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Il nuovo signore dei magazine in Francia

Ha acquisito Elle, il top dei magazine in Francia. E le testate del gruppo Lagardère. L’uomo d’affari ceco Daniel Kretinsky è il nuovo dominus dei periodici francesi. C’è un articolo su di lui su Le Monde (quotidiano direttamente interessato: il magnate è azionista al 49 per cento della holding che è co-azionista di maggioranza di Le Monde).

Nel pezzo si racconta dell’incontro tra Kretinsky e i giornalisti delle testate acquisite da alcuni mesi: rassicurazioni, aneddoti, una spruzzata di civismo. Perfino la smentita di essere un sovranista filo-russo.

Ma le domande sollevate da questo articolo sono più delle risposte. Riguardano il futuro dei periodici in Francia, in Italia, ovunque.

Se un imprenditore di successo, che si è affermato nel mondo dell’energia, e che ambisce a entrare nel mercato occidentale – ma che in Europa ha ancora un’immagina da outsider – decide di entrare nel mercato dei periodici, da anni in calo, che significato dobbiamo dare all’operazione?

Le domande sono più numerose delle risposte contenute nell’articolo.

  1. I periodici non iteressano più ai grandi editori nazionali?
  2. Gli editori tradizionali, ancorati con le azioni delle loro società all’andamento dei mercati finanziari, devono investire in altri settori, più redditizi?
  3. Eppure le edicole sono piene di periodici: il mercato può richiamare investitori nuovi perché dà uno strumento di pressione e, comunque, di prestigio, vista la natura editoriale del prodotto, dunque la possibilità di influenzare l’opinione pubblica e di avere peso politico?
  4. Per riuscirci bisogna però abbassare i costi di produzione esternalizzando la realizzazione dei contenuti editoriali?
  5. Quest’operazione di revisione dei costi impone interventi brutali dei quali gli editori tradizionali, società e volti noti, non vogliono assumersi la responsabilità?

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    L’uomo d’affari ceco Daniel Kretinsky nell’articolo di le Monde del 3 novembre 2018.

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L’Editore Che Investe Sia Nella Carta Sia Nel Digitale – Prisma Media

Nuovi progetti, lancio di giornali e di allegati per i titoli esistenti, investimento nei video e nel digitale. In Francia Prisma Media va all’attacco

È l’editore di Geo, Capital, Voici, Télé Loisir: 25 titoli tra i più venduti in Francia. E da poco la versione transalpina dell’elitario Harvard Business Review (17.000 copie a 17,90 euro).

Ma Prisma Media, in questa intervista di Le Figaro al presidente Rolf Heinz (guida anche Gruner + Jahr International), dichiara soprattutto di credere ancora nei periodici, di voler investire nel corso dell’anno e di avere un piano di espansione in cui il digitale non si sostituisce ai giornali ma ne è un volano di diffusione.

(Una controffensiva mediatica per rispondere al colpaccio di una rivista della concorrenza, quel Closer che ha rivelato la relazione tra il presidente Hollande e l’attrice Julie Gayet?)

Per il 2014 si prepara il lancio di, almeno, una nuova testata, mentre sono 3 i progetti in cantiere.

Prisma ha acquisito una quota maggioritaria della più grande società di produzione di video in Francia (AdVideum).

Si costruisce un’offerta integrata, carta e digitale insieme, per le principali aree di interesse della società: economia, femminili, televisione e intrattenimento, scienze.

«La mia ambizione è di concepire un nuovo genere mediatico ibrido, consultabile sul tablet, che amplia la ricchezza del testo, delle foto, dei video, della community, del servizio, del gioco.

Futuro dei Periodici

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Pubblicità: L’Italia Diventa Europa Periferica

3 anni che cambieranno la pubblicità (e i media, che di pubblicità vivono). Sono quelli che ci attendono. Con queste conseguenze: dopo 35 anni si ferma la crescita della televisione; la pubblicità su smartphone e tablet supera quella dei periodici; la carta stampata si gioca tutto nel digitale

Una volta le notizie sulla pubblicità non m’interessavano: pensavo le leggessero solo addetti ai lavori e giornalisti specializzati.

Ma da quando la carta stampata è in crisi, ho capito che la sopravvivenza delle testate è legata alla capacità di avere una parte nella comunicazione delle aziende (oltre che dal conservare lettori). La perdita di ruolo alimenta la crisi.

Al riguardo, ieri ho letto un importante rapporto di ZenithOptimedia, una delle società globali della pubblicità. Contiene previsioni che vengono lette da chi dirige i media, il marketing, le aziende. Ho scoperto che…

LA TV SI FERMA

La raccolta mondiale di pubblicità nella tv raggiungerà il prossimo anno il picco di crescita. Poi, entro il 2016, avverrà la prima flessione dopo 35 anni. La crescita passerà di mano, sarà del digitale.

È il segnale di una svolta.

E i periodici, e l’Italia?

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Come Cambia la Lettura nel Digitale – Ricerca Francese sui Periodici “Print+Web”

Con il digitale nasce un nuovo patto di lettura tra i periodici e il loro pubblico. Rimane alta la fiducia verso i contenuti dei giornali. Ma si sviluppa un nuovo rapporto con i giornalisti e le testate. Con vantaggi anche per la pubblicità. Come dice La Réinvention Magazine, ricerca condotta in Francia

In Francia SEPM Marketing et Publicité ha presentato il 3º studio Print+Web, quest’anno intitolato «Reinventare i periodici». Sono stati sentiti 8.700 lettori.

Il mercato francese di settimanali e periodici vanta 33 milioni di copie scaricate in digitale (dati OJD), una crescita del 74% in un anno, 300 applicazioni dei magazine, +64% di lettori su mobile nel 2013.

Date un’occhiata ai video caricati su Vimeo dagli autori della ricerca. Ecco il primo (gli altri, sotto).

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Francia, l’Editore di “Elle” Vende 10 Giornali – Lagardère ristruttura

Ancora crisi dei periodici, testate che chiudono, ancora riduzione dei posti di lavoro. Succede in Francia, dove il gruppo Lagardère, gigante dei media, che pubblica Elle, ristruttura la divisione periodici. Saranno cedute 10 testate tra cui Psychologies

VISIONE COMUNE Ricordate cosa diceva l’altro ieri l’ingegner Carlo de Benedetti a proposito della decisione del New York Times di chiudere The International Herald Tribune dopo 126 anni di storia? Diceva che gli editori devono concentrarsi su poche testate, investire su queste e rinunciare a prodotti secondari che rischiano di far ombra a quelle che hanno un potenziale di sviluppo nell’era digitale.

Proprio quello che è stato annunciato oggi dal gruppo francese Lagardère, gigante dei media, che fa un quinto del fatturato con i periodici.

I TAGLI Una prima sforbiciata, grande, era arrivata nel 2011, quando il gruppo ha ceduto le attività internazionali, dagli Stati Uniti all’Italia, per 900 milioni di dollari al gruppo americano Hearst. Nel nostro Paese, come conseguenza, Hachette-Rusconi è diventato Hearst Magazines (pubblica Cosmopolitan, Elle, Marie Claire…).

Ora il secondo colpo. Saranno vendute 10 testate su 39. Parte una ristrutturazione dell’intera area. 350 posti sono a rischio.

CRISI DELLA STAMPA Lagardère Active, questo il nome della divisione periodici, ha preso questa strada per almeno 2 ragioni. La prima è la crisi: una forte contrazione delle copie e degli abbonamenti venduti, una riduzione della pubblicità (del 7% quest’anno), anche per la concorrenza di Internet.

POWER BRAND La seconda ragione dell’operazione sta nelle prospettive di rilancio. Il mercato è cambiato, un editore non può più portare avanti un portafoglio di riviste ricco, che copra ogni segmento, dal bambino alla terza età, dalla caccia al cucito, alle notizie d’attualità, ma deve concentrarsi su alcune attività. Quali? La spiegazione del capo di Lagardère Active, Denis Olivennes, è la seguente:

«My strategy is to focus our investments on around 10 titles which are leaders in their segment and where there is a strong potential to develop them online».

«Unfortunately, this means we have to dispose of around 10 others».

«La mia strategia è di focalizzare gli investimenti su circa 10 titoli che sono leader nel loro segmento e dove c’è un potenziale di crescita online. Purtroppo questo significa rinunciare a circa 10 giornali».

GIÀ SENTITO Forse conviene rileggersi la serie di post iniziati con questo e proseguiti con questo (e altri 3): un rapporto della società di consulenza Boston Consulting, uscito un anno fa, su come ristrutturare e riorganizzare il mondo di giornali e periodici. È tutto qui.

Reuters: Lagardère cede 10 testate (su 39).

 

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11 notizie su come è cambiato il giornalismo

Ho letto a fondo il Digital News Report 2013 del Reuters Institute, importante rapporto su come cambia il consumo di notizie  nell’era del digitale. Computer, smartphone, tablet e carta stampata messi a confronto in un’indagine condotta in Europa, Stati Uniti, Brasile, Giappone. Viene fuori anche una descrizione dell’Italia come Paese votato alla dimensione social della comunicazione.

Non ho chiuso bottega, come temeva un amico che mi ha scritto ieri. Anzi, approfittando di qualche giorno di maggiore tranquillità estiva ho trovato utile rileggere uno degli studi sul giornalismo più interessanti e approfonditi della prima parte del 2013. Fare la sintesi di qualcosa che un lettore non ha il tempo di andarsi a vedere: ecco un compito del giornalista che non sarà mai superato. Vale anche per un blogger a tempo perso.

Il Rapporto sulle news digitali del Reuters Insitute risponde ad alcune domande che tutti i giornalisti si fanno.

1) Quando si pensa al modo in cui consumiamo informazione, dobbiamo ricordare che esistono ancora grandi differenze tra Paese e Paese: la cultura nazionale, il reddito, la composizione sociale, le infrastrutture della comunicazione, la politica e la legislazione creano paesaggi diversissimi. Se ne deve ricordare anche un blogger quando è tentato di vedere in una tendenza locale un fatto globale.

2) La carta stampata sta morendo e sarà sostituita dalla distribuzione digitale? La fruizione delle notizie giornalistiche è sempre più multipiattaforma: non c’è il lettore di carta stampata o del digitale. E il 33% dei lettori che legge news digitali utilizza 2 device (es. computer e smartphone), altri (il 9%) ne usano tre (il tablet si aggiunge ai primi due).

3) Il tablet è una novità dirompente nel mondo del giornalismo o solo uno dei tanti strumenti per leggere notizie? Il numero di coloro che usano il tablet per cercare e leggere notizie è raddoppiato nel giro di dieci mesi in molti dei Paesi europei passati al setaccio dal Reuters Institute. In Danimarca siamo al 25% dei lettori complessivi.

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I numeri di Vanity Fair in Francia – Strategia del debutto

Il 26 giugno è uscito il primo numero di Vanity Fair in Francia, celebre rivista di Condé Nast, che avrà cadenza mensile, venduto a 3,95 euro, stampato in 85.000 copie ma con l’obiettivo di 100.000 per il 2016.

La testata, che festeggia i 100 anni nel 2013, mescola anche nella edizione transalpina glamour e informazione. In copertina compare l’attrice Scarlett Johansson, incarnazione di brillantezza e impertinenza, due qualità che Vanity rivendica come distintive.

Per la campagnia di lancio sono stati stampati 8.000 cartelloni, come per il debutto di un nuovo profumo, di gran lunga superiori ai consueti 500 di un lancio standard. Complessivamente sono stati investiti 5 milioni di euro in promozione e 15 milioni nel giornale fino al 2016, momento del possibile break even (pareggio di bilancio dopo il rosso dell’investimento iniziale).

Il modello economico prevede che il 70% dei ricavi provenga dalla pubblicità, che nel numero ora in edicola conta 93 pagine sul totale di 266 della pubblicazione.

Il digitale? 500.000 visitatori unici al mese per il sito gratuito. È l’aspettativa. L’edizione per iPad costa 3,59 euro.

Esce Vanity Fair France.

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Rcs e la crisi della carta stampata: in Italia va peggio che altrove

Frasi della settimana scorsa, sulla crisi dei periodici, che continuano a ronzarmi nelle orecchie.

«Riteniamo -dice Federico Silvestri, amministratore delegato di Prs Mediagroup, che ha presentato un’offerta per rilevare i 10 periodici messi in vendita da RCS Mediagroup – che il problema del cartaceo così grave sia tutto italiano. In tutti gli altri Paesi la stampa europea flette, ma non a livelli come quelli visti nel nostro Paese. Ed è quindi qui, sui modelli di business, che vale la pena di fare dei ragionamenti».
In un’intervista a Italia Oggi l’ad di Hearst Magazines Italia ha parlato anche della crisi dei periodici. All’estero, in Francia, Germania, Gran Bretagna, l’avanzata del digitale erode del 5%, del 10% al massimo il mondo dei periodici. In Italia, così come in Spagna e Grecia, si paga la crisi del Paese. Che costa un 10% in più.

Credo che tra qualche mese, forse tra molti mesi, rileggeremo con uno sguardo più obiettivo quel che sta avvenendo nella carta stampata. Crisi strutturale, crisi dell’economia italiana: sappiamo che le due cose si sommano. Ma in che misura?

Il Punto: se la crisi è soprattutto italiana, allora i giornali hanno una prospettiva di ripresa, passata l’onda di piena.

AdnKronos: parla l’ad di Prs Mediagroup.

Italia Oggi: parla l’ad di Hearst Magazines.

adnkronos

ItaliaOggiTestata

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Anche gli editori portoghesi chiedono soldi a Google

Anche gli editori portoghesi, alle prese con la peggiore recessione dagli anni Settanta,  hanno avviato delle forti pressioni su Google chiedendole di pagare per i contenuti giornalistici ripresi dal motore di ricerca , sulla scia delle analoghe rivendicazioni avanzate in altri paesi europei.

Il mese scorso, il governo francese e Google avevano firmato un accordo per cui l’ azienda di Mountain View si è impegnata a versare 60 milioni di euro in un fondo speciale per aiutare i media francesi a sviluppare la propria presenza su Internet, ma non a pagare per i link ai loro contenuti.

Google aveva risolto un caso simile con gli editori belgi nel mese di dicembre, impegnandosi ad aiutarli ad accrescere le entrate nel versante online, ma deve ancora affrontare un contenzioso analogo con gli editori tedeschi.

Il Punto: Google e la tendenza ad aggregare contenuti.

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Accordo tra Google ed editori francesi

Firmato l’accordo tra Google e la Francia. L’annuncio è arrivato dall’Eliseo con un… tweet (…stucchevole).

L’intesa è stata raggiunta dal presidente Francois Hollande ed Eric Schmidt, capo di Google.

Come sapete, gli editori francesi, al pari di quelli italiani e tedeschi, vogliono che Google riconosca ai giornali un compenso per le notizie che il motore di ricerca indicizza online. In altre parole, riducendo all’osso la questione, Google fa l’editore utilizzando notizie pubblicate da altri, perché offre agli utenti che fanno ricerche su Internet una sintesi degli articoli dei giornali, a cui poi rinvia attraverso un link.

L’intesa raggiunta ieri sera stabilisce che Google versi 60 milioni di euro a un fondo per aiutare i media francesi a sviluppare una dimensione digitale. Del pacchetto fanno parte anche sconti sulle piattaforme pubblicitarie della società di Mountain View.

Prevedendo l’esito della trattativa, più di una voce ha proclamato la fine dell’era in cui su Internet si potevano fruire gratuitamente i contenuti giornalistici. Segnalo al riguardo un post sulle scelte dell’editore di periodici Hearst.

Il Punto: è la fine dei contenuti giornalistici gratuiti su Internet?

ilsole24ore: accordo Google in Francia

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Francia, i ricchi preferiscono i giornali di carta

Anche in Francia i fedelissimi della carta stampata sono coloro che percepiscono un alto reddito: quadri, dirigenti, professionisti. Una buona notizia per l’editoria dell’Exagone, che deve comunque combattere con le difficoltà della crisi economica e i cambiamenti strutturali del mercato.

Se avete seguito questo blog forse ricorderete che ho già pubblicato un post su questo argomento, ma relativo agli Stati Uniti. Rileggendolo, mi sono accorto che l’istituto che ha condotto la ricerca in Francia è lo stesso che ha fatto l’indagine negli Usa. Ma procediamo con ordine.

Uno studio sull’audience della stampa intitolato Audipresse Premium, realizzato da TNS-Sofres e da Ipsos Media Ct (quello che ha fatto la ricerca in America), ha scoperto che seppur con qualche cedimento la stampa rimane il media di gran lunga preferito tra quadri, dirigenti e percettori di redditi alti, una fascia nella quale si fa rientrare il 7,7% della popolazione transalpina.

Questi ritengono che i giornali siano più affidabili (66%), credibili (63%) e più completi (62%) di televisione, radio e Internet. Sono la fonte d’informazione in cui più si riconoscono e si vedono rispecchiati (48%).

Questi lettori “premium” (termine che può provocare reazione allergica per la connotazione elitaria) sono i più interessanti da punto di vista economico e dunque particolarmente inseguiti dagli investitori pubblicitari.

Cresce anche l’apprezzamento per i tablet (+31,1% di lettori rispetto al 2011).

La ricerca condotta negli Stati Uniti da Ipsos Media aveva stabilito che tra i lettori con un reddito alto (più di 100 mila dollari all’anno) il numero di coloro che nel 2011 avevano acquistato giornali di carta era aumentato del 3,9% rispetto all’anno precedente.
M’interessa perché: 1) è un indizio del fatto che la carta si deve preparare a convivere per lungo tempo con il digitale; 2) la fascia ad alto reddito rimane la più interessante per gli editori, perché permette di raccogliere la pubblicità più “ricca” (ricordiamo che la prima causa della gravissima crisi in cui si dibatte la stampa è il crollo della pubblicità); 3) la diffusione dei tablet continua, continua…
Il punto: come sono cambiate le abitudini di lettura della gente.
Chi lo dice: «Fondé en 1908, Les Échos est un quotidien français d’information économique et financière, propriété du
Groupe Les Échos, pôle médias du groupe LVMH».

lesechos: i ricchi e la stampa

Futuro dei Periodici: i ricchi leggono carta

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Focus entra nell’edicola digitale lekiosk

Questa è una notizia che riporto perché, oltre che interessante, è un omaggio e una forma di incoraggiamento verso i colleghi di Gruner und Jahr/Mondadori, alle prese da inizio ottobre con un piano di stato di crisi, presentato dall’azienda, che ipotizza il taglio di 36 giornalisti su 72.

In questi giorni  il “mondo” di Focus è entrato in lekiosk, edicola digitale per iPad, iPhone e iPod Touch, lanciata da poche ore sul mercato italiano.

Scaricando la app gratuita si possono leggere le testate di Gruner a prezzi molto buoni.

Sono Focus, Focus Storia, Focus Extra, Focus Storia Biografie, Geo e Jack. Ma di queste testate, cinque sono destinate alla chiusura, stando alle dichiarazioni dell’azienda.

lekiosk è nata in Francia nel 2007 ed è stata scaricata da oltre 500 mila persone e installata sul 25% degli iPad francesi.

Buona lettura!

M’interessa perché: 1) le app permettono di proteggere i contenuti dei periodici dall’azione di pirateria di internet e ristabiliscono il concetto che, per leggere degli articoli ben scritti e ben documentati, bisogna pagare. Ben scritti e documentati come quelli di Focus.

Il punto: trasformare le piattaforme digitali in alleate della “stampa”: non più nemici.

Focus: le riviste di Gruner su lekiosk

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Les Echos potenzia il sito. E fa pagare

Il quotidiano economico francese Les Echos rilascia il nuovo sito e modifica il sistema di accesso a pagamento.

Viene adottato un paywall simile a quello di NYT e FT.

I primi 15 articoli sono gratuiti, per leggerne altri 5 bisogna registrarsi al sito, oltre i 20 si paga. Un paywall poroso, dunque.

Il Pdg del gruppo, Francis Morel, ha dato la notizia specificando che il digitale è ormai il primo canale d’informazione.

«Pour s’informer, les consommateurs passent chaque jour 1h17mn sur le web ou les mobiles, 1h12 devant la télévision, 1h01 à écouter la radio, 0h30 à lire un magazine et 0h28 un quotidien». Chiaro il concetto?

A Les Echos il 15 per cento degli abbonamenti è digitale, non replica del cartaceo.

Infine il quotidiano, che nel 2012 ha ridotto le perdite pesanti dell’anno precedente, dichiara di vendere 120.500 copie al giorno, e di totalizzare con il sito in media tre milioni di visitatori unici al mese, in crescita del 35 per cento.

M’interessa perché: 1) ripropone il dibattito su contenuto gratuito vs contenuto a pagamento: la querelle continua.

Il punto: l’editore investe nel digitale anche se è in perdita.

 

AFP: in Francia Les Echo potenzia il digital.

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Condé Nast annuncia il lancio di Vanity Fair in Francia

La domanda è quando, esattamente. E perché annunciarlo ora, molti mesi in anticipo rispetto all’estate, stagione prima della quale (un po’, molto…) dovrebbe avvenire, dunque, alfine, il lancio di Vanity Fair in Francia.

Ma sono domande che forse interessano meno di tutte le altre considerazioni fatte dal New York Times. Si riflette sull’andamento del mercato francese dei magazine (che quest’anno cresce lievemente, ma cresce, mentre i quotidiani perdono pesantemente), sul perché Condé Nast abbia atteso anni prima di pianificare il lancio di Vanity in Francia, su come è cambiato il rapporto dei politici con la stampa e come gli inserzionisti non ritirino più la pubblicità da quei giornali che frugano nella vita privata dei politici (un mutamento avvenuto sotto la presidenza di Nicolas Sarkozy e balzato all’occhio un anno fa, con lo scandalo di Dominique Strauss-Kahn), del perché ci sia preoccupazione nel settore editoriale del lusso sulla tenuta di una raccolta pubblicitaria finora non anticiclica ma quasi.

M’interessa perché: 1) permette un confronto indiretto con il mercato italiano, molto più in difficoltà di quello francese.

Il punto: anche nel mezzo di una crisi si può lanciare un prodotto editoriale forte?

(leggete qui l’articolo) The New York Times: Condé Nast lancerà la versione francese di Vanity

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Francia/ Ecco quante copie digitali vendono i periodici

Date un’occhiata a queste tabelle, sono le diffusioni dei principali settimanali e mensili francesi. Riguardano il primo semestre del 2012. Il dato interessante è quello delle copie digitali, copie replica del giornale di carta vendute nell’edicola online. Fa meglio di tutti Le Monde Magazine, che supera le 16 mila copie digitali. Non molto, non molto.

Journal du net: diffusioni e copie digitali in Francia

M’interessa perché: 1) come per i dati sulle diffusioni Usa (guardate il mio post del 20 agosto 2011), anche in Francia s’iniziano a rendere pubblici quelli delle copie digitali; 2) anche in Francia, come negli Usa, è davvero difficile vedere per il momento nella “copia” digitale una offerta che possa in seppur minima misura compensare le perdite, rilevanti, dell’edicola, del newsstand.

Il punto: riflettiamo su cos’è lo sviluppo digitale dei priodici, se bisogna offrire “giornali” completi o invece puntare su altro, un bouquet di servizi, scambi di opinioni, iniziative e una spruzzata di contenuti giornalistici che alimentano un dialogo con il lettore e rafforzano il brand, allargandone il raggio d’azione al di fuori dell’ambito prettamente giornalistico.

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Mondadori e la via al digitale

Mondadori prosegue in Francia con la politica di acquisizione di siti di piccoli annunci. Dopo il portale per la compravendita di case di quello di auto, ora tocca a NaturaBuy, sito specializzato in prodotti per la caccia, la pesca e il tempo libero (all’aria aperta). Vi viene da ridere? Sbagliereste. Mondadori France, tanto per cominciare, edita la rivista leader del settore, «Le chasseur français» e pensa chiaramente a un effetto volano sia per gli scambi sul sito sia per le vendite della testata, sia per il consolidamento del brand. In secondo luogo, NaturaBuy, fondato nel 2007, è di per se un bel bocconcino, con il suo giro d’affari da 24 milioni di euro l’anno e gli alti margini (leggete quel che dice Ernesto Mauri, presidente di Mondadori France). Non a caso la casa editrice si propone di portare le transazioni sul sito a 100 milioni di euro entro cinque anni. In altre parole, tanto per andare al nocciolo, Mondadori segue la scia di Springer in Germania, che crea legami forti tra attività editoriale e commerciale su internet, fa crescere i giornali nell’online e utilizza il brand per fare ricavi anche in altri settori. O i siti di scambi per fare ricavi e consolidare i giornali, nell’anno della grande caduta e per il futuro. Il digitale non è solo giornalismo e gli editori moderni cambiano così.

Mondadori France compra il sito Naturabuy

 

M’interessa perché: 1) mostra quale può essere una linea di sviluppo sul digitale per gli editori di periodici; 2) giornali e attività commerciali si sostengono a vicenda, cn efetti positivi sui ricavi (come minimo di consolidamento.

Il punto: come gli editori di periodici possono fare soldi con il digitale.

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