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Il futuro dei contenuti digitali a pagamento – Reuters Digital News Report 2014

Informazione a pagamento nel digitale: c’è un mercato. Anche in Italia. Ma al lettore bisogna offrire giornali che lo mettono al centro

Una delle domande capitali per capire se i giornali possono sopravvivere nella transizione al digitale è la seguente: i lettori/utenti sono disponibili a spendere per comprare notizie dalle piattaforme digitali (siti web, app, copie digitali)?

Una notizia incoraggiante arriva dal terzo Digital News Report del Reuters Institute for the Study of Journalism (RISJ). È stato realizzato interpellando 18.000 persone in 10 Paesi, tra cui l’Italia.
Mi voglio limitare al capitolo dedicato ai modelli di informazione a pagamento.

Viene fuori che l’Italia è tra i Paesi in cui c’è maggiore propensione a pagare per l’acquisto di notizie nel digitale, soprattutto nel caso di singoli numeri dei giornali.

Questo si sposa con altre indicazioni favorevoli al giornalismo digitale, uscite quasi due anni fa, come la disponibilità degli italiani a investire per l’acquisto di tablet e iPad.

In generale, nei Paesi esaminati, l’acquisto di prodotti giornalistici digitali riguarda una fascia della popolazione ancora molto ristretta, spesso intorno al 10%. Ma ovunque si registra un trend in crescita. E questo riguarda anche i tablet.

Ma si spiega molto bene che la chiave per vendere nel digitale è diversa da quella della carta stampata.

In passato, per riassumere con una formula, si dava un prodotto in cui ci fosse «qualcosa per ogni lettore».

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La Percentuale Di Lettori Digitali Nei giornali Francesi

Quanti lettori digitali hanno i giornali? Quanti di questi lettori sfogliano anche il prodotto di carta? E quanti guardano solo il sito del brand? Uno studio sulla Francia. Utile all’Italia

Misurare l’apporto del digitale per i giornali: ora in Francia è possibile, come spiega questo articolo di CB News.

Si può sapere quanti lettori accedono ai contenuti di un giornale esclusivamente con Internet, quanti solo su carta, e in che misura i lettorati si sovrappongono. Nel digitale, si può distinguere tra accesso da computer o da mobile (tablet, smartphone).

In media, nei brand giornalistici il 57% dei lettori si affida unicamente al prodotto di carta, il 22% solo a Internet, il 4% solo al mobile. Il restante 17% legge su più supporti.

Ecco la classifica dei brand più letti nel Paese, sommando le varie piattaforme.

Al primo posto c’è Femme Actuelle: 16 milioni 625 mila lettori, di cui 13 milioni 996 mila su carta. Il digitale pesa per il 19%.

Lettori digitali nei giornali francesi

 

Interessante vedere le differenze tra tipologie di giornali.

Nei quotidiani i lettori esclusivamente print sono, in media, il 46%, mentre Internet è porta d’accesso per il 54%.

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4 Sfide Per L’Innovazione Nei Periodici

Per capire cosa c’è nella mente degli editori di periodici, quali sono le leve su cui vogliono lavorare per recuperare ricavi e utili, basta guardare il sommario di Innovations in Magazine Media World Report, quinta edizione di un rapporto sull’innovazione nei magazine messo a punto da Fipp, la federazione mondiale degli editori di periodici.

Contiene la roadmap per costruire strategie vincenti nei magazine media.
Ci sono 4 grandi cambiamenti nei periodici:
Tablet e smartphone: il mobile come piattaforma dominante.
Big data.
Video.
Pubblicità nativa.
Le case history incluse nel Rapporto sono:
• How to build branded content
• What advertising works on mobile
• Mobile-focused publishing
• Face-to-face: the power to convene
• Monetising chats
• Paywalls that work
• Print is alive and well
• Print on demand
• Startups to watch
• Innovative use of video
• Video advertising
• Instagram, Vine and YouTube’s paid and partner channels

Futuro dei Periodici

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24 Siti Che Cambiano il Giornalismo (Cronologia Interattiva)

Una cronologia interattiva e multimediale sui 24 siti d’informazione nativi digitali che hanno cambiato il giornalismo. Da Huffington Post a Policy Mic, da Slate.com a Project X: emergono le tendenze portate dal digitale nel mondo della stampa (Usa e non solo)

La timeline di Futuro dei Periodici s’intitola: 24 Siti che hanno cambiato il giornalismo. (Per vederla, è necessario andare al link: non è possibile “inserire” il file nei post di WordPress. La consultazione è lenta su tablet).

E’ stata realizzata da Futuro dei Periodici raccogliendo informazioni nella Rete e prendendo spunto da The State of the News Media 2014 del Journalism Project (Pew Research Center).

Vengono fuori cambiamenti e tendenze del giornalismo.

Il programma è della fondazione Knightlab.

Timeline: 24 siti web che hanno cambiato il giornalismo

 

 

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Personale Ed Emotivo: Come Il Digitale Cambia Le Pratiche Giornalistiche

Il digitale sta cambiando il modo di fare i giornalisti. Il compito di informare inizia a far coppia con il coinvolgimento del lettore. Si adegua di conseguenza il linguaggio. Che diventa personale ed emotivo

Come le organizzazioni giornalistiche e i giornalisti stanno cambiando per l’arrivo del digitale: si è discusso di «Pratiche giornalistiche emergenti nell’età digitale» al 15th International Symposium for Online Journalism, che si è tenuto all’Austin campus dell’Università del Texas.

Tra le tante cose emerse, mi hanno colpito due aspetti.

Il primo riguarda l’uso ormai massiccio dei social media da parte dei professionisti dell’informazione.

Sebbene le piattaforme digitali stiano danneggiando l’industria del settore, è sempre più chiaro che l’informazione è diventata più accessibile, che il consumo è aumentato, e che di questo possono trarre vantaggio singoli giornalisti che riescono a raggiungere un pubblico ampio.

In particolare, si osserva il tentativo di costruire attraverso gli strumenti digitali un’immagine pubblica di se stessi. E questo lo si può fare sia tenendo webinars, sia twittando e riprendendo il lavoro dei colleghi, sia parlando della propria vita personale e professionale.

È il tema del personal branding e della personalizzazione dei canali d’informazione nel digitale.

Al simposio dell’Università del Texas si è spiegato che questo avviene soprattutto attraverso i social media. Twitter viene usato per far vedere che si è competenti e per guadagnare in autorevolezza.

Cambia anche il linguaggio, che diventa più personale e attento a suscitare emozioni.

In questo è fondamentale l’arrivo e il diffondersi dei tablet. Questo device mobile, è emerso, spalanca la porta del rapporto diretto con il pubblico.

Uno tra tanti modi per coinvolgere i lettori è l’infotainment, come si è spiegato riportando esempi presi da due quotidiani brasiliani,  O Globo a Mais e Estadão Noite,

«Infotainment is no longer as taboo as it used to be for many newspapers».

Naturalmente non dovrebbe essere l’ingrediente principale del piatto.

Futuro dei Periodici

 

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Giornalisti Assunti Nel Digitale – Estratto da State of the News Media 2014

I posti di lavoro giornalistici si creano solo nei giornali digitali. Per il resto l’industria americana dei media ha visto un calo drammatico nel numero degli assunti full-time. Le penne della carta stanno migrando sul web. C’è posto per pochi, giovani e famosi

Il pizzico di ottimismo che si sente per la prima volta dopo anni nei media americani va tutto a merito del digitale.

Nel rapporto State of the News Media 2014, rilasciato a fine marzo dal Pew Research Center (Progetto per il Giornalismo), si disegna un quadro sfaccettato e promettente.

Il primo punto riguarda la creazione di posti a tempo pieno (in Italia potremmo tradurre, piuttosto liberamente, posti a tempo indeterminato).

Le 468 redazioni giornalistiche del web, grandi e piccole, censite nel Rapporto 2014, hanno creato in 6 anni circa 5000 posizioni per giornalisti e creatori di contenuti editoriali. Una crescita definita “esplosiva” se ci si limita agli ultimi due anni.

Le 30 redazioni più grandi hanno 3000 giornalisti, una media di 100 ciascuna. Sono redazioni di tutto rispetto.

Nelle testate minori, 438, i giornalisti assunti in ogni redazione sono in media 4,4.

Altro punto da tenere bene a mente: l’80 % dei nuovi assunti provengono da redazioni tradizionali, quelle di quotidiani, periodici, radio e televisioni.

Il dramma si concentra, infatti, in questa parte del mondo dell’informazione, di gran lunga ancora la maggiore. Negli Stati Uniti i quotidiani davano lavoro nel 2003 a 54.000 giornalisti; nel 2013 il numero è sceso a 38.000.

Tabella. Giornalisti assunti negli Usa 2003-2014 (link per la versione interattiva creata con Datawrapper).

 

Giornalisti assunti negli Usa 2003-2012

Nei periodici il taglio è stato del 26% (su una popolazione complessiva di oltre 140.000 dieci anni fa).

Ma ci sono altre tendenze che conviene esplorare nel mondo dei digital outlet, i giornali online.

Il 2013 è stato l’anno in cui si è investito in produzione di contenuti originali e di qualità, tentando di colmare un gap ed evitare di cadere nella trappola del plagio e della aggregazione di articoli pubblicati su altre testate.

L’anno scorso, inoltre, si è registrata una migrazione di firme dai giornali più prestigiosi della stampa americana verso le realtà dell’informazione digitale. A segnare un punto di svolta: non solo il digitale crea lavoro, ma sta diventando quasi più prestigioso dei media della tradizione.

 

 

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L’Ottimismo nello “Stato Dei News Media 2014”

Leggiamo lo Stato dei News Media 2014. Un rapporto sulla salute di quotidiani, riviste, tv, media digitali negli Stati Uniti. Uno specchio di tendenze presenti anche in Italia. E c’è un briciolo di ottimismo

L’ottimismo è nei primi autorevoli commenti su The State of the News Media 2014. Si osserva, per esempio, che nel mondo dei media stanno finalmente filtrando investimenti, energie e attenzione di chi si è affermato e arricchito nel digitale. Una carica per l’industria della carta stampata, ancora in affanno nell’anno passato. E così i giornali riducono ancora del 6% le redazioni ma 500 news outlet digitali hanno assunto 5000 giornalisti e curatori di contenuti.

The State of The News Media 2014 del Pew Research Center (fondazione che sviluppa indagini statistiche sulla vita e la cultura degli statunitensi, indagini riprese sempre più spesso dalla stampa italiana) fa il punto sulle condizioni di salute di tv, quotidiani, riviste, nuovi media. E fornisce una tale quantità di informazioni, dati, tabelle, riflessioni da richiedere giorni per esaurire l’esame.

Provo ad avviare per voi il processo di assimilazione ed estrapolo alcuni highlight, validi non solo per i periodici.

1) Confusione nei cieli

Il rapporto si apre infatti con una affermazione che dà forma a qualcosa che tutti noi avvertiamo: è sempre più difficile fare una distinzione tra le varie forme di giornalismo. Appare ormai artificioso separare quotidiani, periodici, televisione, radio e media digitali. Il 2013, di fatto, ha accelerato il fenomeno della convergenza delle varie piattaforme.

2) Le giuste proporzioni

Cos’è il giornalismo a livello industriale? Il mondo dell’informazione ha un giro d’affari di circa 63 miliardi di dollari. L’industria dei video giochi vale 93 miliardi di dollari; Google 58 miliardi; Starbucks 15 miliardi.

3) Follow the money

Nei media statunitensi il 69% dei ricavi complessivi (93 miliardi di dollari) è rappresentato dalla pubblicità. Il 24% da copie vendute e abbonamenti (pensiamo alla tv). E poi…

Il 7% va sotto la voce “altro”. E’ interessante capire di cosa si tratta, perché è sempre più importante per le case editrici (vista la contrazione di pubblicità e copie). Si tratta di eventi, servizi di marketing offerti a terzi, consulenza nel web, scuole con il brand del giornale…

L’1% sono i contributi di magnati, filantropi. Come Jeff Bezos, papà di Amazon, che compra per 250 milioni di dollari il Washington Post.

4) La parte del leone

La fanno i quotidiani. Che raccolgono 38,6 miliardi di dollari. Le tv locali ne prendono 8,9 miliardi. I settimanali 3,6 miliardi. I nuovi editori digitali 0,5 miliardi di dollari.

5) Mantenere il futuro

La domanda da un milione di dollari è da anni: c’è un modello economico per i giornali o falliranno tutti? Si può ancora vivere facendo informazione?

Si parte dalla constatazione che solo il 25% dei fatturati dei news media proviene da copie vendute e abbonamenti. E nuovi sistemi di pagamento, come i paywall nei quotidiani, stanno dando finalmente frutti. Ma il sorriso muore sulle labbra quando si pensa che in 7 anni la raccolta di pubblicità, principale fonte di sostentamento, è crollata del 50%. E nell’ultimo anno è rimasta stabile in tv, è ulteriormente calata sui quotidiani, invece nel web non cresce in modo sufficientemente rapido da compensare le perdite sugli altri media.

Il futuro, si conclude, dovrà poggiare su modelli di business differenti testata per testata, editore per editore, media per media.

Futuro dei Periodici

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Investimenti Pubblicitari nei Giornali 2004-2013 (Grafico)

10 anni di pubblicità nei media italiani: tv, quotidiani, periodici, radio, Internet. E il drastico ridimensionamento degli investimenti nella carta stampata

Nel 2008, il momento di maggiore fortuna, i quotidiani hanno raccolto pubblicità per un miliardo 800 milioni di euro. Nel 2013 sono scesi a 898 milioni di euro. Dal 2004 al 2013 i periodici sono passati da 1 miliardo 171 milioni di euro a 528 milioni.

Ho creato alcuni grafici: fanno vedere gli ininvestimenti pubblicitari a valore (milioni di euro).

Sono stati inseriti i dati dell’istituto Nielsen.

Nella carta stampata (lo sapevamo) si è assistito a un crollo.

Anche Internet è stato pesantemente toccato dalla crisi. Ma in dieci anni la raccolta di pubblicità su questo media è cresciuta di quasi 5 volte.

Ho scelto l’arco temporale 2004-2013 perché, prima del 2004, non c’erano rilevazioni sugli investimenti pubblicitari su internet.

Tabella 1: investimenti pubblicitari sui media italiani 2004-2013 (link al grafico interattivo).

Pubblicità sui media 2004-2013

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Il Libro Bianco Dei Periodici 2014

Transizione al digitale dei periodici: le previsioni per i prossimi 5 anni, le aspettative degli editori, le richieste dei lettori, la reinvenzione dei giornali, le incognite. Tutto contenuto nel libro bianco della Magazine Industry 2014 di Yudu

Yudu è una società service provider per la produzione di contenuti arricchiti e interattivi per giornali e aziende (tra i clienti: Reader’s Digest, IPC Media, Emap, Time Out London) che ha appena pubblicato un whitepaper, un libro bianco intitolato Magazine Industry 2014.

Attraverso una serie di interviste a rappresentanti del mondo dei magazine, il whitepaper aiuta a chiarirsi le idee sull’industria dei periodici travolta dalla crisi, sulle prospettive più realistiche per l’immediato futuro, sullo sviluppo del digitale nei giornali. Il documento è anche l’occasione per mettere a fuoco i cambiamenti dell’ultimo quinquennio.

Faccio una sintesi per punti.

– L’arrivo del tablet aveva inizialmente fatto pensare che il nuovo device sarebbe stata la panacea dei mali dell’editoria periodica.

-Dopo 4 anni si è capito che il futuro più vicino non sarà dominato da magazine digitali ma da un mondo ibrido dove digitale e carta stampata convivono. Anche come fonti di ricavo. Per quanto? Almeno per 5 anni.

– Il digitale si potrà affermare solo a condizione che ci siano miglioramenti nell’hardware e un ripensamento dei contenuti su misura di tablet.

– Il digitale nei periodici cresce più lentamente che nei libri.

– Tuttavia, le copie digitali sono cresciute notevolmente: solo nella seconda metà del 2013 si è registrato un + 36%.

– L’edizione per tablet del giornale viene lanciata per due ragioni: catturare un nuovo pubblico di giovani e avanzare nell’e-commerce.

– Al momento, gli editori desiderano sviluppare i prodotti digitali ma senza penalizzare ulteriormente le edizioni cartacee.

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La Guerra Della Pubblicità

La pubblicità su internet vale poco. E sfugge a misurazioni affidabili. Tra frodi e zone grigie

C’è questo interessante articoletto di Quartz sulle mosse di Google e un recente acquisto fatto dal gigante di Internet. Nei giorni scorsi ha comprato una società, Spider.io, che si occupa di pubblicità.

E’ l’occasione per capire meglio la guerra della pubblicità. E in che modo può riguardare la carta stampata.

Si parte dalla notizia, molto commentata, che metà della pubblicità su Internet non viene vista da nessuno. La parte rimanente, in parte non viene vista da esseri umani, ma da macchine.

Ci sono computer che guardano miliardi di pubblicità (come ha rivelato un anno fa proprio Spider.io).

Da qui la scarsa affidabilità delle misurazioni su Internet. Una mancanza di credibilità che comprime verso il basso i prezzi, mettendo in difficoltà chiunque cerchi di far ricavi nel digitale, editori compresi.

Anche per questo, si spiega, il brand advertising, cioè la pubblicità di maggior qualità e valore (contrapposta ai piccoli annunci), rimane ancora in tv e, in misura non disprezzabile, sulla carta stampata.

In Italia il 50% della pubblicità va ancora alla tv, il 20% ai giornali, il 17% (stime) a Internet.

Invece negli Usa la situazione è questa.

Pubblicità negli Stati Uniti

 

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Anticipazioni Sulle Innovazioni Nei Magazine 2014

Le strategie globali di Condé Nast, i cambiamenti nella pubblicità dei periodici, il network internazionale di Grazia. Ne parla Magazine World, la pubblicazione della Federazione mondiale dei magazine media

Ma l’articolo di maggiore interesse riguarda le novità per i periodici nel 2014, anticipazione del rapporto Magazine Media World Report 2014 di Fipp sull’innovazione in uscita a marzo: native advertising, video, big data, mobile.

Ecco il link a una pubblicazione stimolante, seppur voce ufficiale di questo mondo.

Magazine World.

Futuro dei Periodici

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Periodici E Banda Larga

L’arrivo della banda larga di ultima generazione. La diffusione del tablet. La ripresa economica. Ecco perché in Gran Bretagna c’è ottimismo sul futuro dei “customer magazines”

Un lettore di questo blog commentava ieri un post sullo sviluppo delle app di news per tablet. Osservava che a oggi le copie digitali dei nostri giornali equivalgono a non più del 5%. A che pro, dunque, parlare di digitale nei periodici?

L’emergenza del momento è sostenere i giornali di carta. Ma lo sguardo va spostato più avanti. Perché i cambiamenti sono iniziati e non c’è ritorno al passato.

Serve un po’ di prospettiva.

In un articolo come questo, sui customer magazine britannici, i giornali dei grandi brand non giornalistici (tipo Coca Cola e Tesco), c’è la capacità di guardare più lontano. Oltre la crisi, per dire.

Il  “Customer Magazines Market Report Plus 2014”aiuta ad avere un quadro di riferimento valido per tutte le riviste, incluse quelle vendute in edicola.

In sintesi, si dice che:

1) Anche in Gran Bretagna il digitale vale il 5, 15% del mercato.

2) Ma il digitale sta crescendo velocemente. Metà della popolazione ha uno smartphone, il possesso di tablet riguarda il 24% degli adulti.

3) Ma il salto definitivo avverrà tra poco. Entro il 2015, infatti, la maggioranza dei Britons sarà raggiunta dalla banda larga per mobile con tecnologia di quarta generazione (4G), con download più rapidi e accesso a maggiori contenuti online.

Non a caso (4) si prevede che gli editori di customer magazine vedranno crescere i loro ricavi di oltre il 10% tra 2015 e 2018. Una crescita dovuta in gran parte alla ripresa economica e all’aumento dei budget destinati dalle aziende alla pubblicità, al content marketing, alla comunicazione anche digitale.

Futuro dei Periodici

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Il Valore Di Mercato Di Un Giornale Tradizionale

Giornali ed editori tradizionali in difficoltà. Ascesa dei concorrenti nati nel Web. Qual è il valore di mercato di una testata storica? Qualche risposta dagli utenti

Ce lo chiediamo in molti. Soprattutto dopo aver visto, la scorsa estate, Jeff Bezos pagare 250 milioni di dollari per l’acquisizione del glorioso Washington Post.

In questi giorni in Francia Le Monde ha messo le mani sul 68% del settimanale Le Nouvel Observateur con appena 13 milioni e rotti di euro (in realtà, 10 milioni).

E proprio in Francia due vecchie volpi del giornalismo (anche digitale) si sono chieste quale sia il valore di mercato delle legacy company, gli editori tradizionali.

Per rispondere hanno preso il risultato di un’indagine fatta intervistando lettori e utenti di giornali e di siti web di varia natura, dai social media a quelli d’informazione.

Già, quanto è disposto a pagare un lettore per accedere ai contenuti di un certo brand?

Valore dei brand giornalistici e online

E’ una risposta. Manca però l’interpretazione. Colpa dei contenuti svenduti o dati gratuitamente? Colpa dell’arretratezza dei marchi storici? O di nuovi modi di passare il tempo libero?

I Periodici Vanno Alla Grande Nell’iTunes Store

I periodici americani sono in testa nelle classifiche delle app più vendute nell’iTunes Store di Apple. Una buona notizia per chi spera che lo sviluppo digitale dei brand possa dare un futuro a queste pubblicazioni

I dati sono contenuti in uno studio della Mpa, l’associazione dei magazine media, Stati Uniti.

Tutte le 15 app di lifestyle più vendute nell’iTunes Store sono brand dei periodici.

6 delle 10 app di news più vendute sono di periodici.

6 delle 10 app di fitness più redditizie sono di periodici.

7 su 10 app sulla cucina più vendute sono dei periodici.

7 su 10 delle app di viaggi che vendono di più sono di brand dei periodici.

Vi consiglio di leggere tutto l’articolo di technologytell.com.

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Tornare A Crescere Nei Media: Parlano 350 Top Manager

Non solo tagli: nei media bisogna tornare a crescere. Come? Lo dicono 350 dirigenti e top manager di società leader nel mondo

La ricerca, intitolata 2014 Media Growth Study, è stata fatta da Ecoconsultancy in collaborazione con The Jordan, Edmiston Group, Inc. (JEGI) di New York, principale banca d’affari indipendente nei settori media, marketing, tecnologia, informatica: la società ha seguito alcune tra le maggiori operazioni di acquisizione fatte da gruppi globali e locali (tra i clienti, ICP Media, GlaxoSmithKline, Deloitte, Penguin, Random House, Royal Bank of Scotland).

Riporto alcuni dei risultati perché spostano l’attenzione anche sul campo dei media: la stagione degli stati di crisi e dei tagli sta mostrando tutti i suoi limiti e sono gli stessi dirigenti delle principali aziende del settore a indicare la crescita (di ricavi, quote di mercato, prodotto) come unica strada per i prossimi 24 mesi. Insomma, nel mondo anglosassone, dove si avvertono già alcuni segnali di ripresa, si prova a voltar pagina dopo 4 anni di austerity.

Il rapporto è facilmente consultabile. Riporto solo alcuni spunti.

1) Per molte società è prioritario aumentare fatturati, profitti, efficienza, piuttosto che scoprire altri canali per il business. È come se nel mondo anglosassone si dicesse: «Abbiamo aperto negli scorsi anni le nuove strade da battere, ora bisogna farle fruttare».

2) Eppure la maggior parte dei dirigenti sentiti ammette che il loro settore è ancora in piena e rapida trasformazione. Concetto che si condensa in questa osservazione: il nostro prodotto vincente (top selling) del 2017 non è ancora stato inventato.

3) Solo le società di grandi dimensioni (fatturati superiori al miliardo di dollari) puntano davvero sulle acquisizioni di altre realtà per allargare il loro giro d’affari. Le altre mettono al primo posto il lancio di nuovi prodotti e la conquista di quote di mercato (facendo meglio della concorrenza e approfittando delle disgrazie altrui).

4) Il principale ostacolo alla crescita esterna è dato dall’avanzare di nuovi concorrenti (nel mondo dei media si tratta delle technology company) e dall’arrivo di prodotti gratuiti e a basso prezzo.

5) Il principale ostacolo interno è dato dalla mancanza, in azienda, di competenze nelle aree più innovative.

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La Lettura Digitale Non Penalizza La Carta

Una ricerca del Pew Research Center. Sulla popolarità degli e-reader. E le abitudini di lettura degli americani. Gli e-book sono sempre più diffusi. Ma la carta non tramonta

Da tempo non entravo nel sito del Pew Research Center e devo dire che il Pew è sempre il Pew.

Da questa ricerca sulle abitudini di lettura emerge che cresce in modo considerevole il numero di americani che usano l’e-reader. In un anno si è passati dal 23% degli adulti al 28%. Al tempo stesso, 7 americani su 10 continuano a leggere libri di carta, in leggera risalita rispetto all’anno precedente. In altre parole, gli e-reader vanno diffondendosi sempre più. Ma si sta affermando un consumo misto. Appena il 4% dei lettori abbandona la carta e legge solo libri in formato elettronico.

La carta rimane alla base delle abitudini di lettura.

Futuro dei Periodici

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Perché Il Digitale Ti Allunga La Vita: Fenomeno Multihomers

I giornali sono in declino. Ma le testate con una presenza digitale riescono ad attrarre più pubblicità. Come spiega uno studio dell’università di Toronto. Che aiuta a capire i cambiamenti nel mondo della pubblicità e di chi la gestisce. Anche in Italia

Sono notizie che sembrano la scoperta dell’acqua calda. Se invece ci rifletti sopra, con umiltà, porti a casa un pezzetto di conoscenza. Acquisisci una chiave di lettura che ti aiuta a capire perché una concessionaria italiana di pubblicità prende anche la raccolta sulle radio, le tv. O compra riviste che altrimenti chiuderebbero.

La ricerca dell’università di Toronto Scarborough (condotta sulla stampa tedesca, con la collaborazione di docenti europei dell’università di Zurigo) spiega fino in fondo le conseguenze, per la pubblicità, di avere a che fare con lettori che si cibano di contenuti su più piattaforme: la loro “dieta mediatica” (come dicono gli esperti) include la lettura del giornale di carta, navigazione e ricerca su Internet, social media, tablet e tanto smartphone. Si chiamano “multihomers” (ma in italiano la esse del plurale va cassata, giusto?).

L’attenzione del lettore/consumatore è parcellizzata. La comunicazione delle aziende, la pubblicità, non può più avvenire solo su un canale. La carta non basta, ma neppure il digitale da solo. Bisogna seguire il potenziale cliente nei suoi spostamenti e conquistare ovunque la sua attenzione. Non c’è dunque il “passaggio al digitale”, ma siamo su un terreno misto.

Torniamo ai multihomer. Tracciarli non è facile. I giornali che ci riescono, che selezionano un pubblico di lettori con interessi molto focalizzati e omogenei, e presenti su carta ma anche sulle estensioni in radio, tv e digitale, possono vendere a un prezzo più alto gli “spazi” pubblicitari. Possiedono qualcosa di grande valore.

Per questo è importante sviluppare una presenza a tutto tondo. Non solo perché si perdono lettori e copie dei giornali.

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Trend Nei Periodici 2013-2014 (Rapporto Fipp)

Per capire come stiano cambiando i rapporti di forza nel mondo dei media basta vedere le considerazioni sulla pubblicità contenute nel World Magazine Trends 2013/14 di Fipp, la federazione mondiale dei media magazine (si trova a Londra). Un rapporto di 444 pagine, descritto in un articolo dell’Huffington Post (della ricerca vengono rilasciati gratuitamente solo alcuni estratti).

Perché la pubblicità è presto detto: è la benzina con cui si alimentano i giornali, a corto di ricavi per la caduta nelle copie vendute.

Nel 2013 la pubblicità raccolta su Internet ha superato per la prima volta quella dei quotidiani: è un dato mondiale.

Nel 2015 la raccolta su Internet supererà quella di quotidiani e periodici insieme.

È utile specificare che entro il 2015 un quarto della pubblicità su Internet riguarderà il mobile: smartphone ma soprattutto tablet.

Non in tutto il mondo la carta stampata boccheggia. Regala ancora soddisfazioni nelle economie in forte crescita e in Africa e Medio Oriente. L’Europa, definita un mercato maturo, anzi “vecchio”, fatica a riprendersi dalla crisi.

Gli editori stanno investendo nel digitale e un quinto della pubblicità raccolta su Internet riguarda i siti e le pubblicazioni digitali.

Ma questa crescita non compensa le perdite della carta. Un problema ampiamente delineato e approfondito.

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Giornali (Digitali) Campioni Nel Marketing

Una ricerca di GlobalWebIndex fa vedere come i quotidiani e i magazine digitali siano la principale via per far scoprire i brand ai consumatori. Una prova di resistenza delle testate giornalistiche nel marketing?

Ci si chiede se anche nella nuova dimensione digitale le riviste resteranno una vetrina utile per la pubblicità. Sapete che spesso si dice che nell’online il prestigio della fonte giornalistica non conta: la gente cerca informazione facendo ricerche su Google, non entrando direttamente nei siti dei giornali. Ma è una convinzione da rivedere. Lo dico senza essere un esperto, partendo dalla lettura di quest’articolo uscito su marketingprofs.com. Il modo più efficace per la scoperta di un brand rimangono i giornali e le riviste, ma nella loro versione digitale. Soprattutto tra i giovani fino ai 24 anni: la fetta di popolazione meno interessata alla carta stampata. La fonte: uno studio di GlobalWebIndex.

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Mi sembra una piccola notizia positiva. La raccolta di pubblicità non riguarda il giornalista. Ma è una delle fonti di guadagno per l’editore, insieme alle diffusioni. E concorre a creare quell’equilibrio economico che è condizione per tenere in vita l’industria dei periodici come l’abbiamo conosciuta negli ultimi 20 anni. Un equilibrio andato in mille pezzi.

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Pubblicità: L’Italia Diventa Europa Periferica

3 anni che cambieranno la pubblicità (e i media, che di pubblicità vivono). Sono quelli che ci attendono. Con queste conseguenze: dopo 35 anni si ferma la crescita della televisione; la pubblicità su smartphone e tablet supera quella dei periodici; la carta stampata si gioca tutto nel digitale

Una volta le notizie sulla pubblicità non m’interessavano: pensavo le leggessero solo addetti ai lavori e giornalisti specializzati.

Ma da quando la carta stampata è in crisi, ho capito che la sopravvivenza delle testate è legata alla capacità di avere una parte nella comunicazione delle aziende (oltre che dal conservare lettori). La perdita di ruolo alimenta la crisi.

Al riguardo, ieri ho letto un importante rapporto di ZenithOptimedia, una delle società globali della pubblicità. Contiene previsioni che vengono lette da chi dirige i media, il marketing, le aziende. Ho scoperto che…

LA TV SI FERMA

La raccolta mondiale di pubblicità nella tv raggiungerà il prossimo anno il picco di crescita. Poi, entro il 2016, avverrà la prima flessione dopo 35 anni. La crescita passerà di mano, sarà del digitale.

È il segnale di una svolta.

E i periodici, e l’Italia?

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L’Estinzione della Pubblicità – Ottobre 2013

La pubblicità nella stampa è in profondo rosso. Da anni. Si può capire perché sia sotto esame il sistema che la raccoglie in quotidiani e periodici

Sono stati diffusi i dati sulla raccolta pubblicitaria dell’Osservatorio Stampa di Fcp.

Nei dieci mesi del 2013 la stampa ha perso il 22,2% del fatturato pubblicitario.

I periodici segnano -24,8% a fatturato rispetto al 2012.

L’anno scorso il calo dei periodici era stato del -16,4% rispetto al 2011.

L’anno prima del -2,2% rispetto al 2010.

L’anno prima del -6,7% rispetto al 2009.

L’anno prima del -30% rispetto al 2008.

Finito?

Futuro dei Periodici

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Facebook e i Periodici Italiani

I siti dei settimanali: il numero di utenti, il ruolo dei social media, l’attaccamento e fidelizzazione dei lettori. C’è ancora molta strada da percorrere

Segnalo un post sulle performance online dei settimanali italiani scritto da Pier Luca Santoro, l’autore del sito su comunicazione ed editoria Il Giornalaio.
Santoro risponde a domande di grande interesse sul seguito online delle testate periodiche.
Attraverso uno studio fatto con uno strumento per specialisti, è possibile vedere non solo quanti utenti unici ha ciascun sito. Ma, sopratutto, capire alcune caratteristiche dei visitatori. E intuire il loro livello di soddisfazione.

Vedremo quanti lettori arrivano sul sito del giornale dai social network, per esempio. A questo riguardo, viene fuori che nei settimanali, così come nei quotidiani, pochissimi visitatori sul totale vengono “rastrellati” su Facebook e Twitter e dirottati al sito, come dovrebbe essere interesse degli editori. La parte del leone, comunque, spetta a Facebook.

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In Uk la Pubblicità Torna ai Livelli Pre-Crisi

La pubblicità in Gran Bretagna è tornata a livelli di prima del 2007. Quando la crisi non era ancora esplosa. Ne beneficia anche la carta stampata. Che però deve fare innovazione

Sì, in Gran Bretagna c’è il boom della pubblicità. I dati del Rapporto This Year, Next Year UK di GroupM, società che si occupa di investimenti nei media, dicono che nel 2013 la spesa dovrebbe essere del 7%, il doppio di quanto previsto a maggio.

Complessivamente, la somma spesa dovrebbe raggiungere 13,9 miliardi di sterline, superando il picco raggiunto nel 2007, prima della crisi. Ben oltre quel che si registra in altri paesi europei. Nel 2014 si prevede che gli investimenti arrivino a 14,8 miliardi: +6%. Spettacolare ma non fenomenale, è il commento di GroupM, se si considera che il prodotto interno lordo della Gran Bretagna è cresciuto del 9% dal 2008.

Il digitale pesa ormai per il 44% sugli investimenti pubblicitari nel paese. E la carta stampata? Tra crescita della tv e del digitale, i giornali lottano per ridurre le perdite temute e contenere i danni sotto il 10%: perdite in investimenti pubblicitari a una sola cifra.

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Nei Periodici le Copie Digitali Vendute Sono il 4,9%

Ricordate che negli Stati uniti si lamentano perché le copie digitali dei periodici sono il 3,3% del totale venduto? (Tanto che si parla di fallimento dei tablet come strumento per leggere i giornali). In Italia i numeri sono leggermente migliori

Riprendo i dati diffusi nei giorni scorsi. Riguardano le vendite di settimanali a settembre e di mensili ad agosto 2013.

Sommando settimanali e mensili, le copie digitali vendute in Italia sono il 4,9% del totale (elaborazione di questo blog).

Se ci limitiamo ai settimanali, il 3,6% delle copie vendute sono digitali.

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Perché i Giornalisti Usano i Social Media – Indagine in Gran Bretagna

Passano almeno 2 ore al giorno sui social media, dove vanno soprattutto per postare i loro pezzi. E per dialogare con i lettori. In appena un anno è cambiato il modo in cui i giornalisti usano Twitter e Facebook

DIGITAL FIRST Forse per i giornalisti passare le giornate su Twitter, Facebook e altri social media è il modo più diretto per essere “digital first”, termine molto usato in questi giorni in Italia.

Ma perché si va sui social e cosa si fa?

SONDAGGIO In Italia mancano indagini esaustive. Invece un pezzo uscito sul sito di Wan Ifra (l’associazione mondiale degli editori di giornali e news media) dà un quadro abbastanza completo di quel che accade in Gran Bretagna. Lo fa riprendendo una recente indagine online di Cision e Canterbury Christ Church University, cui hanno partecipato 589 giornalisti.

CI VANNO TUTTI Il 96% dei giornalisti britannici usa ogni giorno i social media come strumento professionale. Il più popolare è Twitter, ormai imprescindibile per chi lavora in quotidiani, periodici, televisione. Insomma, solo 4 giornalisti su 100 non sono sui social.

Il 63% passa su questi siti almeno 2 ore al giorno. Il 22% più di 4 ore. Rispetto al passato è aumentata la frequenza e il numero di siti visitati.

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Come Cambia la Lettura nel Digitale – Ricerca Francese sui Periodici “Print+Web”

Con il digitale nasce un nuovo patto di lettura tra i periodici e il loro pubblico. Rimane alta la fiducia verso i contenuti dei giornali. Ma si sviluppa un nuovo rapporto con i giornalisti e le testate. Con vantaggi anche per la pubblicità. Come dice La Réinvention Magazine, ricerca condotta in Francia

In Francia SEPM Marketing et Publicité ha presentato il 3º studio Print+Web, quest’anno intitolato «Reinventare i periodici». Sono stati sentiti 8.700 lettori.

Il mercato francese di settimanali e periodici vanta 33 milioni di copie scaricate in digitale (dati OJD), una crescita del 74% in un anno, 300 applicazioni dei magazine, +64% di lettori su mobile nel 2013.

Date un’occhiata ai video caricati su Vimeo dagli autori della ricerca. Ecco il primo (gli altri, sotto).

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I giornali per tablet sono un flop? – Sondaggio di Hearst Uk

Un sondaggio di Hearst sulla lettura dei giornali su tablet dà indicazioni su questioni in questi giorni molto dibattute. Le edizioni digitali delle riviste hanno un futuro sui nuovi apparecchi mobili? Oppure le applicazioni di settimanali e mensili sono poco friendly, rendono difficile la lettura, impediscono la condivisione degli articoli e lo scambio di commenti e di “like”? E per questo sono un fallimento? Domande che sono state sollevate da un articolo su GigaOM, sito americano d’informazione sulle nuove tecnologie.

SONDAGGIO SUL TABLET Un sondaggio condotto in Gran Bretagna da Hearst, che nel Paese pubblica Harper’s Bazaar, Men’s Health, Cosmopolitan, Esquire, Elle, Red, aggiunge informazioni utili per chiarirsi le idee. L’indagine è in-app, ovvero è stata fatta coinvolgendo 500 lettori che si sono abbonati alle edizioni digitali delle riviste della casa, o le hanno acquistate nelle edicole digitali. Il valore scientifico non è quindi eccelso ma le conclusioni sono comunque utili in dispute in cui, a ben guardare, si mettono a confronto punti di vista e impressioni soggettive.

SI LEGGE COME SULLA CARTA Dal sondaggio, che riguarda copie arricchite e ridisegnate per tablet del giornale e non semplici Pdf, viene fuori che il 31,4% dei lettori legge l’edizione digitale dalla prima all’ultima pagina, in modo lineare.
Il 7,3% scorre il numero del giornale attraverso le miniature delle pagine.
Il 6,4% si muove tra i contenuti utilizzando gli strumenti di navigazione che si trovano all’inizio del giornale: ricerca mirata.

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Il Tempo degli Slow Media – Rapporto su 9 Trend della Comunicazione Digitale

Slow media, i media lenti. Sono siti o applicazioni web del giornalismo diversissimi dai media veloci. Non inseguono numeri vertigionisi di utenti attraverso articoli o titoli tirati, forzati, sexy. Ma puntano sui contenuti di alta qualità. Articoli approfonditi, ben scritti, arricchiti, multimediali, che regalano un’esperienza di lettura coinvolgente, su cui l’utente passa volentieri molto tempo. Per questo piacciono anche agli inserzionisti dei giornali

TREND EMERGENTI Il gruppo svedese Bonnier, con 175 giornali in 20 Paesi, ha pubblicato un rapporto che fa la mappa dei trend nei media, Media Map Trend Report, che individua 9 trend nelle tecnologie della comunicazione e nei comportamenti dei consumatori che potrebbero influenzare l’industria dei media nei prossimi 2 anni.

Il rapporto raccoglie, analizza e porta alle conclusioni notizie, elementi e numeri che emergono dalla raccolta di studi sui comportamenti dei consumatori, dai rapporti dell’industria, da dati di mercato e interviste ad esperti del settore.
Il rapporto, presentato in una forma che ricorda quella di un magazine digitale (tanto per dire che il magazine, nel digitale, ha un’alta leggibilità ed è capace di attrarre pubblico), solitamente indirizzato al management e ai dipendenti, viene per la prima volta reso pubblico.
SLOW MEDIA Mi ha colpito il primo capitolo, quello più intimamente connesso ai media. Si intitola Information Vegetables e introduce un concetto che avevo colto ma che restava indefinito, in mancanza di una etichetta. Quella di slow media, media lenti, contrapposti ai media veloci, al consumo di notizie e titoli accattivanti, senza qualità, senza profondità, senza grafica curata, senza un’offerta aggiuntiva e un servizio per il lettore che faccia venire la voglia di passare anche un’ora sulla pagina, con design ottimizzato. E si fanno esempi famosi, di cui molto si è parlato negli ultimi mesi. Siti web giornalistici e prodotti multimediali. Il racconto multimediale del NYTimes Snow Fall, il sito d’informazione economica Quartz, il sito di racconti innovativi Cowbird, The Atlantic. Sono prodotti giornalistici di successo che regalano un’esperienza di lettura piacevole, stimolante, lenta nel senso che in questi siti non si atterra per caso ma ci si va per scoprire qualcosa che abbia un valore.
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L’Anno in cui Abbiamo Rottamato il Computer – Il Boom del Mobile nel 2013

Nel 2013 c’è il boom della pubblicità sul mobile, cioè su tablet e smartphone. E per la fine dell’anno si venderanno più apparecchi di questo tipo che pc. La principale porta d’accesso a internet non è più il computer

PUBBLICITÁ NEL 2013 Riprendo le previsioni diffuse da ZenithOptimedia sulla pubblicità. Sono impressionanti. Dicono che nel mondo, quest’anno, c’è il boom della pubblicità sul mobile. Se guardiamo alle somme di denaro investite, sono decisamente inferiori che sulla tv e nei giornali. Ma il mobile è quello che cresce di più. E continuerà a farlo nei prossimi anni (per il 2015 la pubblicità su mobile sarà pari, a valore, al 25,2% di quella su internet e al 6% del totale).

Il mobile cresce 7 volte più velocemente della spesa pubblicitaria per l’internet da desktop: +77% nel 2013, +56% nel 2014, +48% nel 2015. Complessivamente la spesa su internet cresce invece di APPENA il 10% l’anno.

SMARTPHONE BATTE PC Non c’è da stupirsi, dice l’articolo riportato in link alla fine del post.

Per quest’anno, infatti, si prevede che negli Usa, e a maggior ragione negli altri Paesi, si venderanno più apparecchi mobili che personal computer. E lo smartphone sta diventando lo strumento più utilizzato per entrare in internet.

I GIORNALI C’è qualche parola di conforto per la carta stampata? Sì, nel 2012 la spesa in pubblicità su quotidiani e periodici americani ha comunque superato quella su internet. E nel 2015 sarà ancora così, se si somma la radio alla carta stampata.

Il punto: per il futuro, quotidiani e periodici devono guardare sempre di più al tablet. Lo si dice anche nell’articolo qui sotto: gli editori sono in ritardo nel fornire contenuti per il mobile.

Techcrunchla pubblicità nel 2013.

TechCrunch

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In Francia Aumentano i Lettori di Giornali

In Francia i giornali conservano il loro pubblico. Grazie a tablet e smartphone, che compensano il calo dei lettori della carta. A conferma che gli editori devono puntare su più canali. E alla difesa del brand

AUMENTANO I LETTORI Già, la Francia. Ma questa osservazione è stata fatta, su questo blog, a proposito del mercato americano e australiano. Si vendono meno copie dei giornali ma rimane stabile, o aumenta, il numero dei lettori. Insomma, il nome del giornale, il brand, rimane forte. Una buona premessa per il futuro. A differenza di quanto è avvenuto in Italia nei primi 6 mesi del 2013, quando abbiamo assistito a un forte calo delle copie e dei lettori (una tendenza che forse si sta invertendo).
Vediamo la notizia di questi giorni. E’ riportata da Le Monde. In un anno i lettori di giornali su mobile (tablet e smartphone, fondamentalmente) sono aumentati del 24% tra luglio 2012 e giugno 2013 (rispetto allo stesso periodo dell’anno prima). Lo dice Audipresse One (sondaggio su oltre 35 mila lettori). Di conseguenza i lettori dei giornali sono aumentati complessivamente dello 0,4%, sommando stampa e digitale.
MULTIREADING Il digitale ha tenuto stabile il lettorato. Anche se si assiste al fenomeno del multireading: il 54% di coloro che leggono su tablet, guardano anche i giornali di carta.
Si sottolinea la forza del mobile. Il numero di lettori su tavoletta è cresciuto in un anno di 2,5 volte. Circa 8,6 milioni di persone sono “attrezzate”: possiedono o si fanno prestare la tavoletta. Mentre i lettori su sito web sono cresciuti di appena il 3%.
DIFFUSIONI IN FRANCIA Bisogna però aggiungere che in Francia i periodici hanno perso in un anno solo lo 0,6% delle copie vendute. E dei lettori che pagano per leggere la copia in loro possesso (mentre i lettori di cui parlavamo sopra includono anche coloro che si fanno prestare il giornale o lo leggono gratis su internet).
lemonde
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Cosa succederà ai periodici nei prossimi 5 anni (previsioni di PwC)

Rilettura approfondita del rapporto con le previsioni 2013-2017 sui media italiani. Faccio il punto sui periodici: spesa degli italiani, investimenti pubblicitari, cause del ridimensionamento, occasioni di sviluppo

LE RIVISTE RIMANGONO IMPORTANTI Ho capito questo, rileggendo il rapporto di PwC, società internazionale di consulenza. Che i periodici, quanto a capacità di farsi leggere dagli italiani e di raccogliere pubblicità, diventeranno un mondo ancora più piccolo di quanto non siano nel 2013. La spesa complessiva su questo media in Italia (copie in edicola, abbonamenti, annunci) passerà da circa 2 miliardi di euro a circa 1,5 miliardi nel 2017. Ma le riviste di carta, e le loro estensioni digitali, resteranno comunque una forma di intrattenimento e comunicazione rilevante per il giro d’affari complessivo, seppur ridimensionato rispetto al 2008. Inferiore a tv, gioco (lotterie e azzardo, anche online), quotidiani, libri, internet. Ma superiore a cinema, musica, radio.

PESERANNO MENO Il nostro paese è più di altri legato a questa formula giornalistica, come rivela il confronto con il resto dell’Europa (il settore media e intrattenimento italiano è il 9,2% del totale europeo; ma i periodici italiani sono il 9,7% del totale europeo). Le edicole sono piene di riviste. Ma, rispetto ad altre forme di intrattenimento, arretreranno di molto da qui al 2017. Più di tutte le altre (un calo del 5,8%, superiore a quello dei quotidiani. Gli altri settori, invece, cresceranno nei prossimi 5 anni, con eccezione di libri e musica: tv, internet, gioco, cinema etc etc).

Una delle ragioni, spiegano gli analisti di PwC, è il peso delle copie vendute in edicola: a causa della crisi, la gente ha speso meno e c’è stato il tracollo delle diffusioni. Gli abbonamenti, un canale poco rilevante in Italia, reggono invece meglio, perché la gente tende a rinnovare le sottoscrizioni. O comunque non prende decisioni di settimana in settimana, o di mese in mese, come per i prodotti in edicola. Lo si è visto negli Usa, dove le copie vendute in abbonamento sono 9 su 10, e difatti non si è registrato un crollo delle diffusioni. Ma nel nostro paese le tariffe postali, e la qualità del servizio di consegna a domicilio, scoraggiano gli editori dall’investire in questa direzione. Non è un investimento: è una perdita.

COME MIGLIORARE Come reagire? Il rapporto contiene solo due indicazioni. La prima sulle copie digitali delle riviste. Ha senso proporle anche se non compenseranno il calo in edicola. Consentono infatti di raggiungere lettori benestanti, che si possono permettere l’acquisto di tablet, dunque un pubblico appetibile come target pubblicitario. La seconda raccomandazione riguarda la creazione di community intorno ai siti e alle app e all’attività social delle riviste, il digitale. Solo così i periodici resteranno un media rilevante.

Ma queste sono solo previsioni. E sarebbe bello riprendere i rapporti di PwC degli anni passati e vedere di quanto si siano avvicinati alla realtà.

Rapporto PwC: i media tra 2013-2017.

Futuro dei Periodici

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Diminuiscono in Italia i lettori di quotidiani e periodici

Meno persone leggono i periodici italiani. Un fenomeno in controtendenza rispetto agli Stati Uniti, dove invece la readership è in leggera crescita.

READERSHIP Non parliamo di copie vendute in edicola o in abbonamento, giornali di carta o copie digitali. I numeri di questo post riguardano i lettori. Coloro che sfogliano o consumano i contenuti di una testata anche senza comprarla. I dati di Audipress mettono a confronto il periodo da aprile a giugno con i primi tre mesi del 2013.

PERDE LA CARTA STAMPATA Viene fuori che i settimanali hanno perso il 3,4% dei lettori (tenendo conto delle testate chiuse nel frattempo). I mensili hanno visto scendere i lettori del 2,4%. Complessivamente i magazine hanno “smarrito” il 4,1% del proprio pubblico. I quotidiani si limitano a un -1%. Passando alle singole testate periodiche, si nota che sono quasi tutte in negativo, le pochissime eccezioni non sono rilevanti per la comprensione del fenomeno. È il punto più basso della crisi? Le copie in edicola, stando agli ultimi dati, sono invece in ripresa.

Primaonline: dati Audipress sul lettorato dei periodici.
Primaonline

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I video nei siti web delle riviste

Time migliora l’offerta di video nei siti dei propri giornali. Si risponde a una richiesta degli utenti e della pubblicità. Ma anche in Italia c’è spazio per crescere. E fare ricavi.

UNA STRADA OBBLIGATA I video: non a tutti i magazine accadrà come a Penthouse, la rivista erotica che ha cessato le pubblicazioni in questi giorni, piegata dalla concorrenza del porno in streaming. C’è chi vuole svilupparsi nel digitale. Riporto allora la notizia relativa a Time Inc., la principale società di periodici negli Usa, che sta raffinando la strategia dei video nei propri siti di testata. Ci sarà una cabina di regia e maggiore coordinamento. Sono state fatte assunzioni, è stato aperto uno studio che consente il live streaming a New York. L’editore è già partito con la testata Sports Illustrated, proseguirà investendo in Entertainment Weekly, Real Simple, Time.
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Il calo della pubblicità nei giornali italiani – Previsioni fino al 2017 di PwC

I segnali di ripresa della pubblicità in luglio riguardano tv e internet. Ma i periodici e i quotidiani continuano ad andare male. Un trend che potrebbe proseguire

UN PROBLEMA DELLA CARTA STAMPATA In luglio i periodici hanno perso a valore (quanto s’incassa) il 24,1% rispetto allo stesso mese del 2012. Come i quotidiani. Peggio fa solo il cinema. Sono numeri diffusi ieri dall’istituto Nielsen. Il dato complessivo del calo degli investimenti in pubblicità è invece “solo” del 5,4%, e da inizio anno il mercato ha perso il 16%. Le buone notizie sono limitate alla tv, che torna a vedere una crescita (1,6%) al termine di 21 mesi di risultati negativi (2 anni!). Mentre internet, dopo 4 mesi in calo, segna una crescita del 5%.

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Italiani sempre più digitali – Indagine di Deloitte

Dovrei chiamare questo post: l’altro post. Come fa l’Espresso, che a ogni numero presenta L’altra copertina; e fa vedere quale avrebbe potuto essere la copertina della settimana se un fatto più importante, o una diversa scelta della direzione, non avesse fatto cambiare idea.

Se avessi trovato maggiore consistenza nella notizia, oggi avrei pubblicato un post sul survey di Deloitte, società di consulenza presente in tutto il mondo, intitolato State of the Media Democracy.

PASSIONE DIGITALE Anticipato ieri da Corriere Economia, il rapporto dice, innanzitutto, che gli italiani sono onnivori di internet. La propensione a usare computer portatili, smartphone e tablet è tra le più alte registrate nei paesi avanzati. Questa è una notizia, perché conferma e rafforza quanto era stato messo in luce quasi un anno fa da una ricerca di Boston Consulting Group, altra grande società di consulenza, sull’entusiasmo degli italiani per i device usati per navigare su internet e il digitale. Forse possiamo dire senza sbagliare che il nostro mercato è promettente per quegli editori che sapranno giocare bene le carte della transizione al nuovo mondo della comunicazione.
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Edicola, fermata la perdita di copie – Dati Ads luglio 2013

Settimanali e mensili hanno ripreso a vendere in edicola, dopo mesi di risultati negativi. Lo dicono i dati sulle copie rilevate da Ads.

CONFERMA Viene confermato anche dalle rilevazioni del mese di luglio il trend favorevole che abbiamo visto nei due mesi precedenti. Si è passati da poche testate a un gran numero di settimanali e mensili che recuperano copie vendute, mese su mese.

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La crisi della raccolta pubblicitaria nei media – Indagine globale di Nielsen

Che l’Europa fosse il malato dell’economia lo si sapeva. I dati sugli investimenti in pubblicità nei media conferma che la carta stampata degli editori europei è ancora nell’occhio del ciclone. Ed escono i dati sui primi sei mesi in Italia di Osservatorio Stampa Fcp: calo sulla carta stampata del 24,4%, periodici -26,1%.
L’articolo di Mediapost (riportato in link alla fine di questo post) riporta i dati dell’istituto Nielsen sul primo trimestre del 2013.
Solo nella televisione (e su Internet)  c’è una raccolta pubblicitaria in moderata crescita a livello globale: +3,5%.
Ma in Europa anche quest’area è in sofferenza e perde il 2,9%.
Nel mondo, la pubblicità è in declino sulla carta stampata, con i periodici giù del 2,8%, i quotidiani addirittura del -4,7%.
Nei periodici, la diminuzione riguarda soprattutto Europa, l’area dell’Asia sul Pacifico, l’America Latina, Medio-Oriente ed Africa.

La radio è scesa dello 0,2%. Il cinema del 5,8%.
Solo Internet, con la pubblicità display, ha una crescita, anche in Europa, dove c’è un incremento superiore al 10%.

Ma qual è il rapporto di forza tra media? La tv ha una fetta di mercato dominante, come in passato, pari al 59%. Seguono i quotidiani al 18,3%, i periodici al 9,4%, la radio al 5,5%, Internet al 4,4%, il cinema 0,3%.
Questa e’ una fotografia del pianeta. Perche’ sappiamo che in Italia, invece… (in link i dati del primo semestre 2013 sulla carta stampata).

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11 notizie su come è cambiato il giornalismo

Ho letto a fondo il Digital News Report 2013 del Reuters Institute, importante rapporto su come cambia il consumo di notizie  nell’era del digitale. Computer, smartphone, tablet e carta stampata messi a confronto in un’indagine condotta in Europa, Stati Uniti, Brasile, Giappone. Viene fuori anche una descrizione dell’Italia come Paese votato alla dimensione social della comunicazione.

Non ho chiuso bottega, come temeva un amico che mi ha scritto ieri. Anzi, approfittando di qualche giorno di maggiore tranquillità estiva ho trovato utile rileggere uno degli studi sul giornalismo più interessanti e approfonditi della prima parte del 2013. Fare la sintesi di qualcosa che un lettore non ha il tempo di andarsi a vedere: ecco un compito del giornalista che non sarà mai superato. Vale anche per un blogger a tempo perso.

Il Rapporto sulle news digitali del Reuters Insitute risponde ad alcune domande che tutti i giornalisti si fanno.

1) Quando si pensa al modo in cui consumiamo informazione, dobbiamo ricordare che esistono ancora grandi differenze tra Paese e Paese: la cultura nazionale, il reddito, la composizione sociale, le infrastrutture della comunicazione, la politica e la legislazione creano paesaggi diversissimi. Se ne deve ricordare anche un blogger quando è tentato di vedere in una tendenza locale un fatto globale.

2) La carta stampata sta morendo e sarà sostituita dalla distribuzione digitale? La fruizione delle notizie giornalistiche è sempre più multipiattaforma: non c’è il lettore di carta stampata o del digitale. E il 33% dei lettori che legge news digitali utilizza 2 device (es. computer e smartphone), altri (il 9%) ne usano tre (il tablet si aggiunge ai primi due).

3) Il tablet è una novità dirompente nel mondo del giornalismo o solo uno dei tanti strumenti per leggere notizie? Il numero di coloro che usano il tablet per cercare e leggere notizie è raddoppiato nel giro di dieci mesi in molti dei Paesi europei passati al setaccio dal Reuters Institute. In Danimarca siamo al 25% dei lettori complessivi.

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Cresce la pubblicità nelle edizioni dei giornali per iPad – (E il mal di web degli inserzionisti italiani)

Cresce del 24% la raccolta di pubblicità nelle edizioni per iPad delle riviste statunitensi. Non è una notizia per esperti ma un piccolo segnale sui cambiamenti in atto nell’editoria e nella comunicazione delle aziende. Perché, senza questa fonte di ricavo, le inserzioni, il destino della maggior parte dei magazine è segnato.

Si dice che fare un’edizione per iPad (o tablet) del giornale è costoso: vero. Si dice che la pubblicità non se la sente di investire soldi in annunci multimediali: vero.

Ma ieri ho letto nel sito della rivista americana Adage questa notizia che ha il sapore della annotazione cronachistica che rivela un movimento lento ma profondo degli eventi.
Negli Stati Uniti la raccolta pubblicitaria sulle edizioni per iPad delle riviste è in crescita. Una crescita sensibile, significativa, dal punto di vista di chi scruta l’orizzonte in attesa del refolo di vento che rimetta in moto la navigazione dell’editoria in crisi.
Nel primo trimestre del 2013 il numero totale di inserzioni pubblicitarie sulle edizioni per iPad dei magazine americani ha visto una crescita del 23,6% rispetto al 2012 (secondo quanto riferisce un report di Kantar Media e del Publisher Information Bureau). Il rapporto fa il monitoraggio di 58 riviste. Vien fuori che le pagine di pubblicità sulle edizioni cartacee delle stesse sono state, nel periodo di cui si diceva, 10.707: più o meno come nel 2012. Ma le pagine sull’edizione per iPad sono passate da 4.824 a 5.961. Sommando carta e digitale, la crescita è del 7,5%.

Nell’articolo si rivela (curiosità!) il prezzo di una pagina di pubblicità su Bloomberg Businessweek (85 mila dollari nell’edizione per iPad, 161 mila in quella di carta). E c’è la conferma che il mondo delle aziende è al bivio riguardo alla possibilità di investire in comunicazione multimediale, “arricchita”, sulle edizioni digitali delle riviste.

One impediment for iPad ads is cost. There are more production costs required for interactivity, and some publishers, including Condé Nast and Meredith, have charged advertisers for interactive elements.

Un ostacolo sull’iPad sono i costi. Ci sono costi di produzione maggiori dovuti all’interattività e alcuni editori, inclusi Condé Nast e Meredith, hanno scaricato sugli inserzionisti il prezzo degli elementi interattivi.

Tutto questo mi ricorda un pezzo su la Lettura, inserto domenicale di cultura del Corriere della Sera, in cui si raccontava dell’immobilismo e dei profondi cambiamenti di mentalità nel mondo della comunicazione pubblicitaria in Italia. Non dipende solo dagli editori se i giornali non fanno investimenti e sperimentazione! Anche la pubblicità è ferma. L’intero sistema è in stand-by, si è spettatori, si tagliano i costi, manca la convinzione di poter investire in modo sensato. In Italia. Negli Usa, invece…

Adage: cresce la pubblicità nelle edizioni per iPad dei giornali.

Advertising Age

Rivista sul mondo della pubblicità negli Stati Uniti.

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Il futuro digitale dei newsmagazine (e delle notizie a pagamento) – Reuters Institute Digital News Report 2013

Lettura consigliata a chi segue lo sviluppo dell’informazione giornalistica nel digitale: il Rapporto Digital News 2013 del Reuters Institute. Cito solo una parte dello studio, quella in cui si fa riferimento al futuro dei periodici che si occupano di public affairs, i cosiddetti newsmagazine, tipo l’Espresso, per intenderci. E le considerazioni sulla propensione degli utenti a pagare per il consumo di notizie sulle nuove piattaforme, alternative alla carta stampata.

Il capitolo che a me interessa di più del corposo Digital News Report 2013 del Reuters Institute s’intitola: The Bottom Line: Do and will Consumers Pay for Digital News? Fatturati: quanto i consumatori sono o saranno disposti a pagare per le news digitali?

C’è questa frase, dell’autore del capitolo, Robert G. Picard, direttore della ricerca al Reuters Institute:

Public-affairs magazines are also finding it easier to get the public to pay than newspapers, especially on tablets, because digital payments for magazines are becoming the norm and they offer news analysis and commentary in ways general news sources do not.

I newsmagazine stanno trovando più facile dei quotidiani farsi pagare dai lettori, soprattutto sul tablet, perché il pagamento digitale sta diventando la norma per i periodici, i quali offrono analisi e commento delle notizie in modi che le fonti di general news non praticano.

Una considerazione che definirei controintuitiva, viste le cose deprimenti scritte a proposito di Newsweek, il newsmagazine che a dicembre 2012 ha lasciato le edicole e che nelle ultime settimane è stato messo in vendita dopo i risultati poco incoraggianti nella dimensione solo digitale. Ma previsioni poco promettenti incombono anche sulla strada di Time.

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Sempre più lettori per i periodici digitali – Una ricerca in Gran Bretagna

Una notiziola di qualche interesse, perché apre una prospettiva su cui riflettere.

Dunque, questa app per leggere i giornali su tablet, lekiosk, un’edicola virtuale, ha fatto una ricerca sulla lettura dei periodici e dei giornali sulle “tavolette”.

Pare che in Gran Bretagna la metà della popolazione abbia comprato e letto periodici digitali.

Dove si legge con il tablet? Nel 36% dei casi in salotto, nel 22% in camera da letto, nel 20% mentre si viaggia in bus o metro per andare al lavoro.

Il sondaggio, condotto su un campione di 2000 persone, ha inoltre rivelato che 1 inglese su 20, e 1 giovane su 10 tra i 18 e i 24 anni, legge più periodici digitali adesso di quanto facesse un anno fa.

La morale, riportata dal Guardian? Il futuro dei periodici è digitale. E lo strumento per la lettura sarà il tablet. Parola di lekiosk, parte in causa.

The Guardian: tablet e periodici.

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Lo stato di salute dei periodici in Italia: copie vendute, ricavi, giornalisti occupati

Il rapporto «La stampa in Italia negli anni 2010-2012» diffuso ieri dalla Federazione italiana editori giornali (Fieg) scatta la fotografia del settore. I numeri sull’andamento economico dei giornali, gli indicatori riguardanti le performance delle società che li pubblicano e i dati sul numero di giornalisti che lavorano sono un punto fermo per qualsiasi riflessione si voglia sviluppare sul futuro dei giornali.

Mi concentro solo sui dati generali e quelli dei periodici.

Il 2012 ha visto per la prima volta un calo nel numero complessivo di lettori. In passato si registrava una riduzione delle copie vendute ma il numero degli italiani che leggeva quotidiani e periodici era stabile.

Lo scorso anno è stato il peggiore degli ultimi 20 nella raccolta di pubblicità sulla carta stampata. Si è infatti registrato un calo del 14,3%. Ma, come sappiamo, il 2013 sta andando ancora peggio, decisamente peggio.

La crescita del digitale nella pubblicità è stata del 5,3%, ma come in tutto il mondo questa performance non compensa affatto il calo verticale dei ricavi sulla carta, dunque gli editori sono in grande affanno.

Nel 2012 i settimanali hanno venduto 10.225.000 copie, in calo del 6,4%.

I mensili hanno venduto 9.515.000 copie, sotto dell’8,9% rispetto all’anno passato.

La raccolta pubblicitaria di questo settore è scesa del 18%: oggi la pubblicità sui periodici vale 571 milioni di euro.

Le copie vendute, invece, valgono 2.253 milioni di euro, e hanno visto un calo anno su anno del 7%.

Infine i giornalisti occupati.

Nel 2011 il calo complessivo, quotidiani e periodici insieme, è stato dell’1,4%. Nel 2012 del 4,2%.

I giornalisti che lavorano oggi nei periodici italiani sono 2.872, in calo dell’1,4% in un anno.

Ma questa slide dice tutto.

Giornalisti occupati in Italia

Prima Comunicazione: Rapporto Fieg sulla stampa italiana 2010-2012.

Primaonline

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Il futuro dei periodici fino al 2017 – Entertainment & Media Outlook di PwC

Una ricerca importante, l’Entertainment & Media Outlook di PricewaterhouseCoopers (PwC), descrive il futuro economico dei periodici americani da qui al 2017. Il calo dei ricavi da copie vendute, il calo della pubblicità, la crescita del digitale, non sufficiente. E qualche sorpresa.

La crisi continua. L’articolo di Adweek che sintetizza l’Outlook di PwC dice che non c’è alcuna ripresa dietro l’angolo per i periodici. Il mercato continuerà a scendere nei ricavi da copie vendute e nella raccolta pubblicitaria. Questa previsione vale per gli Stati Uniti, Paese che ha risposto meglio e più rapidamente dell’Italia alla crisi economica. Il declino dei periodici si conferma, dunque, strutturale. Non abbiamo ancora visto tutte le conseguenze. Viene confermata la “narrativa” corrente secondo cui i lettori e gli inserzionisti grandi e piccoli stanno migrando verso il digitale e verso altre modalità di accesso all’informazione.

Il mercato dei periodici consumer americani (le riviste come Time e Cosmopolitan) vale nel 2012 24 miliardi di dollari ma scende a 23 miliardi di dollari nel 2017. Dalla crisi del 2009 si è registrata una lieve ripresa, ma il mercato continuerà nel suo complesso a calare con l’abbandono della carta da parte di lettori e inserzionisti.

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Negli Stati Uniti aumentano i lettori dei periodici – Dati sulla readership primavera 2013

Negli Stati Uniti sale il numero dei lettori, l’audience dei periodici, al contrario dell’Italia, dove il lettorato dei periodici è in discesa. Vi chiedo di dare un’occhiata ai numeri ma anche al tipo di testate che ottengono le performance migliori. Incluse quelle che vendono di più in ambito digitale (tra cui Tv Guide).

Il Survey of the American Consumer di GfK MRI dice che l’audience complessiva dei periodici statunitensi è cresciuta in un anno del 3%, raggiungendo 1,2 miliardi di lettori. Ricordo che questo numero somma i lettori di tutte le riviste, sia quelli che acquistano o ricevono in abbonamento la testata, sia quelli che la trovano in casa, perché comprata dai familiari, o in luoghi pubblici (il barbiere…).

L’articolo di Adweek elenca i titoli a maggiore crescita, tra cui (tenetevi forti) Diabetes Forecast, Yoga Journal, Psychology Today. Tante testate che parlano di cibo, da Food Network Magazine a Eating Well. Ma anche The Atlantic, The Economist, New York magazine e The New Yorker.

Perdono in maniera rilevante i giornali di moda e i maschili (American Hunter, Golf Digest, Maxim).

Nel digitale si osserva che la percentuale è ancora una frazione ridotta delle letture complessive, 1,4% del totale, con crescita annuale dell’83% a 16,9 milioni di lettori. Osservo che tra i più letti in versione digitale c’è Tv Guide, con 705.000 lettori: un buon segno per le guide televisive, giornali che hanno un futuro segnato ma continuano a vendere moltissime copie e dunque sono uno degli assi portanti di qualsiasi editore abbia un titolo in quest’area. La crescita nel digitale indica una strada per queste testate.

La domanda vera, tuttavia, è questa: perché il numero di lettori aumenta e le copie vendute in edicola calano vertiginosamente? E per quale ragione si calcola la readership? Al primo quesito è arduo rispondere. Mentre il secondo mi fa venire la voglia di dire che gli editori raccolgono stime sulla audience complessiva per dimostrare che i loro giornali sono ancora efficaci a livello pubblicitario (per approfondire, guardate qui: http://www.consterdine.com/articlefiles/42/HMAW5.pdf): nonostante la crisi, continuano a raggiungere fasce larghe di popolazione.

Adweek: l’audience dei periodici statunitensi. 

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Intervallo: 7 infografiche sui trend di Internet

7 infografiche. Riassumono le tendenze di Internet nel 2013. Fanno capire cosa sia il mondo digitale. Parlano di privacy, contenuti online, comportamenti. Su pc e smartphone.

Spudoratamente riprendo alcune chart sui trend di Internet pubblicate da The Atlantic, il newsmagazine mensile, messe a punto da Mary Meeker, general partner di Kpcb.

Mi hanno aiutato a capire, con un colpo d’occhio, cosa sia oggi il mondo digitale.

1) Il tempo speso sui media e la pubblicità raccolta su ciascuno.

Qui bisogna osservare che sulla carta stampata si spende relativamente poco tempo, il 6%, rispetto agli altri media. Ma la raccolta di pubblicità su questo mezzo è enormemente più elevata, il 23%. Riprendendo, in forma interrogativa, una frase del “boss” di WPP (colosso della pubblicità): la stampa è sopravvalutata come veicolo promozionale? Se così fosse, quali altri smottamenti avverranno nei prossimi anni a vantaggio di tv, Internet, mobile?

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Dall’obiettività al giornalismo dell’interpretazione – Una ricerca della Columbia sull’era digitale

Una ricerca della Columbia University mostra come il giornalismo che riporta i fatti stia lasciano il posto al giornalismo che interpreta la realtà. C’è uno spostamento dal resoconto degli avvenimenti, nel nome dell’obiettività, all’analisi di quel che accade. Un processo iniziato negli anni Novanta e accelerato dal digitale. Perché nel web si celebra l’orgia delle notizie. Ma la gente ha bisogno di significato.

Lo abbiamo detto mille volte, il Web è il regno della notizia ridotta a commodity, qualcosa che viene riportato e copiato mille volte, senza valore aggiunto, un moltiplicatore che toglie valore al lavoro di chi raccoglie i fatti e li riferisce. Per questo, si dice, l’informazione è diventata gratuita e i giornali sono entrati in crisi. Encefalogramma piatto.

Ma nell’epoca dei reporter della porta accanto (il citizen journalism, il giornalismo partecipativo) si sente la mancanza di qualcuno che sappia spiegare il significato dei fatti, che li interpreti e dia una bussola alle persone.

Da qui l’analisi della Columbia University di New York che ha provato a quantificare le notizie presenti sui giornali americani, dal 1955 a oggi, dividendole in quattro categorie: coventional news, cioè il resoconto di qualcosa che è accaduto nelle ultime 24 ore; contextual news, storie che contengono analisi, interpretazione, spiegazione; investigative journalism, che mette sotto la lente i poteri e i potenti; social empathy, storie di persone interessanti.

Il risultato è la crescente importanza delle contextual news, dunque le analisi e le interpretazioni, rispetto alle conventional news, il semplice resoconto. Cliccate sulla tabella per ingrandirla e vedere i risultati dello studio della Columbia.

tipologie di giornalismo

Perché questo sta avvenendo?

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Cosa succede se non leggi più il giornale a colazione – Lo stato dei media nel 2013

Il giornalismo sta attraversando un periodo di grandi opportunità, non solo di bilanci in rosso? Alan Murray, ex giornalista del Wall Street Journal e presidente del Pew Research Center, spiega invece qual sia l’esatta condizione dei giornali. Si va al punto: la perdita di pubblicità, l’irrilevante crescita delle copie vendute, la frammentazione dei new media.

Prima di lasciare spazio all’entusiasmo per il digitale, bisognerebbe capire cosa sta succedendo al giornalismo e quali saranno le conseguenze per le testate e per chi ci lavora. Una sintesi viene fatta da Alan Murray, per cinque anni responsabile dello sviluppo digitale del Wall Street Journal, presidente da alcuni mesi del prestigioso Pew Research Center, organizzazione no profit che ogni anno rilascia un rapporto sullo Stato dei media. Potete ascoltare l’intervento di Murray alla George Washington University School of Media and Public Affairs. Ma ho selezionato alcuni punti e li ho sintetizzati in italiano. Potete leggerli qui sotto.

Sì, anche al Wall Street Journal, grazie al digitale, l’audience complessiva non è mai stata alta come in questi anni. 10, 15 volte superiore a quella che il giornale ha avuto nel periodo d’oro. Questo significa che il Wall Street Journal è in grande salute? Purtroppo no. In tutto il mondo avanzato, a causa dell’esplosione della comunicazione digitale, non c’è più un modello di business per i giornali, non si è ancora trovato il modo per ripagare e tenere in piedi il business.

 

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Ahi ahi la pubblicità nei giornali – Confronto tra Italia, Stati Uniti e Uk

Avrete letto che la pubblicità sui giornali italiani continua ad andar male. Il fatturato pubblicitario del mezzo stampa registra un calo del -25,5%. I quotidiani segnano -25,6% a fatturato e -13,2% a spazio. I periodici registrano un calo a fatturato -24,7% e a spazio -20,6%.
I settimanali vedono un andamento negativo sia a fatturato -26,3% che a spazio -16,6%. I mensili hanno indici negativi sia a fatturato -23,5% che a spazio -25,9%. Tempo fa si diceva che la situazione rispetto a un anno fa è decisamente peggiorata.

Ma qual è la situazione all’estero?

Nei giorni scorsi Magna Global ha previsto che, negli Stati Uniti, il 2013 vedrà una crescita della pubblicità nei media dello 0.4%, mentre nel 2014 la crescita sarà del 5.9%. I media digitali saliranno dell’11.5% nel 2013 e del 12.0% nel 2014. I quotidiani caleranno del 6.8% quest’anno e del 7,7% nel 2014. I periodici scendono del 6,7% quest’anno e del 5,4% nel 2014.

E la Gran Bretagna? Guardate la tabella.

Due le possibili considerazioni. Primo: i periodici perdono pubblicità ovunque, dunque ricavi. Sono costretti a trovare un equilibrio più in basso. Secondo: la situazione italiana è resa drammatica dalla crisi economica e di sistema del nostro paese.

Prima Comunicazione: pubblicità sui giornali marzo 2013.

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Le 40 migliori copertine degli ultimi 40 anni

La mia passione per le copertine delle riviste non ha limiti. L’altro giorno ho postato quelle premiate agli ASME, il premio ai migliori periodici del 2012. Dico qui che il magazine giudicato migliore rivista del 2012 è il New York, grazie anche alla copertina più bella dello scorso anno: una foto aerea di New York subito dopo il passaggio dell’uragano Sandy a fine ottobre.

Cover New mag 2012

Aggiungo ora le 40 migliori copertine degli ultimi 40 anni premiate nel 2005 alla American Magazine Conference. Le ho trovate nel sito di Mpa, the Association of Magazine Media, l’associazione dei periodici americani. Di seguito potete vedere le prime 20, dalla più bella in giù: si parte da una celebre copertina di Rolling Stone del 1981 con John Lennon e Yoko Ono. Ecco dunque le 40 Greatest Magazine Covers of the Last 40 Years. Per sapere di più di ciascuna immagine andate al link alla fine del post. Cliccate qui, invece, per vedere le altre 20 copertine, dal 21 al 40, che completano la selezione del premio.

RollingStone-Top40Covers-1VanityFair-Top40Covers-2Esquire-Top40Covers-3NewYorker-Top40Covers-4 Continua a leggere

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Il giornale con immagini in 3D e altre innovazioni dei periodici nel 2013

Quante innovazioni nei periodici. Domina la sperimentazione sul digitale e l’arricchimento sensoriale. Cosa vuol dire? Lo spiega Innovations in Magazine Media, pubblicato dall’associazione internazionale degli editori di periodici. Non mancano alcune curiosità.

L’obiettivo di molte innovazioni è di rendere l’esperienza di lettura dei periodici più intensa, più sensoriale, più visiva.

C’è My-Agazine, la personalizzazione delle copertine e dei contenuti. Nel marzo del 2012 Hearst ha inviato a 300 mila abbonati di Harper’s Bazaar una copia della rivista fatta su misura, con il nome del lettore stampato sul numero. Un “trucco” che incrementa la circolazione e attrae inserzionisti.2013-04-25-1InnovationsinMagazineMedia2013CoverCourtesyFIPP

Gli studenti del Royal Institute of Technology di Svezia hanno fatto sperimentazione sull’arricchimento sensoriale con progetti di ologrammi e speciali lenti a contatto per vedere dei video.

Con l’ologramma l’immagine di un’auto, associata a un numero di una rivista, diventa tridimensionale ed è possibile ammirare il modello da tutti i punti di vista, girandogli intorno. Bizzarria o sviluppo?

 

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