, tra cui 2 magazine, 2 riviste digitali: una di gadget e cultura tecnologica (Yahoo Tech News), l’altra di cucina (Yahoo Food: da vedere entrambe, molto belle). Un big dell’online entra con passo deciso nel cerchio dei media.

Mi hanno colpito questi aspetti:

1) Pare sia la prima volta che un Titano delle tecnologie digitali punti in modo così forte sulla produzione di contenuti informativi originali. Non generati dagli utenti.
2) Per realizzarli, sono stati assunti giornalisti di primo piano. L’ex responsabile del canale tecnologia del New York Times; ex giornalisti della rivista Bon Appétit e Huffington Post Food.
3) Il taglio dei contenuti giornalistici sarà popolare e di servizio. Roba tipo: come arrotolare il caricatore del Mac, come scattare un fantastico selfie, ecco il rasoio da 500 dollari che dura per sempre. In questo Yahoo è maestro di titolazione catchy anche in Italia. L’informazione di base, se fatta bene, non è commodity. È qualità (e ti porta via la pubblicità di cui vivi).
4) Yahoo farà fruttare le news e i magazine con la pubblicità, in particolare quella nativa, oggi tanto discussa e analizzata.
Con sintesi, uno dei boss di Yahoo, Mike Kerns, ha detto che Yahoo Food e Yahoo Tech sono «il primo passo verso la prossima generazione di media product».
Mi sembra che gli editori tradizionali abbiano la fortuna di essere i possessori di contenuti di alta qualità. Ma corrono il rischio di essere scavalcati da chi ha creato e sviluppato le nuove autostrade dell’informazione.

P.S. A proposito di subentri simbolici: Google Italia prende in affitto mezzo palazzo nell’ area residenziale milanese apripista dello sviluppo urbanistico cittadino. A poche centinaia di metri di distanza sorge lo storico edificio venduto pochi giorni fa dalla società che edita il principale quotidiano italiano.

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Video della Rivista Digitale dell’Anno – Digital Magazine Awards 2013

Il magazine digitale dell’anno è un femminile di lifestyle per iPad. Ma vengono premiati anche i siti di testate storiche

Quali periodici sono un esempio di sviluppo? Quali possono essere studiati per le idee innovative? Uno spunto arriva dai Digital Magazine Awards assegnati a Londra.

Obbligatorio segnalare i vincitori nelle 2 categorie principali:

• Digital Magazine of
the Year: Katachi

• Magazine Website of the Year: Esquire.co.uk

Questa è la rivista di moda, lifestyle, cultura, pensata solo per iPad: Katachi.

Tra le categorie, segnalo:

• Fashion Magazine of the Year: Katachi

• Men’s Lifestyle Magazine of the Year: British GQ

• Women’s Lifestyle Magazine of the Year: Katachi

• Sports, Health & Fitness Magazine of the Year: Men’s Health (US)

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Quella Cosa Chiamata Long-Form Journalism

Long-form journalism, giornalismo multimediale, nuovi strumenti per raccontare: qualche notizia, un pizzico di polemica, 3 articoli

C’è una espressione che gode di un certo successo nel giornalismo digitale: long-form journalism (qui qualche esempio di pregio).

Indica gli articoli che hanno una certa estensione, come fa capire la formula inglese, e un andamento narrativo che a volte porta al reportage altre all’approfondimento e scavo nei fatti.

In molti suscita ilarità o sarcasmo. Il long-form journalism non sarebbe, ai loro occhi, che una etichetta di moda per indicare… un articolo.

Qualcuno ci vede riflessa la pochezza di tanta informazione ripetitiva, moltiplicata, copiata, cui ci si è abituati con il digitale.

Altri ancora ci trovano un nuovo modo di raccontare che permette ai giornalisti di utilizzare per la prima volta tutti gli strumenti espressivi a disposizione grazie alla tecnologia: scrittura, fotografia, video, audio, grafica.

Salvo poi osservare che tale profusione di mezzi porta, anche nei casi più celebrati, a prodotti ridondanti, inutilmente ricchi, sostanzialmente noiosi (come Snow Fall?).

Nell’attesa di chiarirmi le idee, segnalo questi pezzi sull’argomento (in inglese):

Uno sguardo disincantato sul fenomeno uscito ieri su The Atlantic.

Un pezzo di Mathew Ingram per Gigaom.

Il sito di long-form storytelling: Beautiful Stories.

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La Carta Non È Il Giornale – La Svolta del New York Magazine

New York Magazine, settimanale dalle copertine belle e molto premiate, riduce il numero di uscite. Ma potenzia il digitale. E assume giornalisti

La rivista americana New York, storico concorrente del New Yorker (Condé Nast), cambierà periodicità: uscirà 29 volte all’anno (26 numeri più 3 speciali) anziché 42. In sostanza, da settimanale diventa quindicinale.
Bellissime le copertine. Come questa, di un anno fa, uscita dopo il passaggio dell’uragano Sandy sulla Grande Mela:
New York Cover Sandy
ANCHE IN ITALIA Del cambio di periodicità si parla spesso anche in Italia. Wired di recente ha annunciato che nel 2014 uscirà 10 volte. Copione simile per un’altra rivista di Condé Nast Italia, Traveller.
PUBBLICITÀ Sono misure dettate dal potenziamento dell’offerta digitale. E, spesso, dal calo della pubblicità sulla carta: New York Media, la società che edita la rivista, risparmierà 3,5 milioni di dollari tra stampa e distribuzione.
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Facebook e i Periodici Italiani

I siti dei settimanali: il numero di utenti, il ruolo dei social media, l’attaccamento e fidelizzazione dei lettori. C’è ancora molta strada da percorrere

Segnalo un post sulle performance online dei settimanali italiani scritto da Pier Luca Santoro, l’autore del sito su comunicazione ed editoria Il Giornalaio.
Santoro risponde a domande di grande interesse sul seguito online delle testate periodiche.
Attraverso uno studio fatto con uno strumento per specialisti, è possibile vedere non solo quanti utenti unici ha ciascun sito. Ma, sopratutto, capire alcune caratteristiche dei visitatori. E intuire il loro livello di soddisfazione.

Vedremo quanti lettori arrivano sul sito del giornale dai social network, per esempio. A questo riguardo, viene fuori che nei settimanali, così come nei quotidiani, pochissimi visitatori sul totale vengono “rastrellati” su Facebook e Twitter e dirottati al sito, come dovrebbe essere interesse degli editori. La parte del leone, comunque, spetta a Facebook.

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La Crisi di Identità di Time (e il Nuovo Sito del Giornale)

Come cambia Time nel digitale: breaking news, uscita di veterani, assunzione di giovani, riorganizzazione della redazione. Ma i critici dicono che il newsmagazine più prestigioso d’America sta sbagliando strada

Una testata resistente. A differenza di Newsweek e Us News & World Report, Time è ancora una voce ascoltata. Con 3 milioni di abbonati nel mondo. Evidentemente è utile qualcuno che sappia selezionare e approfondire le notizie della settimana. Ma le diffusioni sono in calo e la pubblicità è scesa del 4,7% nei 9 mesi del 2013. Non si sa se la testata sia ancora in attivo. Rispetto ai bei tempi andati, con internet la concorrenza è aumentata. Non c’è più il monopolio dell’informazione, sono cadute le alte barriere d’accesso al giornalismo,

Investimento nel digitale. Time si prepara a investire nel sito del giornale, considerato arretrato nel mondo dei periodici:  appena 13 milioni di utenti unici da desktop in ottobre; Huffington Post ne ha contati 61 milioni. Più foto di grandi dimensioni, video, storie.

Un direttore scafato. Un punto di forza è il nuovo direttore, nominato in settembre: Nancy Gibbs, giornalista di punta della testata, 100 storie di copertina alle spalle. Non schiava del narcisismo, ha grandi capacità manageriali e sa delegare ai capi delle sezioni, intervenendo solo con pochi cambiamenti e correzioni in fase di chiusura.

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5 Segnali di Vita Digitale dei Periodici Italiani

A TUTTO VIDEO Mondadori fa un accordo per portare i video dei propri siti, tra cui Panoramauto.tv, su quelli dell’area Mediaset. E i video di Mediaset, inclusi quelli on demand del palinsesto televisivo, saranno disponibili per i lettori di Panorama.it, Grazia.it, Donnamoderna.com. Verrà raggiunto dai contenuti e dalla pubblicità della casa editrice un bacino complessivo di 23 milioni di utenti unici mese (Mediset più Mondadori più Italiaonline).

WIRED NON È UNA RIVISTA Il direttore di Wired Italia (Condé Nast) ha annunciato di voler applicare la filosofia del Digital First. Riprendendo la frase di un famoso Ceo americano: «Time non è una rivista», Massimo Russo dice: «Wired non è una rivista». In attesa di vedere quanto il digitale valga in termini di ricavi per i periodici italiani, l’ordine delle cose comunicate sembra questo: 1) viene ripensata la linea editoriale del giornale, che riceve un taglio più coi piedi per terra, ottimistico e di servizio; 2) si risparmia sulla edizione cartacea, riducendo le uscite annuali a 10 numeri; 3) i redattori e collaboratori dovranno lavorare ogni giorno, e innanzitutto, per il sito. C’è un nuovo mondo da inventare.

ALLARGARE IL PUBBLICO Mondadori sarebbe in corsa contro Rds (Radio Dimensione Suono) per l’acquisto delle radio del Gruppo Finelco (per circa la metà di Rcs): Radio 105, Virgin Radio, Radio Montecarlo. Per l’editore è il tentativo di ampliare la vetrina su cui far uscire la pubblicità (carta, radio, digitale). Per ora la platea delle radio del gruppo è di 10 milioni di ascoltatori (al netto della possibile acquisizione delle radio di Finelco).

ARRICCHISCIMI Le riviste di Editoriale Domus passano alla digital edition: per Quattroruote, Domus, Dueruote, Ruoteclassiche, Tuttotrasporti sarà possibile scaricare l’edizione digitale da tablet, smartphone e computer. Ci si può abbonare solo al digitale, o a carta più digitale. Contenuti arricchiti con photo gallery e video.

GIORNALI GIRAMONDO Icon, allegato maschile di Panorama, esce da novembre in Spagna insieme al quotidiano El Pàis in 300 mila copie. Grazia viene pubblicato in Messico: è l’ennesima edizione internazionale del femminile. E si capisce: moda, design, stile di vita sono il petrolio italiano. La mossa viene notata da Fipp, l’associazione mondiale degli editori di periodici, che mette la notizia in home page. E dal designer Mario Garcia.

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Future e la Strategia della Prova ed Errore (Fast-Fail)

Fast-fail: sperimentare rapidamente e, se non funziona, chiudere. È l’approccio dell’editore britannico Future. Che porta avanti con successo il passaggio al digitale

Il gruppo editoriale britannico di periodici Future ha annunciato di avere superato il punto di svolta (“Inflection Point”: per un editore, è il momento in cui il digitale prende il sopravvento sulla carta): più di metà dei ricavi pubblicitari della società provengono dal digitale. La crescita delle nuove fonti di fatturato ha superato, nella prima metà dell’anno, le perdite nella carta. I ricavi sono saliti del 3%, a 106 milioni di sterline. In crescita il margine di guadagno.
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«I Giornali Non Sono un Prodotto di Massa»

I giornali di carta sono prodotti di nicchia, non più di massa? (Superati dai social network. E dai siti di news)

UNA ESPRESSIONE In questo post non ci sono hard news: solo parole, vocaboli, nella foresta dei simboli (si scherza).

E dal consulente dell’editoria Ken Doctor, noto agli appassionati della materia (scrive abitualmente sul sito dedicato al futuro del giornalismo di Nieman Lab, dell’università di Harvard) riprendo una frase che mi ha chiarito le idee.

PRODOTTO DI NICCHIA Parlando del declino della carta stampata, Doctor usa un’espressione a commento di un grafico (che trovate più sotto nel post):

«Publishers are now deciding where to cut in 2014. In the meantime, we do see a number of print strategies emerging. Largely, they track the newspaper industry’s progression from mass to niche, as Google and Facebook have become that new mass, first in time spent and increasingly in digital advertising».

«Gli editori stanno ora decidendo dove tagliare nel 2014. Nel frattempo, vediamo emergere una serie di strategie nella carta. A grandi linee, evidenziano come l’industria dei quotidiani si stia muovendo da un mercato di massa a uno di nicchia, dal momento che Google e Facebook sono diventati i nuovi prodotti di massa, primi per tempo speso dagli utenti sul sito e sempre più per pubblicità digitale raccolta».

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La Rivista Forbes In Vendita per 400 Milioni di Dollari (ma ne Bastano 200)

La rivista finanziaria e il sito sarebbero in vendita. La stessa società che li pubblica, Forbes Media, ammette di aver ricevuto offerte. E Deutsche Bank AG sarebbe al lavoro per trovare un possibile acquirente. Si parte da 400 milioni di dollari. Ma si potrebbe atterrare a 200 milioni

SORPRESA Trovo la notizia sorprendente. In questi mesi Forbes, la rivista che ogni anno stila la classifica degli uomini più ricchi del mondo (ma non solo: anche le rockstar più popolari), è stato indicato da molti come uno dei pochi esempi positivi di passaggio al digitale di un brand storico della carta stampata.

Naturalmente i dati sull’andamento del sito rimangono in gran parte segreti. Dunque è difficile distinguere tra comunicazione aziendale e verità. Ma le scelte fatte dal giornale, e in particolare dal responsabile del digitale, quel Lewis DVorkin diventato un guru dei nuovi tempi, sono state motivo di discussione e confronto.

Vorrà dire che Forbes è stato così in linea con la logica dell’economia di mercato, dando voce all’area più radicale, da sacrificare se stesso quando quella logica lo ha richiesto…

PERCHÉ SE NE PARLA Scherzi a parte, DVorkin in questi mesi ha fatto parlare del modello Forbes perché:

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Cosa Perdiamo Se Perdiamo le Copertine delle Riviste

Il potere delle copertine delle riviste, la loro capacità evocativa, il fermo immagine dei momenti importanti. Una presenza che stiamo perdendo. E il diluvio di notizie nel digitale lascia senza orientamento

LA FORZA DELLE COPERTINE È il tema tante volte toccato della “produzione di senso”. Una volta affidata ai mass media. Oggi appannata nella dimensione digitale. Ho letto un post sulla forza delle copertina delle riviste. Lo sappiamo, quando azzeccate, le copertine hanno il potere di rievocare i fatti più di qualsiasi altro media. Anzi, partecipano alla costruzione della memoria. Per questo si dice, con espressione ormai stereotipata, che sono iconiche. Rimangono negli occhi. Anche se trovo patetico il paragone con le copertine dei dischi di vinile. Porta … sfiga. (Soprattutto, è sbagliato).

L’ESSENZIALE Ma il post di cui parlo, dal sapore markettaro, coglie un aspetto che si perde nel diluvio quotidiano di tweet e post: la capacità di andare all’essenziale. Di fissarlo. Siamo persi in un mondo di notizie lillipuziane. La rassegna stampa permanente. E sfugge il senso di quel che avviene.

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Come si Costruisce una Storia Multimediale

Cos’è il giornalismo multimediale, come si costruisce una storia nel digitale, come e perché assegnare a media diversi le varie parti del racconto. Lo spiega l’università di Berkeley

GIORNALISMO DIGITALE Oltre a The Russia Left Behind e ad altri esempi di multimedia storytelling di cui si è parlato in questo blog, penso alle storie di giocatori di football di un quotidiano australiano e al racconto della New York sotterranea di Vanity Fair: sono nel blog del designer Mario Garcia. Per la gioia dei nostri occhi. Mi è venuta voglia di capire più a fondo come si racconta una storia nel digitale. E mi sono imbattuto in uno strumento utilissimo, in lingua inglese.

COS’È MULTIMEDIALE Riprendo un tutorial della UC Berkeley Graduate School of Journalism. Consiglio a tutti di visitare il sito, ricco di strumenti pratici e teorici sul giornalismo digitale.

Una storia giornalistica multimediale non è solo un racconto a più dimensioni: testo, video, audio, foto, grafica, animazione, mappe, interattività.
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L’Editore da 500 Milioni di Utenti Unici

Il giornalismo del futuro appartiene a mass media digitali? Grandi editori nati nel web, capaci di raccogliere sotto un unico ombrello centinaia di siti e blog. Con l’obiettivo di 500 milioni di utenti unici. E una sola piattaforma, una sola tecnologia, una sola, grande vetrina pubblicitaria. L’utopia di un Internet libero sbiadisce un po’ di più

DIGITAL COMPANY CRESCONO Proprio mentre in Italia fa notizia l’intervista dell’Espresso a Wolfgang Blau (del Guardian) sul futuro del web dominato da grandi media company come The Guardian, The New York Times, BBC, negli Usa si discute di uno scenario simile. Però con protagonisti diversi. Non gli editori tradizionali, ma compagnie digitali che possono controllare l’informazione e la pubblicità su Internet.

Lo spunto: una grande società di siti web, Vox Media, con centinaia di titoli e giornalisti, sarebbe sul punto di comprare un’altra media company digitale, proprietaria di molti siti e blog, Curbed Network. Per un prezzo, pare, di 25/30 milioni di dollari (viene da sorridere, con “questi” americani, pensando che l’editore tedesco Axel Springer ha pagato nel 2011 oltre 600 milioni di euro per l’acquisto del portale francese di annunci immobiliari SeLoger).

Tanto è bastato per aprire un vivace confronto. Commentatori di primo piano del mondo digitale, come Mathew Ingram (è stato ospite d’onore al Festival internazionale del giornalismo, a Perugia) e voci del New York Times e di Reuters, hanno subito proiettato in avanti le conseguenze di questa acquisizione, immaginandola come il primo esempio di una serie di fusioni che porteranno alla nascita di giganti digitali del giornalismo.

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Perché i Giornalisti Usano i Social Media – Indagine in Gran Bretagna

Passano almeno 2 ore al giorno sui social media, dove vanno soprattutto per postare i loro pezzi. E per dialogare con i lettori. In appena un anno è cambiato il modo in cui i giornalisti usano Twitter e Facebook

DIGITAL FIRST Forse per i giornalisti passare le giornate su Twitter, Facebook e altri social media è il modo più diretto per essere “digital first”, termine molto usato in questi giorni in Italia.

Ma perché si va sui social e cosa si fa?

SONDAGGIO In Italia mancano indagini esaustive. Invece un pezzo uscito sul sito di Wan Ifra (l’associazione mondiale degli editori di giornali e news media) dà un quadro abbastanza completo di quel che accade in Gran Bretagna. Lo fa riprendendo una recente indagine online di Cision e Canterbury Christ Church University, cui hanno partecipato 589 giornalisti.

CI VANNO TUTTI Il 96% dei giornalisti britannici usa ogni giorno i social media come strumento professionale. Il più popolare è Twitter, ormai imprescindibile per chi lavora in quotidiani, periodici, televisione. Insomma, solo 4 giornalisti su 100 non sono sui social.

Il 63% passa su questi siti almeno 2 ore al giorno. Il 22% più di 4 ore. Rispetto al passato è aumentata la frequenza e il numero di siti visitati.

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10 Miti da Sfatare sul Futuro dei Giornali

La stampa è morta? I giornalisti meno giovani non possono adattarsi al digitale? Le nuove forme di pubblicità intaccano le fondamenta dell’etica dell’informazione? Ecco 10 convinzioni diffuse nelle redazioni. Confutate da Mario Garcia.

Mario Garcia, designer americano (nato a Cuba) che ha ridisegnato giornali, periodici e media di tutto il mondo (nel suo sito avete subito un’idea della sua … ubiquità), ha scritto un altro, intrigante post. Riporto solo i titoli dei 10 falsi miti sulla transizione al digitale che circolano nei giornali (leggete il post originale, in inglese, per capire perché si tratta di falsi miti).

1 – La stampa è morta.

2 – Digital First significa non dare importanza al prodotto cartaceo.

3 – I giornalisti di una certa età non possono essere convertiti al digitale.

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Editore Piccolo Mangia Editore Grosso – Cosa ci insegnano i magazine francesi

Editori grandi mettono in vendita una parte delle loro riviste. Piccoli editori si propongono di comprarle. Altrimenti c’è la chiusura. Ma il piccolo compra. E il grande non deve licenziare. Una storia francese

EDITORE GROSSO VENDE La storia la conoscete: alcuni giorni fa l’editore Lagardère, colosso francese dei media, ha messo sul mercato 10 testate: Be, Psychologies magazine, Auto moto, Campagne et décoration, Le journal de la maison, Maison & travaux, Mon jardin ma maison, Union e la versione cartacea di Première e di Pariscope. Una riduzione non da poco su un patrimonio di 39 titoli. C’è dunque Psychologies, che proprio in questi giorni verrà lanciato in Germania: vedete i paradossi del momento? Ma proseguiamo.

Se la vendita non dovesse aver luogo, 350 dipendenti, tra cui molti giornalisti, resterebbero senza testata e lavoro.

La crisi della carta stampata colpisce duramente anche nell’Esagono. Il calo delle copie vendute e di pubblicità sono la diretta conseguenza del diffondersi dei nuovi media.

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Boycott Tablet

Chi frena, chi “boicotta” i giornali su tablet? Chi ha ragioni per posticipare la creazione di contenuti giornalistici multimediali. Mettere il freno alla grafica innovativa. Scoraggiare la sperimentazione pubblicitaria?

IL DELITTO Un articolo che fa discutere in questi giorni s’intitola: Chi ha ucciso le applicazioni dei magazine? Se qualcuno ha commesso un omicidio (figurato) chi potrà essere se non: l’editore? A leggere la sfilza di riflessioni internettiane sul flop delle app dei magazine (negli Usa rappresentano il 3,3% delle copie vendute), si arriva alla paradossale conclusione che a boicottare i tablet sarebbero proprio loro, gli editori. Se è così, hanno attenuanti?

Sono responsabili, si dice, insieme a un complice: le associazioni che certificano le copie vendute dei giornali (di cui gli editori fanno parte). Queste hanno stabilito per regolamento che le copie digitali devono essere uguali a quelle cartacee se l’editore vuole farle rientrare nel numero delle diffusioni complessive: se dichiari ai pubblicitari che vendi 100 copie, di cui 80 di carta e 20 digitali, devi far sì che le 20 copie digitali siano repliche esatte di quelle cartacee.

IL MOVENTE Ma questa decisione, dettata da necessita di controllo del mercato, di governo del mercato, si starebbe ritorcendo contro gli editori.

Perché la copia replica non incoraggia a investire nel design del giornale e nell’arricchimento multimediale. Quindi sa di vecchio.

Ci sono molti altri problemi, naturalmente. Non è facile far trovare al lettore il giornale digitale nelle edicole online: sul newsstand di Apple e le altre. Sono sepolte da giochi e altri prodotti. E poiché i tablet sono molto diversi tra di loro, l’editore che decide di investire sull’edizione per iPad di Apple, non avrà un prodotto che “gira bene” sui tablet che usano sistemi diversi (Android etc). Anche la pubblicità si vede bene sui modelli di un costruttore, male su altri. Insomma, chi vuole investire, deve disporre di grandi risorse. Che mancano.

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Il Profilo dei Giornalisti e degli Editori Digitali (Non Solo Corriere della Sera)

Come trasformare gli editori della carta stampata in editori digitali? Come cambiare mentalità, cultura, modo d’agire? E come cambiare mentalità, cultura, modi d’agire (e di lavorare) dei giornalisti? Sono domande d’attualità in tutto il mondo. Non solo al Corriere della Sera

FISCHIO D’INIZIO Curioso come in tutto il mondo ci si stia ponendo le stesse domande, nello stesso momento, su come devono cambiare i giornali. Lo penso leggendo le notizie sullo scambio di punti di vista al Corriere della Sera, un confronto avviato dal direttore del giornale. Paradigmatico. È come un programma in prima serata tv: lo seguono tutti.

Ma questo confronto sta avvenendo ovunque. E ne parla ampiamente anche il sito degli editori di quotidiani e news, quel Wan Ifra che ha appena tenuto a Berlino una serie di incontri su come cambia il lavoro di chi fa i giornali.

CHI È UN GIORNALISTA DIGITALE Giorni fa riportavo i consigli di Mario Garcia, geniale designer di media, su come accompagnare i giornalisti delle redazioni dal lavoro nel cartaceo a quello su più piattaforme. Ieri il prof della Columbia ha scritto un altro post che torna sull’argomento. Tutti sono alla ricerca di giornalisti digitali. Ma chi sono?Cosa sanno fare? Giornalista digitale, sostiene Garcia, è uno che sa cos’è il buon giornalismo, sa come le storie “girano” oggi (partono dagli smartphone), usa senza pregiudizi e con le dovute precauzioni quel che gli passano i lettori. E conclude così sui cambiamenti in arrivo:

I believe that the next five years are going to be transitional years in most newsrooms globally, a time in which traditional editors either embrace digital, or else.  It will be a good opportunity for newsroom managers to discover native digital talent among staffers already in the newsroom.
It will all begin with changing job descriptions, updating the profiles for storytellers and realizing that digital first begins long before a story is even conceived.

Credo che i prossimi cinque anni saranno anni di transizione nella maggior parte delle redazioni, un tempo in cui gli editori della tradizione abbracceranno il digitale. Sarà una buona occasione per scoprire i talenti digitali nativi presenti negli staff già al lavoro. Tutto inizierà cambiando i profili richiesti, aggiornandoli quando riguardano gli storyteller e comprendendo che l’approccio “digital first” inizia prima ancora che la storia sia concepita.

Ma ci sono altre considerazioni, riportate in un articolo di Wan Ifra (in link alla fine di questo post). Rivolte agli editori. Dicono come deve essere condotta la transizione al digitale. Parole d’ordine controverse, in qualche passaggio. Eccone alcune, in tutta la loro nettezza. (Traduzione frettolosa, so sorry).

  • Show don’t tell: show transformation by doing things, not talking about what you might do. Track projects’ success and show results (Dai l’esempio, non predicare: mostra come deve avvenire la transizione facendo cose, non sprecando tempo in spiegazioni su quel che bisognerebbe fare…).
  • Show quick results early: start change projects by picking easy issues that can be quickly solved instead of starting with a huge project (Metti in luce i piccoli passi avanti: anziché covare grandi progetti di cambiamento, mostra come si possono affrontare con successo alcuni aspetti).
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Come Cambia la Lettura nel Digitale – Ricerca Francese sui Periodici “Print+Web”

Con il digitale nasce un nuovo patto di lettura tra i periodici e il loro pubblico. Rimane alta la fiducia verso i contenuti dei giornali. Ma si sviluppa un nuovo rapporto con i giornalisti e le testate. Con vantaggi anche per la pubblicità. Come dice La Réinvention Magazine, ricerca condotta in Francia

In Francia SEPM Marketing et Publicité ha presentato il 3º studio Print+Web, quest’anno intitolato «Reinventare i periodici». Sono stati sentiti 8.700 lettori.

Il mercato francese di settimanali e periodici vanta 33 milioni di copie scaricate in digitale (dati OJD), una crescita del 74% in un anno, 300 applicazioni dei magazine, +64% di lettori su mobile nel 2013.

Date un’occhiata ai video caricati su Vimeo dagli autori della ricerca. Ecco il primo (gli altri, sotto).

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Giornalismo À La Carte – Periodici e Paywall

I siti dei periodici, a differenza dei quotidiani, non sono a pagamento (con eccezioni). Eppure la carta non basta. Si cercano modi alternativi per ricavare denaro nel digitale. Con singoli articoli in vendita, pezzi di copertina dati gratis in cambio di video pubblicitari da guardare, edizioni speciali. Perché i magazine non possono vivere solo di copie per tablet. Anche il web vuole la sua parte (smiley).

SE NASCE THE INTERNATIONAL NEW YORK TIMES Si torna a parlare con eccitazione dei siti giornalistici a pagamento. A smuovere le acque la notizia che il New York Times ha grandi progetti nel digitale. Ieri i vertici del quotidiano più famoso del pianeta hanno annunciato la chiusura della testata gemella, e di proprietà, The International Herald Tribune, fondata nel 1887 come giornale americano che parla al mondo intero. Sacrificata perché rischiava di fare ombra alla espansione globale della testata principale, quel NYT nato come giornale di New York City, diventato da non molto quotidiano nazionale. E ora lanciato nella dimensione internazionale e digitale con il nome di: The International New York Times (sulla logica del power brand, leggete qui). Attraverso la versione per tablet e un sito dove si possono leggere gratis solo un certo numero di articoli. Poi si paga.

PERIODICI SENZA PAYWALL Ma nei periodici c’è poco da far pagare. C’è poco da erigere paywall. Settimanali e mensili non hanno, per definizione, breaking news da vendere (sempre che non si tratti di testate specializzate come l’Economist). La specializzazione è riservata ad alcuni magazine, gli altri sono generalisti.

Come si possono aumentare i ricavi, visto che le edizioni per tablet e mobile faticano, per il momento, a decollare?

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Il Tempo degli Slow Media – Rapporto su 9 Trend della Comunicazione Digitale

Slow media, i media lenti. Sono siti o applicazioni web del giornalismo diversissimi dai media veloci. Non inseguono numeri vertigionisi di utenti attraverso articoli o titoli tirati, forzati, sexy. Ma puntano sui contenuti di alta qualità. Articoli approfonditi, ben scritti, arricchiti, multimediali, che regalano un’esperienza di lettura coinvolgente, su cui l’utente passa volentieri molto tempo. Per questo piacciono anche agli inserzionisti dei giornali

TREND EMERGENTI Il gruppo svedese Bonnier, con 175 giornali in 20 Paesi, ha pubblicato un rapporto che fa la mappa dei trend nei media, Media Map Trend Report, che individua 9 trend nelle tecnologie della comunicazione e nei comportamenti dei consumatori che potrebbero influenzare l’industria dei media nei prossimi 2 anni.

Il rapporto raccoglie, analizza e porta alle conclusioni notizie, elementi e numeri che emergono dalla raccolta di studi sui comportamenti dei consumatori, dai rapporti dell’industria, da dati di mercato e interviste ad esperti del settore.
Il rapporto, presentato in una forma che ricorda quella di un magazine digitale (tanto per dire che il magazine, nel digitale, ha un’alta leggibilità ed è capace di attrarre pubblico), solitamente indirizzato al management e ai dipendenti, viene per la prima volta reso pubblico.
SLOW MEDIA Mi ha colpito il primo capitolo, quello più intimamente connesso ai media. Si intitola Information Vegetables e introduce un concetto che avevo colto ma che restava indefinito, in mancanza di una etichetta. Quella di slow media, media lenti, contrapposti ai media veloci, al consumo di notizie e titoli accattivanti, senza qualità, senza profondità, senza grafica curata, senza un’offerta aggiuntiva e un servizio per il lettore che faccia venire la voglia di passare anche un’ora sulla pagina, con design ottimizzato. E si fanno esempi famosi, di cui molto si è parlato negli ultimi mesi. Siti web giornalistici e prodotti multimediali. Il racconto multimediale del NYTimes Snow Fall, il sito d’informazione economica Quartz, il sito di racconti innovativi Cowbird, The Atlantic. Sono prodotti giornalistici di successo che regalano un’esperienza di lettura piacevole, stimolante, lenta nel senso che in questi siti non si atterra per caso ma ci si va per scoprire qualcosa che abbia un valore.
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The Turning Point/ Consigli per la Riconversione Digitale dei Giornalisti

Il punto di svolta. Dal Financial Times al Corriere della Sera, il mondo del giornalismo è al Turning Point. Ai redattori si chiede di diventare giornalisti digitali. Il compito principale è lavorare su articoli e racconti che possano essere diffusi su tutte le piattaforme, non solo sulla carta. Ma come convertire le redazioni ai nuovi media?

RICONVERSIONE POSSIBILE Consigli pratici e di metodo vengono dati nel blog di Mario Garcia, uno dei più noti esperti di grafica giornalistica e media. Sono elencati in un post in cui si riferiscono le novità emerse alla Expo dell’industria giornalistica a Berlino, evento organizzato da Wan Ifra (è l’associazione mondiale dei quotidiani e media), evento puntualmente coperto da Futuro dei Periodici.

A Garcia hanno chiesto come deve avvenire la riconversione digitale. Lui risponde che:

«È più facile imparare a usare le nuove tecnologie che cambiare gli abiti mentali. Ma si tratta di obiettivi che si possono raggiungere. Senza ombra di dubbio (“it’s definitely something that can be accomplished”)». Con buona pace di quella fazione radicale che nel giornalismo italiano ha teorizzato, chissà perché, che questa operazione è impossibile.
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