Archivio mensile:agosto 2013

Anche in Australia aumenta il numero dei lettori di periodici – Diffusioni nel primo semestre 2013

In Australia, come negli Stati Uniti, il calo delle copie vendute dei periodici corrisponde a un lieve, ma inatteso, incremento del numero complessivo di lettori. Un goffo tentativo di mascherare le cattive notizie?

MENO COPIE VENDUTE. Riporto i dati sul primo semestre del 2013 delle riviste vendute in Australia. Nel link (a fine post) potete vedere il risultato testata per testata. Mi limito a riferire che le diffusioni sono complessivamente in calo del 6,23%. Male, molto male, come negli Usa, come in tutto il mondo (l’Italia non è un’anomalia). Mentre la readership, il numero dei lettori, è salita del 2,4%. Più gente legge i giornali.

Anche gli editori americani, a fronte di un calo dell’8% in edicola e del’1% complessivo delle copie vendute (se si considerano gli abbonamenti) hanno constatato che c’è stata una crescita del lettorato nella prima metà del 2013.

ALCUNE RIVISTE CONSERVANO I LETTORI. Premio di consolazione? Come negarlo. Ma è anche un modo diverso di misurare la rilevanza dei giornali (certo non la tenuta dei loro conti). E così trovo non inutile questa considerazione di Nick Chan, boss di Pacific Magazines (il maggiore gruppo editoriale del Paese insieme a Bauer Media, società tedesca, “sbarcata” un anno fa sul mercato australiano):

«Forse la gente non può permettersi di comprare i giornali ma ha ancora voglia di leggerli. In tempi difficili per l’economica, può essere che ci sia un maggiore passamano delle riviste. La readership è ancora la prima cosa da guardare quando un editore vuole comprare un giornale».

BASI PER RIPARTIRE. Perché avere rilevanza, visibilità, seguito è la base per ripartire dopo la crisi. Per raccogliere più pubblicità, quando sarà passata la tempesta. E crescere nel digitale.

Adnews: cresce la readership dei periodici australiani.

adnews-logo

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Quali giornalisti assume e quali licenzia nel web un editore americano

Più notizie, aggiornate di minuto in minuto, commentate da firme conosciute dai lettori: i licenziamenti e le assunzioni di giornaliste nei siti di due importanti mensili di lifestyle americani, Comopolitan ed Elle (Hearst), offrono uno spunto per riflettere sulle logiche che devono guidare lo sviluppo digitale dei periodici.

HEARST CAMBIA I GIORNALISTI DEL WEB. La scorsa settimana l’editore Hearst Usa ha licenziato due giornaliste di primo piano dei siti Cosmopolitan ed Elle. Contemporaneamente ha annunciato l’arrivo di chi dovrà sostituirle (un’ex giornalista di BuzzFeed e il direttore editoriale di Fashionista.com).
Troy Young, presidente del digitale di Hearst, nominato solo tre mesi fa, ha in mente una ridefinizione dei contenuti e della linea dei due siti.

Le sue parole possono essere uno stimolo anche per i giornali italiani.

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Migliorano le vendite dei settimanali – Dati Ads giugno 2013

Più copie vendute in edicola per le riviste settimanali italiane. Sembra prendere consistenza un’inversione di tendenza. Bisogna ora attendere l’autunno per vedere se si tratta di un fenomeno legato al periodo di vacanza estivo.

Prima Comunicazione ha pubblicato i dati Ads sulle diffusioni di quotidiani, settimanali e mensili nel giugno 2013. Molti settimanali mostrano un segno positivo nelle vendite in edicola. Viene confermata una tendenza emersa due mesi fa, che ora si allarga a numerose testate. A una rapida analisi, le riviste con le performance migliori, vicine o superiori al 20%, sono Gioia (ha fatto un restyling in maggio), Motosprint, Novella 2000 (testata ceduta a fine giugno da Rcs), Settimanale Nuovo. Vanno bene anche Diva e Donna, Donna Moderna, Gente, Grazia, Di Più.

Ma il nuovo modo di rilevare i dati Ads, mese su mese, apparso di recente, presenta spesso oscillazioni rilevanti nel breve periodo, legate a promozioni, rilanci, periodi di vacanza e ferie dei lettori (che incoraggano la lettura delle testate più orientate allo svago). Pertanto è necessario attendere le prossime rilevazioni per verificare se davvero gli accenni di ripresa nelle vendite segnalano il superamento della crisi.

Primaonline: diffusioni periodici nel giugno 2013.

Primaonline

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Perché gli inglesi leggono meno riviste – Diffusioni primo semestre 2013

Calano ancora, anche in Gran Bretagna, le diffusioni dei periodici nei primi sei mesi del 2013. E a soffrire sono soprattutto i settimanali femminili di gossip, quelli di fascia più popolare. Ma alcune riviste conservano diffusioni di tutto riguardo. Nonostante il cambiamento delle abitudini dei lettori dovuto all’arrivo dei social media.

L’Abc, società degli editori che fornisce i dati di vendita, divide i risultati per settore. I periodici di lifestyle maschile, come GQ e Men’s Health, calano del 3,2% (perse 60 mila copie); le riviste di lifestyle femminile, da Vanity Fair a Vogue, scendono dell’1,4% (perse 80 mila copie); i settimanali femminili, tra cui Closer, Ok!, Hello!, Star, hanno un’emorragia del 12,7% (780 mila copie in meno); l’home interest ha una flessione dell’1,7%.
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Meno copie vendute, più lettori – Le diffusioni dei periodici negli Usa (primo semestre 2013)

Continua la caduta delle copie delle riviste vendute in edicola, tengono gli abbonamenti ma, paradossalmente, cresce l’audience: sommando edizioni cartacee, digitali e attività social, aumenta la base dei lettori dei periodici.

 

Mi ha colpito il modo in cui l’associazione degli editori americani di periodici (Mpa) ha commentato i dati sulle vendite delle riviste Usa nella prima metà del 2013.
BRUSCO CALO IN EDICOLA. La rilevazione sulle copie registrate vendute, fornita dalla Alliance for Audited Media (AAM), registra un calo delle copie vendute in edicola dell’8,2%. Ma tengono le copie in abbonamento. Così il calo complessivo è stato solo dell’1%. Se ne ricava, quindi, che le vendite in edicola sono solo il 10% del totale. E sono queste il vero indicatore dello stato di salute dei giornali. Perché vengono pagate a prezzo intero, e non fortemente scontato, “stracciato”, come gli abbonamenti. E perché vengono prese come punto di riferimento dai pubblicitari, nello stabilire gli investimenti.
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Se il digitale inizia a (ri)pagare – Lo scenario dei media secondo l’Economist

Da più parti ripreso l’articolo dell’Economist «Counting the Change», «Misurando il cambiamento».

Descrive le trasformazioni subite dai media e dall’industria dell’intrattenimento nel passaggio al digitale. Riguarda i giornali, i libri, il cinema, la musica, la televisione.

Aiuta a comprendere che i cambiamenti della stampa s’inseriscono in un quadro più grande. E avere presente il contesto serve, come sempre, a dare un senso alle cose. A non smarrirci. A non subire a occhi chiusi gli eventi e, dunque, ad avere meno paura.

L’articolo è un fermo immagine, perché la trasformazione è così radicale che è difficile dire quale direzione, velocità, impeto prenderà anche solo tra pochi mesi.

Mi sembra un buon riferimento per la seconda metà del 2013. E il settimanale economico-finanziario britannico pone la questione che, giudicando dal mio piccolo punto di vista, può guidarmi negli avvenimenti, notizie, problemi dei prossimi mesi.

Ma per creare la cornice bisogna lavorare per sottrazione. Dobbiamo ridurre, sfrondare, eliminare, fare a meno di tanti, troppi numeri, dati, termini tecnici, gergo economico, manageriale, da esperti. (Esperti che in questo blog non sono presenti, non scrivono, non intervengono).

Dunque l’Economist prova a dirci dove siamo arrivati.

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Il modello del New York Times, i periodici, i media

Tre pennellate nell’acquerello di come cambiano periodici e media.

Riprendo tre passaggi di un intervento di Ken Doctor, consulente americano che si occupa dei media, uscito su Nieman Journalism Lab, sito che per me e’ un punto di riferimento sui cambiamenti nel giornalismo (e’ un laboratorio legato alla universita’ di Harvard).

Parliamo di periodici e media, ma Ken Doctor analizza i risultati semestrali del New York Times, i ricavi, le novita’ in quella che e’ una delle testate che reggono la fiaccola del passaggio progressivo al digitale. Modello di business cercasi, come dicono gli esperti; e il Times ci sta provando, a trovare un modo per tenere in piedi il giornalismo.

Torniamo a noi.

Prima pennellata. Il New York Times cerca nuovi modi per fare ricavi stabilendo alleanze con societa’ che forniscono contenuti, thid-party, come si dice in gergo. Contenuti che non vengono prodotti dalla redazione ma comprati gia’ confezionati allo scopo di arricchire l’offerta digitale e del sito. Non e’ crescita organica. Per cui il Corriere della Sera o una rivista italiana non fa tutto in casa: compra all’esterno, stringe alleanze. Un futuro promettente per service e produzioni video. O intese tra gruppi editoriali della carta e gruppi televisivi: pronto?! In Italia ci sono per caso editori che possiedono giornali e tv, o che hanno appena fatto acquisti in tal senso?

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La crisi della raccolta pubblicitaria nei media – Indagine globale di Nielsen

Che l’Europa fosse il malato dell’economia lo si sapeva. I dati sugli investimenti in pubblicità nei media conferma che la carta stampata degli editori europei è ancora nell’occhio del ciclone. Ed escono i dati sui primi sei mesi in Italia di Osservatorio Stampa Fcp: calo sulla carta stampata del 24,4%, periodici -26,1%.
L’articolo di Mediapost (riportato in link alla fine di questo post) riporta i dati dell’istituto Nielsen sul primo trimestre del 2013.
Solo nella televisione (e su Internet)  c’è una raccolta pubblicitaria in moderata crescita a livello globale: +3,5%.
Ma in Europa anche quest’area è in sofferenza e perde il 2,9%.
Nel mondo, la pubblicità è in declino sulla carta stampata, con i periodici giù del 2,8%, i quotidiani addirittura del -4,7%.
Nei periodici, la diminuzione riguarda soprattutto Europa, l’area dell’Asia sul Pacifico, l’America Latina, Medio-Oriente ed Africa.

La radio è scesa dello 0,2%. Il cinema del 5,8%.
Solo Internet, con la pubblicità display, ha una crescita, anche in Europa, dove c’è un incremento superiore al 10%.

Ma qual è il rapporto di forza tra media? La tv ha una fetta di mercato dominante, come in passato, pari al 59%. Seguono i quotidiani al 18,3%, i periodici al 9,4%, la radio al 5,5%, Internet al 4,4%, il cinema 0,3%.
Questa e’ una fotografia del pianeta. Perche’ sappiamo che in Italia, invece… (in link i dati del primo semestre 2013 sulla carta stampata).

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I conti degli editori di periodici – Fotografia di un mondo che cambia. Rapidamente

Le relazioni Semestrali dei grandi editori italiani di periodici fanno vedere come sia sempre piu’ difficile parlare di periodici, tenendoli separati dai quotidiani, tv e da Internet. Anziche’ indicare queste tipologie di pubblicazioni, potremo, tra non molto, usare una sola parola: media.

La Relazione al 30 giugno 2013 di Rcs Mediagroup riporta per ultima, tra le aree di attivita’, quella dei periodici. Il cui valore e’ sceso sotto i 70 milioni di euro come conseguenza delle cessioni di testate e le chiusure di dieci riviste (tra cui A – Anna, testata nata negli anni Trenta). Al centro dell’attenzione ci sono i due brand forti della societa’, Corriere della Sera e Gazzetta dello Sport, intono ai quali, si presume, ruoteranno le poche riviste rimaste in Rcs. E’ un passaggio storico per i periodici italiani, questa Semestrale. Un protagonista quasi sparisce dalla scena. Ma, vedete, si puo’ parlare di uscita? Oppure e’ un entrare per primi nella nuova dimensione, quella in cui si parla di media, sic et simpliciter?

Diverso il discorso su Mondadori, che anche dalla Relazione al 30 giugno 2013 mostra di avere consolidato la posizione di leader nei periodici. Nonostante la chiusura di quattro riviste a giugno. Qui il nucleo dell’attivita’ e’ sempre piu’ rivolto a un pubblico femminile.

E poi ci sono gli altri editori, nell’ordine dato dalle copie diffuse, di cui si e’ parlato tempo fa su questo blog (mancano altri importanti gruppi, come Editoriale Domus, Quadratum, … Prs di Bernardini De Pace).

Futuro dei Periodici

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