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La Percentuale Di Lettori Digitali Nei giornali Francesi

Quanti lettori digitali hanno i giornali? Quanti di questi lettori sfogliano anche il prodotto di carta? E quanti guardano solo il sito del brand? Uno studio sulla Francia. Utile all’Italia

Misurare l’apporto del digitale per i giornali: ora in Francia è possibile, come spiega questo articolo di CB News.

Si può sapere quanti lettori accedono ai contenuti di un giornale esclusivamente con Internet, quanti solo su carta, e in che misura i lettorati si sovrappongono. Nel digitale, si può distinguere tra accesso da computer o da mobile (tablet, smartphone).

In media, nei brand giornalistici il 57% dei lettori si affida unicamente al prodotto di carta, il 22% solo a Internet, il 4% solo al mobile. Il restante 17% legge su più supporti.

Ecco la classifica dei brand più letti nel Paese, sommando le varie piattaforme.

Al primo posto c’è Femme Actuelle: 16 milioni 625 mila lettori, di cui 13 milioni 996 mila su carta. Il digitale pesa per il 19%.

Lettori digitali nei giornali francesi

 

Interessante vedere le differenze tra tipologie di giornali.

Nei quotidiani i lettori esclusivamente print sono, in media, il 46%, mentre Internet è porta d’accesso per il 54%.

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L’Universal Publishing Del Financial Times

Universal Publishing: è il modo in cui il quotidiano Financial Times diffonde i propri contenuti nel digitale.

E’ la lezione tenuta in questi giorni alla Digital Media Europe conference da Lisa MacLeod, head of operations del brand giornalistico (consiglio di guardare le foto del post di Journalism.co.uk, da cui ho tratto questi contenuti).

Il sito web è funzionale, spiega MacLeod. «Entri, cerchi quel che vuoi sapere, esci». Ma molti lettori odiano leggere i giornali sul sito. Perché senti di avere a disposizione una quantità infinita d’informazione. Invece sul giornale di carta, tradizionalmente, hai un senso dei confini, della misura, del limite.

Di conseguenza c’è chi si sente più a proprio agio con l’app da scaricare, arricchita o meno. Perché ti restituisce l’esperienza della lettura su carta. Pur conservando l’aggiornamento continuo delle notizie.

Per tutte queste ragioni il Financial Times è presente su una serie di piattaforme digitali e vuole svilupparsi anche verso altre direzioni, incluse le console dei videogiochi.

Si è presenti su tutte le piattaforme e tutti i device, anche se la metà del traffico di Financial Times proviene da mobile. Signori ecco a voi la strategia dell’universal publishing‘.

 

Futuro dei Periodici

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24 Siti D’Informazione Che Hanno Cambiato Il Giornalismo

Una cronologia interattiva e multimediale sui 24 siti d’informazione nativi digitali che hanno cambiato il giornalismo. Da Huffington Post a Policy Mic, da Slate.com a Project X: emergono le tendenze portate dal digitale nel mondo della stampa (Usa e non solo)

La timeline di Futuro dei Periodici s’intitola: 24 Siti che hanno cambiato il giornalismo. (Per vederla, è necessario andare al link: non è possibile “inserire” il file nei post di WordPress. La consultazione è lenta su tablet).

E’ stata realizzata da Futuro dei Periodici raccogliendo informazioni nella Rete e prendendo spunto da The State of the News Media 2014 del Journalism Project (Pew Research Center).

Timeline: 24 siti web che hanno cambiato il giornalismo

 

Vengono fuori cambiamenti e tendenze del giornalismo.

Da segnalare:

1) Il mondo del digitale ha dimensioni ancora ridotte rispetto all’industria dell’informazione. Prendiamo i fatturati pubblicitari. Il Pew Research Center stima che i quotidiani statunitensi abbiano raccolto nel 2013 ricavi pubblicitari per 25 miliardi di dollari. I siti d’informazione for profit si fermerebbero a non più di 500 milioni di dollari.

Ma la rilevanza del mondo online sta crescendo. Time Inc, la principale casa di periodici americana, fatturava nel 2012 meno di 600 milioni di dollari. Più o meno negli stessi mesi, la media company digitale Vice Media avrebbe fatturato circa 175 milioni di dollari (100 milioni Huffington Post, 10-15 milioni Mashable, 20 milioni Business Insider).

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Giornalisti Assunti Nel Digitale – Estratto da State of the News Media 2014

I posti di lavoro giornalistici si creano solo nei giornali digitali. Per il resto l’industria americana dei media ha visto un calo drammatico nel numero degli assunti full-time. Le penne della carta stanno migrando sul web. C’è posto per pochi, giovani e famosi

Il pizzico di ottimismo che si sente per la prima volta dopo anni nei media americani va tutto a merito del digitale.

Nel rapporto State of the News Media 2014, rilasciato a fine marzo dal Pew Research Center (Progetto per il Giornalismo), si disegna un quadro sfaccettato e promettente.

Il primo punto riguarda la creazione di posti a tempo pieno (in Italia potremmo tradurre, piuttosto liberamente, posti a tempo indeterminato).

Le 468 redazioni giornalistiche del web, grandi e piccole, censite nel Rapporto 2014, hanno creato in 6 anni circa 5000 posizioni per giornalisti e creatori di contenuti editoriali. Una crescita definita “esplosiva” se ci si limita agli ultimi due anni.

Le 30 redazioni più grandi hanno 3000 giornalisti, una media di 100 ciascuna. Sono redazioni di tutto rispetto.

Nelle testate minori, 438, i giornalisti assunti in ogni redazione sono in media 4,4.

Altro punto da tenere bene a mente: l’80 % dei nuovi assunti provengono da redazioni tradizionali, quelle di quotidiani, periodici, radio e televisioni.

Il dramma si concentra, infatti, in questa parte del mondo dell’informazione, di gran lunga ancora la maggiore. Negli Stati Uniti i quotidiani davano lavoro nel 2003 a 54.000 giornalisti; nel 2013 il numero è sceso a 38.000.

Tabella. Giornalisti assunti negli Usa 2003-2014 (link per la versione interattiva creata con Datawrapper).

 

Giornalisti assunti negli Usa 2003-2012

Nei periodici il taglio è stato del 26% (su una popolazione complessiva di oltre 140.000 dieci anni fa).

Ma ci sono altre tendenze che conviene esplorare nel mondo dei digital outlet, i giornali online.

Il 2013 è stato l’anno in cui si è investito in produzione di contenuti originali e di qualità, tentando di colmare un gap ed evitare di cadere nella trappola del plagio e della aggregazione di articoli pubblicati su altre testate.

L’anno scorso, inoltre, si è registrata una migrazione di firme dai giornali più prestigiosi della stampa americana verso le realtà dell’informazione digitale. A segnare un punto di svolta: non solo il digitale crea lavoro, ma sta diventando quasi più prestigioso dei media della tradizione.

 

 

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Investimenti Pubblicitari nei Giornali 2004-2013 (Grafico)

10 anni di pubblicità nei media italiani: tv, quotidiani, periodici, radio, Internet. E il drastico ridimensionamento degli investimenti nella carta stampata

Nel 2008, il momento di maggiore fortuna, i quotidiani hanno raccolto pubblicità per un miliardo 800 milioni di euro. Nel 2013 sono scesi a 898 milioni di euro. Dal 2004 al 2013 i periodici sono passati da 1 miliardo 171 milioni di euro a 528 milioni.

Ho creato alcuni grafici: fanno vedere gli ininvestimenti pubblicitari a valore (milioni di euro).

Sono stati inseriti i dati dell’istituto Nielsen.

Nella carta stampata (lo sapevamo) si è assistito a un crollo.

Anche Internet è stato pesantemente toccato dalla crisi. Ma in dieci anni la raccolta di pubblicità su questo media è cresciuta di quasi 5 volte.

Ho scelto l’arco temporale 2004-2013 perché, prima del 2004, non c’erano rilevazioni sugli investimenti pubblicitari su internet.

Tabella 1: investimenti pubblicitari sui media italiani 2004-2013 (link al grafico interattivo).

Pubblicità sui media 2004-2013

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Anche La Pubblicità Fugge All’Estero

Gli investimenti in pubblicità calano nella carta stampata anche perché i top spender spostano le risorse verso altri Paesi: quelli che garantiscono un ritorno superiore all’Italia

Uno degli articoli che più mi hanno colpito in queste settimane, per le chiavi di lettura che fornisce sulla crisi dei media, è uscito il 6 marzo sul Sole 24 Ore (pagina 37, a firma Andrea Biondi).

Si parla di pubblicità. E delle scelte fatte dai player più importanti del settore, i 10 top spender: le 10 aziende che più investono in spot e marketing in Italia, con una quota pari al 15% su un totale di 6,4 miliardi di euro.

Nelle parole degli intervistati, tra cui Roberto Binaghi, Ceo del centro media Mindshare, un’autorità nel campo, viene fuori un quadro preoccupante per tutti i media, ma soprattutto per la carta stampata.

Non solo un’interminabile crisi economica iniziata ormai 5 anni fa ha portato a un taglio negli investimenti.

Il fenomeno più preoccupante è nel cambiamento delle strategie. I 10 top spender sono esemplari, in questo. Non solo in un anno le società hanno ridotto complessivamente del 16% la spesa (contro il 12% circa del mercato). La cosa più grave, per chi vive nei media, è che gli investimenti maggiori si stanno spostando verso Paesi che garantiscono un ritorno maggiore.

Un cambiamento di lungo periodo.

Consiglio di recuperare l’articolo. I tagli maggiori riguardano gli investimenti nei quotidiani a pagamento.

Futuro dei Periodici

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Cosa Insegna Ai Giornali La Rivoluzione Digitale Nel Cinema

Un documentario racconta l’arrivo e l’affermarsi del digitale nel cinema e nella fotografia. E’ una storia che stimola confronti con quel che sta avvenendo nel mondo dei giornali. Rivelando un ritardo culturale

Leggo delle polemiche nate da un quesito nel corso di deontologia dell’Ordine dei giornalisti italiani, quesito che accredita l’idea secondo cui la cultura di Internet indebolirebbe la capacità di approfondimento del giornalismo (il quesito è stato eliminato dopo una segnalazione).

Carta contro digitale: la disputa mi ha fatto tornare in mente le discussioni che hanno accompagnato l’arrivo delle tecnologie digitali nel cinema.

Anche in quel caso era stato posto un problema di qualità, come ricorda un articolo di Talking New Media. Lo sappiamo, la fotografia su pellicola era, e rimane, superiore.

Il passaggio più interessante dell’articolo riguarda una riflessione su cosa ha reso possibile la transizione al digitale nell’industria dei film.

La storia è raccontata nel documentario Side by side di Christopher Kenneally, prodotto da Keanu Reeves (più sotto vedete il trailer). Ci sono interviste a Martin Scorsese, James Cameron, David Lynch.

L’affermarsi delle nuove tecnologie, guardate all’inizio con sospetto, è stato reso possibile da un’alleanza tra registi, produttori, distributori. Tutti insieme hanno spinto per il digitale. A velocità travolgente.

Un’alleanza che non si vede nell’editoria dei giornali.

Oggi nel mondo della stampa il digitale viene visto come un puntello per la carta stampata, roccaforte da difendere a ogni costo.

La creatività viene imbrigliata, sacrificata, ritardata.

Nel cinema, e nella fotografia, si è riconosciuto che la pellicola aveva già dato tutto quel che poteva. Era arrivato il momento del digitale.

Nel giornalismo ci si attende che quotidiani e periodici di carta possano ancora riservare sorprese?

Chi sparge la polvere dorata di ispirazione, creatività, voglia di sperimentare?

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Modello Spotify: Un Nuovo Modo Di Leggere I Giornali

Si diffonde il modello Spotify nei giornali. Per leggere le riviste in streaming online. Senza doversi abbonare alle singole testate

La società svedese Readly lancerà dal prossimo mese un nuovo prodotto per il mercato dei periodici britannici sul modello di Spotify.

Si tratta di un servizio di distribuzione di contenuti in streaming online che consente di accedere alle riviste.

Con un abbonamento all-you-can-eat da 9,99 sterline al mese, sarà possibile leggere tutte le testate settimanali e mensili che aderiscono all’iniziativa, senza limiti per quantità e tempo.

Proprio come avviene con Spotify nella musica.

Il vantaggio per gli editori è di poter ampliare la rete di distribuzione e circolazione dei propri prodotti, e questo può avvenire senza investimenti in nuove piattaforme e infrastrutture fisiche e virtuali.

Si fa “scala”.

I contenuti dei giornali saranno gli stessi di quelli offerti sull’edizione cartacea.

Il modello Spotify inizia ad avere un certo interesse per l’industria dei giornali, inclusi i quotidiani.

Se n’è occupato la scorsa settimana il consulente globale di media Ken Doctor in uno dei suoi appuntamenti per Nieman Lab.

Doctor osserva che nell’era di Internet la tendenza è quella dell’unbundling: far circolare (e in qualche caso, vendere) i contenuti smembrando i raccoglitori tradizionali. Che si tratti di giornalismo o di musica. Lo sappiamo molto bene, le canzoni, oggi, vengono comprate su iTunes singolarmente, come ai tempi dei 45 giri.

Ma stanno emergendo servizi di distribuzione in streaming dei giornali, dice Doctor, che portano in auge, in forme inattese, una forma di smart rebundling: i contenuti tornano ad essere aggregati, tenuti insieme da un filo e una logica creativa, ma in modo nuovo, coerente con le nuove esigenze dei lettori.

«Per i quotidiani e i periodici – alle prese con cambiamenti di mentalità che riguardano anche il modo di proporre l’acquisto dei prodotti e gli abbonamenti – si apre un’epoca dalle possibilità quasi infinite».

Futuro dei Periodici

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17 Lezioni Sui Giornali Pensati Per Il Tablet

Il cambiamento nei giornali. Mettendo al centro la lettura su tablet. Ecco 17 lezioni del designer Mario Garcia

Il blog di Mario Garcia è una fonte inesauribile di ispirazione. Questo giornalista che ha ridisegnato quotidiani, periodici e media in ogni parte del mondo riflette su qualsiasi aspetto della creazione giornalistica. In tempi di profondo cambiamento.

Cito un post di qualche tempo fa in cui Garcia riassume in 17 punti le sue idee (maturate fino ad allora) sulle applicazioni di news per tablet. Ciascun punto è una lezione, a partire dalla numero 1: il tablet è una piattaforma che ha cambiato il gioco per sempre, e continuerà a farlo.

Ecco alcune lezioni. Consiglio di dare un’occhiata anche all’ebook del professor Garcia sul design per iPad.

Lezione n.3: il tablet è uno strumento che deve valorizzare la sua unicità.
Lezione n.4: un’applicazione per le news non è una replica del giornale di carta.
Lezione n.5: la lettura su app deve essere sofisticatamente semplice.
Lezione n.6: pensa a soddisfare il dito del lettore, un dito curioso e impaziente. E disegna l’app di conseguenza.
Lezione n.10: il DNA della rivista deve venir fuori subito, nei primi 10 secondi. E solo attraverso la grafica.
Lezione n.14: il tablet è una piattaforma fotografica, metti le foto al centro.

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Perché Il Digitale Ti Allunga La Vita: Fenomeno Multihomers

I giornali sono in declino. Ma le testate con una presenza digitale riescono ad attrarre più pubblicità. Come spiega uno studio dell’università di Toronto. Che aiuta a capire i cambiamenti nel mondo della pubblicità e di chi la gestisce. Anche in Italia

Sono notizie che sembrano la scoperta dell’acqua calda. Se invece ci rifletti sopra, con umiltà, porti a casa un pezzetto di conoscenza. Acquisisci una chiave di lettura che ti aiuta a capire perché una concessionaria italiana di pubblicità prende anche la raccolta sulle radio, le tv. O compra riviste che altrimenti chiuderebbero.

La ricerca dell’università di Toronto Scarborough (condotta sulla stampa tedesca, con la collaborazione di docenti europei dell’università di Zurigo) spiega fino in fondo le conseguenze, per la pubblicità, di avere a che fare con lettori che si cibano di contenuti su più piattaforme: la loro “dieta mediatica” (come dicono gli esperti) include la lettura del giornale di carta, navigazione e ricerca su Internet, social media, tablet e tanto smartphone. Si chiamano “multihomers” (ma in italiano la esse del plurale va cassata, giusto?).

L’attenzione del lettore/consumatore è parcellizzata. La comunicazione delle aziende, la pubblicità, non può più avvenire solo su un canale. La carta non basta, ma neppure il digitale da solo. Bisogna seguire il potenziale cliente nei suoi spostamenti e conquistare ovunque la sua attenzione. Non c’è dunque il “passaggio al digitale”, ma siamo su un terreno misto.

Torniamo ai multihomer. Tracciarli non è facile. I giornali che ci riescono, che selezionano un pubblico di lettori con interessi molto focalizzati e omogenei, e presenti su carta ma anche sulle estensioni in radio, tv e digitale, possono vendere a un prezzo più alto gli “spazi” pubblicitari. Possiedono qualcosa di grande valore.

Per questo è importante sviluppare una presenza a tutto tondo. Non solo perché si perdono lettori e copie dei giornali.

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In Uk la Pubblicità Torna ai Livelli Pre-Crisi

La pubblicità in Gran Bretagna è tornata a livelli di prima del 2007. Quando la crisi non era ancora esplosa. Ne beneficia anche la carta stampata. Che però deve fare innovazione

Sì, in Gran Bretagna c’è il boom della pubblicità. I dati del Rapporto This Year, Next Year UK di GroupM, società che si occupa di investimenti nei media, dicono che nel 2013 la spesa dovrebbe essere del 7%, il doppio di quanto previsto a maggio.

Complessivamente, la somma spesa dovrebbe raggiungere 13,9 miliardi di sterline, superando il picco raggiunto nel 2007, prima della crisi. Ben oltre quel che si registra in altri paesi europei. Nel 2014 si prevede che gli investimenti arrivino a 14,8 miliardi: +6%. Spettacolare ma non fenomenale, è il commento di GroupM, se si considera che il prodotto interno lordo della Gran Bretagna è cresciuto del 9% dal 2008.

Il digitale pesa ormai per il 44% sugli investimenti pubblicitari nel paese. E la carta stampata? Tra crescita della tv e del digitale, i giornali lottano per ridurre le perdite temute e contenere i danni sotto il 10%: perdite in investimenti pubblicitari a una sola cifra.

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29 Giornali Che Hanno Cambiato Sede

Quotidiani che cambiano sede, che traslocano, che lasciano palazzi storici. O che danno in affitto il luogo dove si lavora. Negli Stati Uniti se ne contano 29

SUCCEDE NEGLI USA Come in un racconto di Thomas Pynchon, la realtà presenta, in contesti diversi, singolari coincidenze che lasciano disorientati. Ma c’è una ragione: i cambiamenti cui assistiamo sono universali. Un articolo uscito sul sito di Nieman Lab (legato all’università di Harvard: si pone l’obiettivo di aiutare i giornalisti a capire il loro futuro nell’epoca di Internet), scritto da una docente della School of Media and Public Affairs alla George Washington University, racconta alcune storie emblematiche.

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L’Art Director Italiano Studiato alla Columbia University

Sarà uno dei testi obbligatori ai corsi di giornalismo della Columbia University: Designing News, di Francesco Franchi, art director di Il, mensile del Sole 24 Ore. L’idea di fondo è che, nell’era digitale, «i giornali vanno ripensati, non ridisegnati». Una lettura per tutti coloro che si occupano di informazione

Mario Garcia, uno dei più famosi designer di giornali al mondo, nel suo blog ha scritto una recensione di Designing News, un libro sul design di quotidiani e siti di Francesco Franchi, il talentuoso e giovane art director di Il, il mensile del Sole 24 Ore.

Garcia sottolinea come questo volume contenga riflessioni sul futuro delle news e dei media, e come sia, pertanto, una lettura consigliata a tutti quelli che lavorano nel mondo dell’informazione. Non è un libro specialistico destinato solo a grafici e art director. Tre le sezioni dell’opera, ciascuna con un titolo promettente: Making Sense of a Digital World, Change or Die, Redesign as Rethinking.

Franchi analizza le trasformazioni in corso nel mondo del giornalismo, mostra quali sono i prodotti più innovativi (approfondisce i casi di Feuilleton, Reuters e The Guardian), riferisce dei cambiamenti nell’industria dei media, nelle aspettative dei lettori, nelle strategie degli editori.

Tutte le piattaforme su cui i giornali sono presenti vengono discusse: carta, tablet, siti web, smartphone. Il famoso media quartet, concetto caro a Mario Garcia.

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Giornalismo À La Carte – Periodici e Paywall

I siti dei periodici, a differenza dei quotidiani, non sono a pagamento (con eccezioni). Eppure la carta non basta. Si cercano modi alternativi per ricavare denaro nel digitale. Con singoli articoli in vendita, pezzi di copertina dati gratis in cambio di video pubblicitari da guardare, edizioni speciali. Perché i magazine non possono vivere solo di copie per tablet. Anche il web vuole la sua parte (smiley).

SE NASCE THE INTERNATIONAL NEW YORK TIMES Si torna a parlare con eccitazione dei siti giornalistici a pagamento. A smuovere le acque la notizia che il New York Times ha grandi progetti nel digitale. Ieri i vertici del quotidiano più famoso del pianeta hanno annunciato la chiusura della testata gemella, e di proprietà, The International Herald Tribune, fondata nel 1887 come giornale americano che parla al mondo intero. Sacrificata perché rischiava di fare ombra alla espansione globale della testata principale, quel NYT nato come giornale di New York City, diventato da non molto quotidiano nazionale. E ora lanciato nella dimensione internazionale e digitale con il nome di: The International New York Times (sulla logica del power brand, leggete qui). Attraverso la versione per tablet e un sito dove si possono leggere gratis solo un certo numero di articoli. Poi si paga.

PERIODICI SENZA PAYWALL Ma nei periodici c’è poco da far pagare. C’è poco da erigere paywall. Settimanali e mensili non hanno, per definizione, breaking news da vendere (sempre che non si tratti di testate specializzate come l’Economist). La specializzazione è riservata ad alcuni magazine, gli altri sono generalisti.

Come si possono aumentare i ricavi, visto che le edizioni per tablet e mobile faticano, per il momento, a decollare?

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«L’Huffington Post svaluta il giornalismo»? – Novità dal World Publishing Expo di Berlino

Il peso crescente del mobile nel giornalismo. I nuovi prodotti pubblicitari per rendere remunerativi i media digitali. La perdita di prestigio della carta stampata. La frustrazione di chi scrive. Le idee geniali nell’e-commerce. La fame di video degli utenti. Sono frasi, notizie, analisi, provocazioni dall’Expo di Wan Ifra

L’organizzazione degli editori di quotidiani e media tiene in questi giorni a Berlino una serie di incontri in cui i principali editori europei e del Nord America si scambiano idee, risultati, e offrono spunti per costruire il giornalismo dei prossimi anni. Ecco, nelle parole dei protagonisti, le frasi più stimolanti.

Mathias Döpfner, Ceo di Axel Springer, gigante dell’editoria tedesca ed europea.

CRITICA ALLO HUFFINGTON «Credo nel mobile come strumento essenziale per leggere le notizie. Ma c’è una divaricazione di interessi. I lettori preferiscono leggere le news sullo smartphone. Invece i pubblicitari amano il tablet, perché lo schermo più grande valorizza il messaggio pubblicitario».

L’Huffington Post che sbarca in Germania? Svaluta il giornalismo (“devalues journalism”). “Quando faranno pagare i lettori per i contenuti e daranno un compenso ai giornalisti che li scrivono, saremo in un mondo migliore». (Ma, almeno in Italia, Huffington Post non è niente male”).
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Diminuiscono in Italia i lettori di quotidiani e periodici

Meno persone leggono i periodici italiani. Un fenomeno in controtendenza rispetto agli Stati Uniti, dove invece la readership è in leggera crescita.

READERSHIP Non parliamo di copie vendute in edicola o in abbonamento, giornali di carta o copie digitali. I numeri di questo post riguardano i lettori. Coloro che sfogliano o consumano i contenuti di una testata anche senza comprarla. I dati di Audipress mettono a confronto il periodo da aprile a giugno con i primi tre mesi del 2013.

PERDE LA CARTA STAMPATA Viene fuori che i settimanali hanno perso il 3,4% dei lettori (tenendo conto delle testate chiuse nel frattempo). I mensili hanno visto scendere i lettori del 2,4%. Complessivamente i magazine hanno “smarrito” il 4,1% del proprio pubblico. I quotidiani si limitano a un -1%. Passando alle singole testate periodiche, si nota che sono quasi tutte in negativo, le pochissime eccezioni non sono rilevanti per la comprensione del fenomeno. È il punto più basso della crisi? Le copie in edicola, stando agli ultimi dati, sono invece in ripresa.

Primaonline: dati Audipress sul lettorato dei periodici.
Primaonline

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Il calo della pubblicità nei giornali italiani – Previsioni fino al 2017 di PwC

I segnali di ripresa della pubblicità in luglio riguardano tv e internet. Ma i periodici e i quotidiani continuano ad andare male. Un trend che potrebbe proseguire

UN PROBLEMA DELLA CARTA STAMPATA In luglio i periodici hanno perso a valore (quanto s’incassa) il 24,1% rispetto allo stesso mese del 2012. Come i quotidiani. Peggio fa solo il cinema. Sono numeri diffusi ieri dall’istituto Nielsen. Il dato complessivo del calo degli investimenti in pubblicità è invece “solo” del 5,4%, e da inizio anno il mercato ha perso il 16%. Le buone notizie sono limitate alla tv, che torna a vedere una crescita (1,6%) al termine di 21 mesi di risultati negativi (2 anni!). Mentre internet, dopo 4 mesi in calo, segna una crescita del 5%.

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La crisi della raccolta pubblicitaria nei media – Indagine globale di Nielsen

Che l’Europa fosse il malato dell’economia lo si sapeva. I dati sugli investimenti in pubblicità nei media conferma che la carta stampata degli editori europei è ancora nell’occhio del ciclone. Ed escono i dati sui primi sei mesi in Italia di Osservatorio Stampa Fcp: calo sulla carta stampata del 24,4%, periodici -26,1%.
L’articolo di Mediapost (riportato in link alla fine di questo post) riporta i dati dell’istituto Nielsen sul primo trimestre del 2013.
Solo nella televisione (e su Internet)  c’è una raccolta pubblicitaria in moderata crescita a livello globale: +3,5%.
Ma in Europa anche quest’area è in sofferenza e perde il 2,9%.
Nel mondo, la pubblicità è in declino sulla carta stampata, con i periodici giù del 2,8%, i quotidiani addirittura del -4,7%.
Nei periodici, la diminuzione riguarda soprattutto Europa, l’area dell’Asia sul Pacifico, l’America Latina, Medio-Oriente ed Africa.

La radio è scesa dello 0,2%. Il cinema del 5,8%.
Solo Internet, con la pubblicità display, ha una crescita, anche in Europa, dove c’è un incremento superiore al 10%.

Ma qual è il rapporto di forza tra media? La tv ha una fetta di mercato dominante, come in passato, pari al 59%. Seguono i quotidiani al 18,3%, i periodici al 9,4%, la radio al 5,5%, Internet al 4,4%, il cinema 0,3%.
Questa e’ una fotografia del pianeta. Perche’ sappiamo che in Italia, invece… (in link i dati del primo semestre 2013 sulla carta stampata).

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Le montagne russe dei settimanali – Dati di vendita maggio 2013

Provo a fare qualche minima osservazione sui dati Ads, usciti lunedì, che dicono quante copie vendono i quotidiani e i periodici italiani. I settimanali mostrano finalmente qualche segno positivo dopo molti mesi di risultati deludenti, una conferma di quanto si era iniziato a vedere in giugno. C’è movimento anche nelle copie digitali. Ma il confronto con un anno fa fotografa la gravità della crisi dell’editoria.

Naturalmente non parlerò dei quotidiani e delle 75 mila copie digitali del Sole 24 Ore, le 61 mila del Corriere della Sera, 49 mila di La Repubblica.

Mi concentro sui settimanali.

Prendiamo i dati di vendita in edicola di maggio e confrontiamoli con aprile 2013.
Ci sono alcuni interessanti segnali di risveglio. Chi vende il 5,9 % in più, Diva e Donna fa +13,9%, Donna Moderna +10%, F +26,1%, Grazia +30,1%, Oggi +5,4%.

Invece il confronto maggio 2013 con maggio 2012 fa accapponare la pelle.
Espresso perde il 70%, il Mondo il 68%, Oggi il 39%, Panorama il 57%, Di Più Tv il 56%, perfino Vanity Fair, da un decennio gallina dalle uova d’oro, cala del 39,8%: segno che non si poteva proprio fare di meglio?

Nel digitale vedo che, mese su mese, alcune testate registrano forti incrementi.

Primaonline: dati vendita maggio 2013.

Primaonline

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11 notizie su come è cambiato il giornalismo

Ho letto a fondo il Digital News Report 2013 del Reuters Institute, importante rapporto su come cambia il consumo di notizie  nell’era del digitale. Computer, smartphone, tablet e carta stampata messi a confronto in un’indagine condotta in Europa, Stati Uniti, Brasile, Giappone. Viene fuori anche una descrizione dell’Italia come Paese votato alla dimensione social della comunicazione.

Non ho chiuso bottega, come temeva un amico che mi ha scritto ieri. Anzi, approfittando di qualche giorno di maggiore tranquillità estiva ho trovato utile rileggere uno degli studi sul giornalismo più interessanti e approfonditi della prima parte del 2013. Fare la sintesi di qualcosa che un lettore non ha il tempo di andarsi a vedere: ecco un compito del giornalista che non sarà mai superato. Vale anche per un blogger a tempo perso.

Il Rapporto sulle news digitali del Reuters Insitute risponde ad alcune domande che tutti i giornalisti si fanno.

1) Quando si pensa al modo in cui consumiamo informazione, dobbiamo ricordare che esistono ancora grandi differenze tra Paese e Paese: la cultura nazionale, il reddito, la composizione sociale, le infrastrutture della comunicazione, la politica e la legislazione creano paesaggi diversissimi. Se ne deve ricordare anche un blogger quando è tentato di vedere in una tendenza locale un fatto globale.

2) La carta stampata sta morendo e sarà sostituita dalla distribuzione digitale? La fruizione delle notizie giornalistiche è sempre più multipiattaforma: non c’è il lettore di carta stampata o del digitale. E il 33% dei lettori che legge news digitali utilizza 2 device (es. computer e smartphone), altri (il 9%) ne usano tre (il tablet si aggiunge ai primi due).

3) Il tablet è una novità dirompente nel mondo del giornalismo o solo uno dei tanti strumenti per leggere notizie? Il numero di coloro che usano il tablet per cercare e leggere notizie è raddoppiato nel giro di dieci mesi in molti dei Paesi europei passati al setaccio dal Reuters Institute. In Danimarca siamo al 25% dei lettori complessivi.

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La fuga dei lettori italiani da quotidiani e periodici – Dati Audipress sul lettorato

Calano i lettori di quotidiani, settimanali, mensili. Con punte negative, nelle riviste, del 26%. Poche le eccezioni positive, nessuna nei settimanali. Il Corriere della Sera scende del 6,7%, la Repubblica del 5,8%.

Questi numeri riguardano naturalmente non le copie vendute ma i lettori complessivi, incluse le persone che non comprano il giornale perché lo trovano a casa o nei luoghi pubblici. Per questo sono dati più alti delle cosiddette diffusioni.

I dati di Audipress dicono che gli italiani in età adulta sono 51 milioni 623 mila, di cui circa 24 milioni 700 mila uomini e 26 milioni 800 mila donne.

Leggono quotidiani circa 21 milioni d’italiani, in calo, rispetto alla precedente misurazione, del 6,7%: mancano all’appello un milione 500 mila lettori.

Leggono settimanali quasi 21 milioni d’italiani, di cui 7 milioni 700 mila uomini e 13 milioni di donne. Queste riviste sono dunque prevalentemente rivolte al pubblico femminile. Le riviste con questa periodicità hanno perso un milione e mezzo di lettori, il 6,9%. Sono lettori persi in pochi mesi, perché si mettono a confronto sondaggi fatti tra settembre e dicembre 2012 con i primi tre mesi del 2013 (lo stesso vale per i mensili). Il calo maggiore riguarda il femminile A-Anna, una delle 10 testate messe in vendita da RCS Mediagroup, che cala del 19%.

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Il declino della pubblicità sui quotidiani americani: in cinque anni perso il 60%.

Guardate la tabella. Indica il declino della pubblicità sui quotidiani americani. Dal 2005 a oggi il calo è stato del 60%. Sette anni, un’altra epoca.

Newspaper and ad

Nel 2012 la raccolta pubblicitaria è calata dell’8,5%, a 18,9 miliardi di dollari. Il picco era stato raggiunto nel 2005 con 47,4 miliardi di dollari. Il bello è che nel 2012 la spesa complessiva in pubblicità negli Stati Uniti è cresciuta del 3%, a 139,5 miliardi di dollari. In altre parole, la pubblicità cresce ma la carta stampata è stata superata da altri media.

E i periodici, cui questo blog è votato? Nel 2012 sono state raccolte 150.699 pagine di pubblicità contro un totale di 243.305 pagine nel 2005. In sette anni il calo è stato del 38%.

Il Punto: il crollo di una delle due grandi voci di ricavo della carta stampata.

Media Daily News: il calo della pubblicità nella carta stampata americana.

Media_Daily_News

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Ahi ahi la pubblicità nei giornali – Confronto tra Italia, Stati Uniti e Uk

Avrete letto che la pubblicità sui giornali italiani continua ad andar male. Il fatturato pubblicitario del mezzo stampa registra un calo del -25,5%. I quotidiani segnano -25,6% a fatturato e -13,2% a spazio. I periodici registrano un calo a fatturato -24,7% e a spazio -20,6%.
I settimanali vedono un andamento negativo sia a fatturato -26,3% che a spazio -16,6%. I mensili hanno indici negativi sia a fatturato -23,5% che a spazio -25,9%. Tempo fa si diceva che la situazione rispetto a un anno fa è decisamente peggiorata.

Ma qual è la situazione all’estero?

Nei giorni scorsi Magna Global ha previsto che, negli Stati Uniti, il 2013 vedrà una crescita della pubblicità nei media dello 0.4%, mentre nel 2014 la crescita sarà del 5.9%. I media digitali saliranno dell’11.5% nel 2013 e del 12.0% nel 2014. I quotidiani caleranno del 6.8% quest’anno e del 7,7% nel 2014. I periodici scendono del 6,7% quest’anno e del 5,4% nel 2014.

E la Gran Bretagna? Guardate la tabella.

Due le possibili considerazioni. Primo: i periodici perdono pubblicità ovunque, dunque ricavi. Sono costretti a trovare un equilibrio più in basso. Secondo: la situazione italiana è resa drammatica dalla crisi economica e di sistema del nostro paese.

Prima Comunicazione: pubblicità sui giornali marzo 2013.

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L’editore tedesco che ha scoperto come superare la crisi – Primo trimestre 2013 di Axel Springer

Vorrei non fosse un post per esperti. Si snocciolano numeri ma la sostanza regala, a chi sa capire, un pizzico di emozione. Emozione per chi lavora nella carta stampata e teme di essere finito in un vicolo cieco. Invece c’è un editore tedesco di quotidiani e periodici, Axel Springer, che ha trovato la strada per cambiare, trasformarsi, adattarsi al mondo digitale. E crescere, prosperare, aprire il futuro. Forse anche a carta stampata e magazine.

Axel Springer ha presentato i conti dei primi tre mesi del 2013. Chiariamo subito che si tratta di una società più grande, per volume d’affari, di Mondadori, Rcs Mediagroup, Hearst Italia, Condé Nast Italia, Cairo Communication.

Parliamo di un editore internazionale che pubblica in tutta Europa, dalla Germania alla Repubblica Ceca, dalla Francia alla Polonia. Un gigante per dimensioni e attività. Presente da tempo nel digitale con i siti dei propri giornali, radio, tv, con applicazioni, con portali che nulla hanno a che fare con il giornalismo: siti di annunci di lavoro, case, articoli per la caccia e la pesca.

La tendenza che viene fuori in Axel è la crescita strepitosa del digitale, che ormai è la prima area aziendale per fatturati e guadagni. Ma la carta stampata non è in rosso, e anche se continua a veder decrescere i fatturati e le copie vendute, rimane ampiamente remunerativa: guadagna un sacco di soldi. C’è dunque un aggiustamento strutturale, un ridimensionamento, che però non è il cancellamento, la scomparsa. E il digitale non è un mondo alieno rispetto al giornalismo.

Ecco la parte tecnica.

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«Good Corp, Crap Corp» – Parte buona e parte “cattiva” dei giornali

Un articolo dell’Economist riflette sul fenomeno delle media company, quelle con giornali, tv, cinema, che decidono di scorporare la carta stampata dalle altre attività. Isolandola, concentrandola, ipotizzando di venderla, tentando di rilanciarla.

Prima di dire cosa scrive l’Economist, vorrei riprendere un passaggio. Quello che riporta un pensiero fatto dagli analisti di Borsa quando si scorporano i giornali. Pensano che si formino due società:

(…) impending spin-offs of News Corp’s newspapers and Time Warner’s magazines have made journalists gloomy. The scribblers fret that they are being consigned to dead-end companies—a fear hardly soothed by analysts who refer in private to “Good Corp” (new media) and “Crap Corp” (print).

(…) gli spin-off dei quotidiani di News Corp’s e dei periodici di Time hanno depresso i giornalisti. Gli scribacchini temono di entrare in compagnie moribonde, per niente confortati in questo da analisti che, in privato, parlano di “Good Corp” (società buona: i New media digitali) e “Crap Corp” (società di cac..: la stampa).

Si tiene il cash, si butta il trash.

Ma l’articolo non è negativo. Anzi. Si racconta di come in altri ambiti la scissione dei business abbia fatto bene alle attività un tempo aggregate. Si racconta la storia di ITT, uno dei maggiori conglomerati al mondo, presente in aree diversissime, dal noleggio d’auto (Avis) alle banche (Wonder Bread) agli hotel (Sheraton). Di come la separazione abbia giovato a tutte le divisioni, con una maggiore valorizzazione del management, nuovi brand, più chiarezza nelle strategie. Anche la Borsa ha apprezzato, perché le attività sono più focalizzate.

Il Punto: come cambiano i grandi editori.

The Economist: l’arte dello spin-off.

.economist

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Quanto vendono i quotidiani americani – I dati al 31 marzo 2013

La diffusione media dei quotidiani statunitensi è diminuita su base annua dello 0,7%. Ma in questi numeri vengono spesso conteggiate le copie digitali date gratuitamente con l’abbonamento al giornale di carta. Gli abbonamenti solo digitali, invece, equivalgono al 19,3% delle diffusioni complessive, in crescita del 14,2%. Sono i dati rilasciati ieri dalla Alliance for Audited Media, l’Ads americana.

Primo quotidiano degli Usa si conferma il Wall Strett Journal con 2,4 milioni di copie, su del 12% rispetto al 31 marzo 2012.

Al secondo posto sale il New York Times, che vende 1,9 milioni di copie, in crescita del 18%. Il giornale ha le diffusioni digitali più alte con 1,1 milioni di copie.

Scivola al terzo posto il quotidiano di Gannett Co., lo Usa Today, che ha perso in un anno il 7,9% dei lettori e si ferma a 1,7 milioni di copie al giorno.

Qualche giorno fa erano usciti i conti del primo trimestre.

Wall Street Journal: quanto vendono i quotidiani Usa.

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Con il digitale un quotidiano ha conquistato un paese straniero: gli Stati Uniti

L’articolo di Business Insider riporta questi dati: il sito del quotidiano britannico Daily Mail, noto per le sue gallery e titoli sulle attrici in topless, ha 50 milioni di visitatori unici al mese, di cui 19,3 milioni negli Stati Uniti. Quindi il sito del Daily Mail è il terzo più visitato negli Usa dopo i siti, molto americani, del New York Times e Washington Post.

Fortunati i paesi di lingua inglese. Con il digitale cadono le barriere tra gli stati, l’oceano non è una distanza, e testate come Daily Mail ed Economist hanno trovato nuovi mercati in cui crescere. È la loro età dell’oro.

Il Punto: come il digitale cambia la geopolitica dei brand giornalistici.

Business Insider: il Daily Mail è il terzo sito di news negli Usa.

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L’uomo che vuole tagliare la pubblicità sulla carta stampata

Sir Martin Sorrell è una persona piuttosto influente: capo esecutivo (Ceo, in gergo) di WPP, una delle tre maggiori società di pubblicità e pubbliche relazioni a livello mondiale, quando parla gli altri ascoltano con attenzione. E magari si adeguano.

Il Guardian riporta alcune affermazioni del capo di WPP fatte mercoledì 24 aprile a FT Digital Media Conference di Londra.

Sorrell dice che gli investitori pubblicitari dovrebbero prendere seriamente in considerazione l’idea di tagliare gli investimenti nella carta stampata. E ha accusato Google, Facebook e Twitter di essere degli editori, delle media company, mascherate da società di tecnologia.

Considerazione di Sorrell n.1. C’è una grande discrepanza tra le somme investite in quotidiani e periodici e il tempo che la gente spende su questi media. Troppi investimenti in rapporto al tempo.

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Scrivi in modo personale, giornalista! (E addio allo stile british)

Al quotidiano USA Today, uno dei pochi giornali americani che coprono tutti gli Stati Uniti e si proiettano sul mondo, è arrivata ai redattori l’indicazione di scrivere i loro articoli con uno stile più personale e incisivo. Niente più distacco dai fatti, resoconto freddo. I lettori hanno bisogno di sentire la voce di una persona in carne e ossa che riferisca le notizie. A costo di sembrare meno obiettivi. Di sicuro meno oggettivi.
Ecco cosa è stato detto ai redattori dal presidente di Usa Today, Larry Kramer, secondo quanto riporta il sito di Wan Ifra, l’associazione mondiale degli editori di news e quotidiani.

“You know, for 30 years you’ve been told to write the same way”. “We really want you to have a unique stand on how you write”.
“Per 30 anni vi abbiamo detto di scrivere tutti allo stesso modo. Ora vi chiediamo di avere una voce originale, personale, nella scrittura”.

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Il problema della pubblicità sulla carta stampata

Leggo un post de ilGiornalaio che riguarda gli investimenti pubblicitari sulla carta stampata secondo il rapporto Global Adview Pulse di Nielsen. Il blog è uno dei migliori sul giornalismo.

Nonostante il calo, gli investimenti sulla carta stampata continuano ad attirare oltre un quarto della spesa complessiva con buona pace per i sostenitori della morte della carta. Amen!

Ma la messa non è finita.

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Dimmi dove va la pubblicità dei giornali

Va sempre più verso la televisione.

Il Global AdView Plus Report di Nielsen conferma il declino della raccolta pubblicitaria sula carta stampata, sia nei quotidiani sia nei periodici, calati rispettivamente, a livello globale, dell’1,6 per cento e dello 0,2 per cento. Anche se, si legge, rimangono pur sempre il secondo e terzo settore per gli investimenti in pubblicità, con, rispettivamente, una quota del 20 per cento e una dell’8 per cento.
In Italia è confermato un calo della raccolta sui periodici del 21,6 per cento.

Internet è cresciuto del 10 per cento (nello stesso periodo).

Ma nell’era digitale regina incontrastata della pubblicità rimane la tv, che ha una quota del mercato pari al 63 per cento. Confermando, dunque, di essere considerata il mezzo di gran lunga più efficiente e di maggiore impatto sul pubblico.

The Drum: dove va la pubblicità.

Futuro dei Periodici

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Esce importante studio sui giornali e media americani nel 2013

Qual è lo stato del giornalismo americano? Periodici, quotidiani, siti web, sviluppo digitale, radio, televisione. Lunedí 18 marzo l’autorevole Pew Research Center rilascerà un importante rapporto, messo a punto dal Project for Excellence in Journalism, intitolato State of The News Media 2013, relativo a quel che è accaduto nell’anno passato.

Qualcuno di voi sa di certo di cosa si tratta: è più completo e approfondito studio sui media degli Stati Uniti. In questo post trovate il link dove scaricare, da una certa ora di domani, il nuovo Rapporto. Ho inserito il link allo studio uscito un anno fa, riguardante il 2011.

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Provocazioni/ I quotidiani a lezione di scrittura dai blog e dai periodici

Bisogna cambiare e rinfrescare il modo di scrivere gli articoli dei nostri giornali se non si vuole apparire vecchi e superati nell’era digitale.

L’esempio potrebbe venire dai blog e dai periodici, per inaugurare una stagione che si ispiri al movimento del New Journalism degli anni Sessanta e Settanta, quello predicato dallo scrittore americano Tom Wolfe (autore del Falò delle vanità).
Ne parla il sito Lsdi (Libertà di stampa, diritto d’informazione) che ha tradotto articolo di Frederic Filloux pubblicato, tra gli altri, da The Guardian: potete leggere qui oppure qui, in originale. Riporto una sintesi della traduzione di Lsdi. Interessante soprattutto il passaggio sui periodici. Naturalmente l’autore (Filloux) ha in mente il giornalismo anglosassone quello, lo sappiamo, ossessionato dall’andamento oggettivo del racconto, dalla secchezza da agenzia stampa delle frasi, dalle citazioni esatte e un po’ noiose (non parlo del Sun, naturalmente). Da un punto di vista italiano, abituati come siamo al giornalismo narrato di La Repubblica, la lezione anglosassone conserva un certo fascino.

The Need for a Digital “New Journalism”
di Frederic Filloux

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Previsioni per i quotidiani europei nel 2013

Riporto un’intervista fatta da Wan Ifrra, l’associazione mondiale degli editori di quotidiani, sulle prospettive per i quotidiani europei nel 2013.

L’articolo fa parte di una serie che riguarda tutti i continenti.

In sintesi: per i quotidiani europei si prevede che il calo della raccolta pubblicitaria non sarà compensata, né quest’anno né negli anni a seguire, dalla crescita delle copie digitali vendute. Pertanto, in attesa di una stabilizzazione, altri giornali chiuderanno i battenti, dopo la moria del 2012.

Solo i settimanali con contenuti di particolare pregio potranno reggere al colpo.

Si prevede che in futuro la trasformazione del settore permetterà la sopravvivenza di soli due gruppi di interpreti: i principali quotidiani, i cosiddetti powerbrand; e i giornali piccoli, specializzati, flessibili.

Ma il problema dei fatturati svuotati rimane. Per gli editori non c’è che da cercare altre fonti di ricavo, e si fanno esempi che riguardano gli eventi, il marketing, merchandising, contenuti aggiuntivi.

Buona lettura.

Wan Ifra: prospettive per i quotidiani europei nel 2013

Druck

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Periodici, il calo della pubblicità e delle copie vendute

Non è il dato finale dell’anno, ma quasi ci siamo. Ieri l’Osservatorio stampa delle Concessionarie di pubblicita’ (Fcp) ha disegnato il quadro della raccolta pubblicitaria sulla carta stampata nei primi 11 mesi del 2012. Complessivamente il calo è del 17 % a fatturato. I periodici, però, vanno meno bene della media. Complessivamente perdono 17,2% a fatturato e il 13,2% come spazio (le pagine di pubblicità). Con questa differenziazione. I settimanali vanno peggio, con fatturato a -19,9% e spazio a -12%. I mensili fanno -14,1% a fatturato e -15% a spazio. Nel complesso, i quotidiani riportano meno danni della media, i quotidiani gratuiti sono crollati, i periodici si trovano nel mezzo.

Sono dati da affiancare a quelli delle copie vendute e degli abbonamenti, usciti qualche giorno fa su Prima comunicazione online. Anche di questo lascio il link.

Borsa italiana: male la pubblicità nella stampa

Prima Comunicazione: vendite giornali Ads

 

 

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Scenari 5/ Crescita lenta dei periodici nel digitale

Gli editori americani si interrogano su come fare profitti con il digitale e fanno previsioni: il 20 per cento crede che entro il 2014 riceverà da siti web, applicazioni per smartphone e contenuti per tablet ricavi pari al 25 % del fatturato pubblicitario complessivo della compagnia.

I dati sono tratti dal Digital Publishing Survey 2012 di The Alliance for Audited Media (Aam), l’organizzazione che si occupa di certificare le copie di giornali vendute negli Stati Uniti. Si viene a scoprire che:

1) La maggior parte degli editori americani offre contenuti per tablet e smartphone. Ma non sempre si chiede all’utente di pagare per questi prodotti.

Il 56 per cento degli editori fa pagare per i contenuti specificamente studiati per iPad, il 42 per cento per iPhone, il 38 per cento per i contenuti per il Kindle… (nel Rapporto trovate i dati completi).

2) Naturalmente i contenuti a pagamento non possono essere l’unica fonte di guadagno. Perché sul digitale vi sia un modello di business, confermano gli editori sentiti per questo studio, le fonti di ricavo devono essere due: contenuti e pubblicità.

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Scenari 4/ I quotidiani hanno siti a pagamento, i periodici no

Gli editori americani hanno deciso di far pagare per i contenuti gionalistici digitali: il 2012 è stato l’anno del paywall.

Non c’è solo il caso, ormai da storia del giornalismo, del New York Times: moltissimi quotidiani hanno adottato nel 2012 il paywall. Lo dice il Digital Publishing Survey 2012 di Aam, l’organizzazione che fornisce dati certificati sugli editori di quotidiani e periodici americani. Si mette fine all’epoca in cui i contenuti giornalistici venivano offerti gratuitamente ai lettori. Un errore, per molti, perché si sono abituati gli utenti a considerare le notizie alla pari di commodities, servizi per cui è giusto non pagare. Sta emergendo dunque un sistema di prezzi per il digitale, tagliato sulle nuove modalità di distribuzione dei contenuti.

Passando ai numeri, il 48 per cento dei quotidiani ha adottato un paywall e fa pagare. Tra gli editori che non lo fanno ancora, il 44 per cento conta di adottare un paywall nei prossimi due anni.

Solo una piccola parte dei periodici (il 22 per cento) ha il paywall sul sito: i periodici devono puntare sulle app?

Far pagare per i contenuti stabilizza il numero di copie vendute dei giornali. Dare i contenuti gratuitamente taglia le gambe a qualsiasi modello di business. Queste alcune conclusioni del Rapporto.

Gli editori americani adottano il paywall

Leggete il rapporto completo in inglese di Aam nel link qui sotto oppure guardate la serie di post che ho dedicato al 2012 Digital Publishing Survey.

AAM: 2012 Digital Publishing Survey

AAM 2012 Digital Publishing Survey

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Scenari 3/ Differenze tra periodici e quotidiani nel digitale

In questo studio seminale di Aam (l’organizzazione che certifica quanto vendono i giornali negli Stati Uniti),  Digital Publishing Survey 2012, emergono differenze tra quotidiani e periodici nella transizione al digitale.

Anche se il mercato sta diventando più maturo, gli editori di giornali continuano a sperimentare, procedono per tentativo ed errore sulla strada verso il digitale. Cercano quel che meglio risponde alle loro esigenze. C’è una differenza tra chi predilige le applicazioni (le famose app che tutti noi scarichiamo con gli smartphone) native, specificamente pensate per fornire contenuti giornalistici su un certo device mobile (iPhone, iPad, altri tablet) e le applicazioni per web, che possono distribuire gli stessi contenuti su più device.

Qui emerge una differenza tra quotidiani e periodici che val la pena di sottolineare, mi sembra gravida di conseguenze, anche se non sono ancora in grado di valutarla nella sua pienezza.

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The Guardian taglia costi, giornalisti e spera nel tablet

The Guardian, quotiano britannico di grande successo sul web ma contrario finora alla politica dei contenuti a pagamento, affronta con taglio dei costi e di 68 giornalisti il problema ormai cronico delle perdite in bilancio. La speranza? Il boom dei tablet nel 2013.

Le perdite di Guardian ammontavano qualche tempo fa a 44,2 milioni di sterline, con la revisione dei costi si pensa di recuperare almeno 7 milioni. Al tempo stesso è necessario investire, dicono gli analisti sentiti in questo articolo pubblicato dallo stesso The Guardian.

In Gran Bretagna si prevede un calo nel mercato dei magazine del 7% e non c’è crescita dal 2005. In dieci anni i top 100 tra i periodici inglesi sono crollati nelle diffusioni del 31%, da 31 milioni di copie a 21 milioni. Anche i magazine devono sviluppare il digitale, al pari dei quotidiani.

Come? I tablet possono essere la chiave, ma bisogna capire come far soldi con questi device mobili. Così dicono gli analisti ed esperti di media sentiti nell’articolo riportato qui sotto in link. Buona lettura.

The Guardian: tagli ai costi e speranze nel tablet

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Sui periodici la pubblicità rende di più

Fare pubblicità sui periodici conviene. Il ritorno economico per le aziende, rispetto all’investimento, è superiore a tv, internet e quotidiani.

Lo dice una ricerca di Mindshare UK per conto della Professional Publishers Association, riguardante 77 investitori che hanno speso oltre 6 milioni di sterline in pubblicità.

I magazine garantiscono un ROI (ritorno economico in rapporto al capitale investito) superiore a qualsiasi altro canale di comunicazione, giornalistico e non.

Ne ho parlato alcuni giorni fa in un post sull’utilità dei periodici.

So di espormi alle critiche dei colleghi. «Ma perché non pensi ai lettori, alla qualità dell’offerta giornalistica, al tuo lavoro? Non alla pubblicità, agli inserzionisti».

Ma la sopravvivenza dei periodici dipende soprattutto dalla capacità di attrarre pubblicità. Se essa venisse meno, dovremmo vivere di copie vendute. Non lo facciamo da tempo. Forse non l’abbiamo fatto mai.

Con il passaggio al digitale c’è poi una nuova difficoltà: nel web (contenuti raggiungibili da siti, tablet, smartphone, app) la pubblicità non va a chi fa informazione ma a concorrenti che non hanno contenuti giornalistici  (su tutti, Google). E’ un limite che rischia di portare all’estinzione di moltissime testate. Scoprire che la pubblicità sui magazine rimane molto efficace è motivo di speranza per chi lavora in questo ramo dell’editoria.

 

M’interessa perché: 1) spiega qual è la specificità dei periodici rispetto alla pubblicità; 2) dà una speranza ai periodici.

Chi lo dice: «minonline is the definitive career resource for the publishing community, serving job seekers and employers in all media (magazines, etc).

minonline: fare pubblicità sui periodici conviene

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Ricerca negli Usa/ Perché i periodici sono ancora necessari

Dicono che alla gente i settimanali e i mensili non interessano più. Dicono che la pubblicità se ne va su altri media, da internet alle televisioni digitali. E non lo sapete che i ragazzi, come mio figlio di 16 anni, non leggono più i giornali? Mentre i newsmagazine sono formule informative morte e defunte.

C’è del vero in tutto questo, come il mio blog ha chiarito (innanzitutto a me stesso) attraverso 100 e più post con notizie, studi, commenti sulla crisi della carta stampata.

Ma quando alle considerazioni delle persone preparate si somma il coro di quelli che la sanno sempre più lunga (ma non sanno niente e sono solo dei pappagalli), pronti a bastonare il corpo caduto a terra, viene voglia di reagire. Non si lincia chi è in difficoltà. E state attenti alla reazione fiera di qualcuno che ha dato molto.

Veniamo al dunque. I magazine possiedono ancora una forza di attrazione per i lettori e per i pubblicitari. La natura di questo medium è unica e non ancora eguagliata dal nuovo che avanza.

Lo ricorda e spiega uno studio pubblicato nella prima parte del 2012 dall’Association of Magazine Media (Mpa), associazione degli editori di periodici statunitensi (175 editori, 900 pubblicazioni): Magazine Media 2012/2013. C’è una componente autopromozionale nei dati e nei commenti che sto per riportare. Ma aiutano a capire che i periodici sono un prodotto che conserva caratteristiche utili a molti. Sia i giornali di carta sia i “pidieffoni” (le copie in pdf dei giornali scaricabili online) sia le versioni digitali più o meno originali.

Perché i magazine sono efficaci?

Perché il lettore spende in media 41 minuti su ciascun numero di una rivista: strabiliante. I contenuti e la pubblicità vengono “assorbiti” più in profondità che su altri mezzi.

I consumatori si fidano dei periodici e la pubblicità pubblicata su questi giornali è ritenuta più credibile di quella televisiva, radiofonica o di internet.

I magazine sono un medium universale: il 92% degli americani legge periodici, inclusi i millennials, i giovani nati negli anni Novanta o subito dopo.

Legge periodici il 92% degli adulti.

Legge periodici il 95% degli under 35.

E, udite udite, legge periodici il 96% dei giovani sotto i 25 anni. LEGGE PERIODICI.

L’età media dei lettori di periodici è vicina all’età media degli americani (45.8 anni).

Utenti di Internet: 41,4 anni.

Radio: 44,4 anni.

Periodici: 44,8 anni.

Televisione: 46,6 anni.

Quotidiani: 48,2 anni.

Ancora sui giovani. Sono coloro che consumano con maggior frequenza i periodi.

Ai pubblicitari interesserà sapere che (ma lo sanno già, anche se fanno finta di no, in questo periodo in cui si possono pretendere sconti incredibili sulle tariffe):

i 25 periodici più letti e diffusi degli Usa raggiungono più adulti e teenager della televisione; quando esce un numero del giornale, il numero di lettori che lo sfoglia continua a crescere per molti giorni (l’esperienza di lettura, e la ricezione della pubblicità, non si ferma nei primi giorni ma va avanti per almeno 10 giorni, e il messaggio produce effetti su un arco di tempo lungo); i lettori non vanno mai in vacanza e il numero rimane nei 12 mesi più costante che per la televisione, la radio, internet (i cali stagionali sono contenuti).

M’interessa perché: 1) i periodici conservano una ragione d’essere; 2) facile sparare su chi sta male, ma tante presunte verità sui periodici, entrate nei discorsi di tutti i giorni, sono forse luoghi comuni.

Il punto: capire se i periodici sopravviveranno, e conserveranno un interesse e un’utilità, dopo la crisi economica e con la transizione al digitale.

Mpa: factbook 2012/2013

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Ue, 10 fatti sull’industria dei media

Dalla Conferenza internazionale della Commissione Europea sull’industria dei media, tenutasi il 25 ottobre 2012.

Sono stati presentati ricerche e dati preziosi.

Mi limito a riportare il documento «10 facts about media and content industries», «10 Fatti sull’industria dei media».

Traduco alcuni punti in italiano, trovate l’elenco completo in inglese nel link.

1.Internet è diventato il secondo canale di diffusione di notizie e informazione dopo la tv.

Le copie cartacee vendute in edicola o con abbonamento rimangono la principale fonte di ricavi per gli editori di quotidiani. Nonostante la pubblicità digitale stia crescendo, essa ammonta per ora a solo il 7 per cento dei ricavi complessivi (2010).

2) L’editoria europea è la più grande del mondo e conta un numero di 83 mila 472 tra società e aziende. Il sotto-segmento più ampio è quello degli editori di libri (31 mila e rotti, 38,1 %) seguito dai periodici (quasi 19 mila editori, 22,7 %). Gli editori di quotidiani sono il settore più piccolo, con solo 9 mila società, meno dell’11 % sul totale.

3) Il generale declino nella vendita di giornali stampati NON coincide con la digitalizzazione. Nella maggior parte dei casi esso è iniziato prima, a causa di un cambiamento nei modelli di consumo e può anche essere il risultato di un mercato più competitivo con ridotti margini di profitto e discesa dei prezzi.

4) Mentre la spesa complessiva tra il 1997 e il 2012 in pubblicità ha mostrato un incremento medio del 37%, quella dei quotidiani ha registrato un saldo negativo medio del -7,8%.

Significa che il settore dei quotidiani sta assistendo a un declino più strutturale e serio nei ricavi pubblicitari, mentre il declino per la tv e il calo che perfino su internet si è registrato in questi ultimi mesi sono probabilmente e per la maggior parte dovuti al taglio dei budget pubblicitari per la crisi economica. Non a un calo dell’audience o a uno spostamento degli investimenti su altri media.

5) Nel settore dei media e dei contenuti per i media il potere è passato dalla produzione alla distribuzione.

Considerazione finale: la società si sta muovendo verso un “mondo a cinque schermi”. Tv, Pc, console per videogame, smartphone, tablet. Il mobile (smartphone e tablet) è diventato un canale rilevante per la distribuzione di giochi, notizie, musica ed è una delle piattaforme che crescono più rapidamente nella distribuzione di questi contenuti e nel fornire servizi.

Unione Europea: 10 fatti sull’industria dei media

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Con il tablet si leggono più magazine

Uno studio americano rivela che 2 proprietari di tablet su 5, negli Usa, leggono quotidiani o magazine sui loro device. Uno su 10 legge una pubblicazione al giorno.

I periodici hanno un indice di lettura ancor superiore, con il 39,6 per cento dei proprietari di tablet che legge periodici ogni mese.

«I tablet stanno ridefinendo il modo in cui la gente consuma informazione e notizie, e spingono a leggere di più e per un tempo più lungo rispetto a pc e smartphone».

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