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Giornali (Digitali) Campioni Nel Marketing

Una ricerca di GlobalWebIndex fa vedere come i quotidiani e i magazine digitali siano la principale via per far scoprire i brand ai consumatori. Una prova di resistenza delle testate giornalistiche nel marketing?

Ci si chiede se anche nella nuova dimensione digitale le riviste resteranno una vetrina utile per la pubblicità. Sapete che spesso si dice che nell’online il prestigio della fonte giornalistica non conta: la gente cerca informazione facendo ricerche su Google, non entrando direttamente nei siti dei giornali. Ma è una convinzione da rivedere. Lo dico senza essere un esperto, partendo dalla lettura di quest’articolo uscito su marketingprofs.com. Il modo più efficace per la scoperta di un brand rimangono i giornali e le riviste, ma nella loro versione digitale. Soprattutto tra i giovani fino ai 24 anni: la fetta di popolazione meno interessata alla carta stampata. La fonte: uno studio di GlobalWebIndex.

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Mi sembra una piccola notizia positiva. La raccolta di pubblicità non riguarda il giornalista. Ma è una delle fonti di guadagno per l’editore, insieme alle diffusioni. E concorre a creare quell’equilibrio economico che è condizione per tenere in vita l’industria dei periodici come l’abbiamo conosciuta negli ultimi 20 anni. Un equilibrio andato in mille pezzi.

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Negli Usa Aumentano i Lettori di Periodici

Negli Usa aumentano i lettori dei periodici. Sempre più persone dicono di aver letto un giornale, sfogliato la copia digitale, visitato il sito web. Premio di consolazione per il calo di vendite in edicola? Già, perché il vecchio metro del successo delle riviste è in crisi. Un fenomeno osservato da tempo

PIÙ LETTORI Una ricerca di GfK MRI sui consumi degli americani, come riportato sul sito della rivista AdWeek, evidenzia che il numero di lettori di periodici negli Usa è aumentato dell’1,6% rispetto all’autunno del 2012. Vengono presi in considerazioni sia i lettori del giornale cartaceo sia quelli della copia digitale. Non i visitatori dei siti. Per cui il dato è in qualche modo sottostimato.

I lettori della carta sono aumentati dell’1,1%. Quelli sul digitale del 49%. Ma chiaramente le copie su tablet pesano poco come numero assoluto, seppur in vertiginosa crescita. Ci si ferma all’1,6%.

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Come Cambia la Lettura nel Digitale – Ricerca Francese sui Periodici “Print+Web”

Con il digitale nasce un nuovo patto di lettura tra i periodici e il loro pubblico. Rimane alta la fiducia verso i contenuti dei giornali. Ma si sviluppa un nuovo rapporto con i giornalisti e le testate. Con vantaggi anche per la pubblicità. Come dice La Réinvention Magazine, ricerca condotta in Francia

In Francia SEPM Marketing et Publicité ha presentato il 3º studio Print+Web, quest’anno intitolato «Reinventare i periodici». Sono stati sentiti 8.700 lettori.

Il mercato francese di settimanali e periodici vanta 33 milioni di copie scaricate in digitale (dati OJD), una crescita del 74% in un anno, 300 applicazioni dei magazine, +64% di lettori su mobile nel 2013.

Date un’occhiata ai video caricati su Vimeo dagli autori della ricerca. Ecco il primo (gli altri, sotto).

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I giornali per tablet sono un flop? – Sondaggio di Hearst Uk

Un sondaggio di Hearst sulla lettura dei giornali su tablet dà indicazioni su questioni in questi giorni molto dibattute. Le edizioni digitali delle riviste hanno un futuro sui nuovi apparecchi mobili? Oppure le applicazioni di settimanali e mensili sono poco friendly, rendono difficile la lettura, impediscono la condivisione degli articoli e lo scambio di commenti e di “like”? E per questo sono un fallimento? Domande che sono state sollevate da un articolo su GigaOM, sito americano d’informazione sulle nuove tecnologie.

SONDAGGIO SUL TABLET Un sondaggio condotto in Gran Bretagna da Hearst, che nel Paese pubblica Harper’s Bazaar, Men’s Health, Cosmopolitan, Esquire, Elle, Red, aggiunge informazioni utili per chiarirsi le idee. L’indagine è in-app, ovvero è stata fatta coinvolgendo 500 lettori che si sono abbonati alle edizioni digitali delle riviste della casa, o le hanno acquistate nelle edicole digitali. Il valore scientifico non è quindi eccelso ma le conclusioni sono comunque utili in dispute in cui, a ben guardare, si mettono a confronto punti di vista e impressioni soggettive.

SI LEGGE COME SULLA CARTA Dal sondaggio, che riguarda copie arricchite e ridisegnate per tablet del giornale e non semplici Pdf, viene fuori che il 31,4% dei lettori legge l’edizione digitale dalla prima all’ultima pagina, in modo lineare.
Il 7,3% scorre il numero del giornale attraverso le miniature delle pagine.
Il 6,4% si muove tra i contenuti utilizzando gli strumenti di navigazione che si trovano all’inizio del giornale: ricerca mirata.

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Italiani sempre più digitali – Indagine di Deloitte

Dovrei chiamare questo post: l’altro post. Come fa l’Espresso, che a ogni numero presenta L’altra copertina; e fa vedere quale avrebbe potuto essere la copertina della settimana se un fatto più importante, o una diversa scelta della direzione, non avesse fatto cambiare idea.

Se avessi trovato maggiore consistenza nella notizia, oggi avrei pubblicato un post sul survey di Deloitte, società di consulenza presente in tutto il mondo, intitolato State of the Media Democracy.

PASSIONE DIGITALE Anticipato ieri da Corriere Economia, il rapporto dice, innanzitutto, che gli italiani sono onnivori di internet. La propensione a usare computer portatili, smartphone e tablet è tra le più alte registrate nei paesi avanzati. Questa è una notizia, perché conferma e rafforza quanto era stato messo in luce quasi un anno fa da una ricerca di Boston Consulting Group, altra grande società di consulenza, sull’entusiasmo degli italiani per i device usati per navigare su internet e il digitale. Forse possiamo dire senza sbagliare che il nostro mercato è promettente per quegli editori che sapranno giocare bene le carte della transizione al nuovo mondo della comunicazione.
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Sempre più lettori per i periodici digitali – Una ricerca in Gran Bretagna

Una notiziola di qualche interesse, perché apre una prospettiva su cui riflettere.

Dunque, questa app per leggere i giornali su tablet, lekiosk, un’edicola virtuale, ha fatto una ricerca sulla lettura dei periodici e dei giornali sulle “tavolette”.

Pare che in Gran Bretagna la metà della popolazione abbia comprato e letto periodici digitali.

Dove si legge con il tablet? Nel 36% dei casi in salotto, nel 22% in camera da letto, nel 20% mentre si viaggia in bus o metro per andare al lavoro.

Il sondaggio, condotto su un campione di 2000 persone, ha inoltre rivelato che 1 inglese su 20, e 1 giovane su 10 tra i 18 e i 24 anni, legge più periodici digitali adesso di quanto facesse un anno fa.

La morale, riportata dal Guardian? Il futuro dei periodici è digitale. E lo strumento per la lettura sarà il tablet. Parola di lekiosk, parte in causa.

The Guardian: tablet e periodici.

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Lo stato di salute dei periodici in Italia: copie vendute, ricavi, giornalisti occupati

Il rapporto «La stampa in Italia negli anni 2010-2012» diffuso ieri dalla Federazione italiana editori giornali (Fieg) scatta la fotografia del settore. I numeri sull’andamento economico dei giornali, gli indicatori riguardanti le performance delle società che li pubblicano e i dati sul numero di giornalisti che lavorano sono un punto fermo per qualsiasi riflessione si voglia sviluppare sul futuro dei giornali.

Mi concentro solo sui dati generali e quelli dei periodici.

Il 2012 ha visto per la prima volta un calo nel numero complessivo di lettori. In passato si registrava una riduzione delle copie vendute ma il numero degli italiani che leggeva quotidiani e periodici era stabile.

Lo scorso anno è stato il peggiore degli ultimi 20 nella raccolta di pubblicità sulla carta stampata. Si è infatti registrato un calo del 14,3%. Ma, come sappiamo, il 2013 sta andando ancora peggio, decisamente peggio.

La crescita del digitale nella pubblicità è stata del 5,3%, ma come in tutto il mondo questa performance non compensa affatto il calo verticale dei ricavi sulla carta, dunque gli editori sono in grande affanno.

Nel 2012 i settimanali hanno venduto 10.225.000 copie, in calo del 6,4%.

I mensili hanno venduto 9.515.000 copie, sotto dell’8,9% rispetto all’anno passato.

La raccolta pubblicitaria di questo settore è scesa del 18%: oggi la pubblicità sui periodici vale 571 milioni di euro.

Le copie vendute, invece, valgono 2.253 milioni di euro, e hanno visto un calo anno su anno del 7%.

Infine i giornalisti occupati.

Nel 2011 il calo complessivo, quotidiani e periodici insieme, è stato dell’1,4%. Nel 2012 del 4,2%.

I giornalisti che lavorano oggi nei periodici italiani sono 2.872, in calo dell’1,4% in un anno.

Ma questa slide dice tutto.

Giornalisti occupati in Italia

Prima Comunicazione: Rapporto Fieg sulla stampa italiana 2010-2012.

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Tra giornali di carta e digitale finisce 16 a 1

Per la serie: quando si crede in un’immediata transizione al digitale dei giornali.

Ieri il Rapporto 2013 sullo Stato dei News Media del Project for Excellence in Journalism dell’autorevole Pew Research Center (Washington DC) ha aggiornato un dato che da tempo gira nelle redazioni.

Per ogni dollaro guadagnato con il digitale, gli editori di quotidiani e riviste perdono 16 dollari nella carta stampata.

Questo numero, questo rapporto, continua a peggiorare. Lo scorso autunno era di 13 a uno. Nel Rapporto 2012 del Pew Research Center era di dieci a uno. Nel 2010 era di sette a uno.

Il significato? Il calo dei ricavi nella carta non viene compensato dalla crescita digitale, che è troppo lenta. O, girando la medaglia, la crisi della carta, complice la crisi economica (oltre alle difficoltà dei giornali tradizionali di fronte al boom dei nuovi media), è cosí rapida da non consentire un recupero nel digitale. Oppure, ed è un’opzione da unire alle prime due, il digitale, pur crescendo, non garantisce più gli stessi livelli di ricavi della carta, visto, tra l’altro, lo scarso valore della pubblicità su siti web e app.

Il Punto: non c’è una via d’uscita dalla crisi unica e valida per tutti. Il digitale è uno degli ingredienti, ma il prodotto di carta rimane, per il momento, centrale.

Pew Research Center: Rapporto 2013 sullo Stato dei News Media

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Piace la pubblicità interattiva dei periodici

Sondaggio sull’efficacia della pubblicità nelle edizioni per tablet dei periodici americani. Per la prima volta uno studio rivela un’alta partecipazione dei lettori, che cliccano sulle inserzioni, aprono siti, scaricano applicazioni. Un risultato che dovrebbe fare piacere ai giornalisti: come sappiamo, ci sono testate che ricevono metà o due terzi dei ricavi dalla pubblicità.

La ricerca è stata fatta da Starch Digital su piú di 13 mila inserzioni pubblicitarie nelle edizioni per tablet delle riviste nella seconda metà del 2012. Circa 9.500 pubblicità avevano elementi di interattività. Metà dei lettori che hanno letto o notato queste inserzioni hanno poi interagito con le stesse. L’interesse maggiore è stato riscosso dalla comunicazione riguardante auto, moto, scooter.

Il Punto: trovare fonti di ricavo, e un modello di business, per i periodici del futuro.

Adage: successo della pubblicità interattiva sul tablet
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Nella testa degli editori che ristrutturano i periodici – 3

C’è bisogno di una guida, una specie di mappa, per capire cosa c’è nella testa degli editori di periodici che, con poche eccezioni, hanno avviato una seconda stagione di ristrutturazioni (a volte senza dichiararlo).

Riprendo il filo del discorso avviato in altri post (questa è la terza parte. Se v’interessa, leggete qui la prima e la seconda parte). Prendo lo spunto da uno studio della multinazionale della consulenza Boston Consulting Group (che ha lavorato per alcuni editori italiani). Non sposo la loro prospettiva, fornisco un elemento utile per capire cosa ci sta succedendo. Partendo dal presupposto che, come dice Boston Consulting Group (Bcg), limitarsi a tagliare i costi in ogni caso non basta.

Gli editori devono iniziare un viaggio di trasformazione delle loro aziende e dei prodotti editoriali. E la prima mossa, secondo Bcg, è sbloccare risorse, cash, per finanziare la transizione e tener buoni gli azionisti (quando ci siano).

L’organizzazione aziendale va rivista con l’occhio severo e distaccato di un private-equity buyer: come se la si dovesse comprare e non si fosse i proprietari.

Il consiglio, per gli esperti ovvio, è di agire su tre elementi: i costi (operativi e strutturali); i ricavi (copie e pubblicità); il valore per gli azionisti.

Il mix delle leve da utilizzare cambia a seconda dell’azienda, ma l’effetto è sempre positivo.

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Con il tablet si fa più e-commerce

Non c’entra nulla con i periodici, ma uno studio americano di Adobe Systems pubblicato da Mediapost, dice che i possessori di tablet sono più propensi a fare acquistri on line con il loro device rispetto a chi ha uno smartphone (il cellulare intelligente che permette di navigare su internet). Dalla ricerca risulta che il 55% dei proprietari di tablet usa l’apparecchio per fare acquisti, contro il 28% degli smartphone.

Ma sappiamo che lo sviluppo digitale dei periodici permette di attingere a nuovi ricavi per gli editori attraverso l’e-commerce. Siamo proprio sicuri che i risultati di questa ricerca non abbiano niente a che fare con i giornali, visto il fiorire di versioni digitali delle testate da leggere su tablet?

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Scenari 6/ Nei giornali la carta conta ancora

Infine, la carta: per gli editori americani i giornali di carta rimangono indispensabili nell’offerta al lettore. Non si può rinunciare a quotidiani e periodici tradizionali.

Il Digital Publishing Survey 2012 di The Alliance for Audited Media (ex Audit Bureau of Circulations, l’Ads del Nord America), per cui sono stati sentiti i principali editori di quotidiani e periodici, arriva alla conclusione che della carta non si può fare a meno.

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Le parole che non mi hai detto/ Earned advertisement

Earned, guadagnato.
Giovanni si è guadagnato la promozione. Vuol dire che ha lavorato sodo, con ottimi risultati. E’ bravo.
Ma come fa la pubblicità a essere guadagnata, sudata, non “pagata”? Perché questo significa earned advertisement, pubblicità conquistata, un’espressione che trovo spesso nelle mie peregrinazioni nel web, una parola di moda, frequente, una di quelle di cui si riempiono la bocca le persone che amano farvi sentire inadeguati, impreparati, arretrati: behind the curve. Loro sì che sono avanti.
Sono così avanti da ritenere che i giornali debbano percorrere senza esitazione la strada della earned advertisement. Sai che novità?
La differenza con la pubblicità normale è che quest’ultima viene pagata e occupa nella pagina un posto diverso, distinto dai contenuti giornalistici. Anche un bambino si accorgerebbe che è una pubblicità e non un articolo.
Mentre l’earned advertisement, la pubblicità guadagnata, conquistata, è dentro agli articoli.
Vi è mai capitato di leggere un pezzo di costume sulle abitudini sessuali degli italiani e di trovare un passaggio in cui si dice che “una ricerca condotta su 1500 italiani dalla marca di preservativi XY… “? O che i comportamenti alla guida degli italiani sono cambiati così e cosà, come risulta da “un sondaggio della casa automobilistica Opanz…”? Questa non è pubblicità pagata ma è, talvolta, earned advertisement.
Piace molto agli inserzionisti, un po’ meno ai giornalisti. Ai marketers, ai pubblicitari, l’earned advertisement piace perché è molto efficace, fa presa sul lettore più di una pubblicità dichiarata. Basta guardare la tabella dell’Istituto Nielsen (questa non è earned advertisement, giuro) qui accanto. Ingranditela.
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L’earned advertisement è, innanzitutto, il passaparola. Tra amici, parenti, conoscenti ci si consiglia un certo prodotto. Qualche volta anche un giornale, nella sua libertà di scelta, consiglia prodotti. Succede che di questi prodotti si parli perché sono diventati un fenomeno così ampio, popolare, significativo, da costituire una notizia. Non parlarne vorrebbe dire vivere fuori dal mondo. Ecco perché l’earned advertisement è la più ambita dai pubblicitari: è un attestato di rilevanza. Non è pagata, se la sono guadagnata.
Peccato che non funzioni sempre così. L’earned advertisement viene spesso contrattata, è oggetto di scambio.

Vi consiglio di leggere l’articolo riportato in link, descrive bene cos’è questa forma di pubblicità ricercata, studiata, in crescita.

Ma se è guadagnata, perché tenerlo nascosto?

(Risposta: perché a nessuno piace essere preso in giro).

Estratto dalla ricerca Nielsen:
  • le raccomandazioni di amici e conoscenti sono considerati dal 92% del campione la forma di advertising più performante
  • al secondo posto, con il 70% del gradimento globale, troviamo le opinioni dei consumatori postate online
  • …….
  • la credibilità diminuisce, solo il 47% ne ha fiducia, quando si arriva a parlare di spot pubblicitari in TV, pagine Ads nei magazine, campagne di sponsorizzazione dei marchi e cartelloni pubblicitari.

M’interessa perché: in tempi di crisi, è un fenomeno in crescita.

smallbusiness: cos’è l’earned advertisement

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Il digitale fa perdere: quotidiani, magazine e… tv.

Il consumo di notizie online e sul digitale cresce e toglie lettori ad alti media. Riporto alcuni dati di Trends in News Consumption: 1991-2012 del Pew Research Center.

L’impatto più pesante sui media tradizionali è causato dai siti di social networking. La percentuale di americani che dice di aver letto notizie o titoli giornalistici su questi siti il giorno prima della rilevazione è raddoppiato, dal 9 al 19 per cento, dal 2010. Tra gli adulti di 30 anni il numero di chi ha visto notizie sui social network e di chi le ha seguite in tv è lo stesso: 34 per cento. Solo il 13 per cento ha letto un quotidiano, in versione cartacea O DIGITALE!

I periodici sono investiti in pieno. Nel 2000 il 26 per cento leggeva magazine, oggi ci si ferma al 18 per cento.

La ricerca analizza più a fondo gli effetti del digitale sul declino dell’audience televisiva e di Cnn in particolare.

M’interessa perché: 1) misura il passaggio dei lettori dalla carta e dalla tv al digitale; 2) fa vedere come il passaggio al digitale cambi gli equilibri di tutti i media, costringendoli a rivedere il loro modello di business e la struttura dei costi.

Blog: il digitale insidia le news in tv (e … i periodici)

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Perché si legge digital (anche se la pubblicità è noiosa)

Ricerche sulla pubblicità nei giornali digitali, ricerche sul perché si leggono questi giornali.

Un’indagine realizzata in Gran Bretagna suggerisce che la maggior parte dei lettori di giornali digitali trova noiosa la pubblicità associata alle pagine.

Ciò nonostante, la gente continua a spostarsi sul digitale. Chi sceglie i magazine di questo tipo lo fa perché l’accesso ai contenuti è più facile e agevole: il 53% trova più facile portare con se i giornali; il 40% apprezza gli elementi interattivi come video, foto gallery, immagini in 3D; il 37% tiene in considerazione ragioni ambientali (zero consumo di carta).

Si parla anche del mercato statunitense, dove i giornali digitali si diffondono rapidamente tra i giovani adulti, con circa la metà dei 18-34 enni che li leggono, stando a quanto dicono Nielsen e Hearst; il 51% di proprietari di e-reader lo fanno.

 

M’interessa perché: 1) fotografa i cambiamenti nelle abitudini di lettura; 2) spiega cosa i lettori apprezzano del digitale.

Il punto: la transizione al digitale vuol anche banalmente dire fare giornali che funzionino su tablet ed e-reader.

Marketing magazine: che noia la pubblicità nel digitale

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Altro che Internet: la pubblicità in tv rimane la più efficace

Prima la tv, poi quotidiani e magazine: la pubblicità è più efficace sui vecchi media, non su Internet. Questa la sorprendente conclusione a cui arrivano Deloitte and GfK Media dopo aver condotto una ricerca su un campione di 4 mila utenti inglesi.

Ad World News: la pubblicità in tv rimane la più efficace

M’interessa perché: 1) solo il 4 per cento degli intervistati dicce di rimanere colpito dalla pubblicità su internet; 2) l’offerta dei digitali sembra dunque conservare un suo perché.

 

Il punto: ma i magazine sono davvero superati per gli investitori?

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