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L’Art Director Italiano Studiato alla Columbia University

Sarà uno dei testi obbligatori ai corsi di giornalismo della Columbia University: Designing News, di Francesco Franchi, art director di Il, mensile del Sole 24 Ore. L’idea di fondo è che, nell’era digitale, «i giornali vanno ripensati, non ridisegnati». Una lettura per tutti coloro che si occupano di informazione

Mario Garcia, uno dei più famosi designer di giornali al mondo, nel suo blog ha scritto una recensione di Designing News, un libro sul design di quotidiani e siti di Francesco Franchi, il talentuoso e giovane art director di Il, il mensile del Sole 24 Ore.

Garcia sottolinea come questo volume contenga riflessioni sul futuro delle news e dei media, e come sia, pertanto, una lettura consigliata a tutti quelli che lavorano nel mondo dell’informazione. Non è un libro specialistico destinato solo a grafici e art director. Tre le sezioni dell’opera, ciascuna con un titolo promettente: Making Sense of a Digital World, Change or Die, Redesign as Rethinking.

Franchi analizza le trasformazioni in corso nel mondo del giornalismo, mostra quali sono i prodotti più innovativi (approfondisce i casi di Feuilleton, Reuters e The Guardian), riferisce dei cambiamenti nell’industria dei media, nelle aspettative dei lettori, nelle strategie degli editori.

Tutte le piattaforme su cui i giornali sono presenti vengono discusse: carta, tablet, siti web, smartphone. Il famoso media quartet, concetto caro a Mario Garcia.

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Giornalismo À La Carte – Periodici e Paywall

I siti dei periodici, a differenza dei quotidiani, non sono a pagamento (con eccezioni). Eppure la carta non basta. Si cercano modi alternativi per ricavare denaro nel digitale. Con singoli articoli in vendita, pezzi di copertina dati gratis in cambio di video pubblicitari da guardare, edizioni speciali. Perché i magazine non possono vivere solo di copie per tablet. Anche il web vuole la sua parte (smiley).

SE NASCE THE INTERNATIONAL NEW YORK TIMES Si torna a parlare con eccitazione dei siti giornalistici a pagamento. A smuovere le acque la notizia che il New York Times ha grandi progetti nel digitale. Ieri i vertici del quotidiano più famoso del pianeta hanno annunciato la chiusura della testata gemella, e di proprietà, The International Herald Tribune, fondata nel 1887 come giornale americano che parla al mondo intero. Sacrificata perché rischiava di fare ombra alla espansione globale della testata principale, quel NYT nato come giornale di New York City, diventato da non molto quotidiano nazionale. E ora lanciato nella dimensione internazionale e digitale con il nome di: The International New York Times (sulla logica del power brand, leggete qui). Attraverso la versione per tablet e un sito dove si possono leggere gratis solo un certo numero di articoli. Poi si paga.

PERIODICI SENZA PAYWALL Ma nei periodici c’è poco da far pagare. C’è poco da erigere paywall. Settimanali e mensili non hanno, per definizione, breaking news da vendere (sempre che non si tratti di testate specializzate come l’Economist). La specializzazione è riservata ad alcuni magazine, gli altri sono generalisti.

Come si possono aumentare i ricavi, visto che le edizioni per tablet e mobile faticano, per il momento, a decollare?

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L’editore tedesco che ha scoperto come superare la crisi – Primo trimestre 2013 di Axel Springer

Vorrei non fosse un post per esperti. Si snocciolano numeri ma la sostanza regala, a chi sa capire, un pizzico di emozione. Emozione per chi lavora nella carta stampata e teme di essere finito in un vicolo cieco. Invece c’è un editore tedesco di quotidiani e periodici, Axel Springer, che ha trovato la strada per cambiare, trasformarsi, adattarsi al mondo digitale. E crescere, prosperare, aprire il futuro. Forse anche a carta stampata e magazine.

Axel Springer ha presentato i conti dei primi tre mesi del 2013. Chiariamo subito che si tratta di una società più grande, per volume d’affari, di Mondadori, Rcs Mediagroup, Hearst Italia, Condé Nast Italia, Cairo Communication.

Parliamo di un editore internazionale che pubblica in tutta Europa, dalla Germania alla Repubblica Ceca, dalla Francia alla Polonia. Un gigante per dimensioni e attività. Presente da tempo nel digitale con i siti dei propri giornali, radio, tv, con applicazioni, con portali che nulla hanno a che fare con il giornalismo: siti di annunci di lavoro, case, articoli per la caccia e la pesca.

La tendenza che viene fuori in Axel è la crescita strepitosa del digitale, che ormai è la prima area aziendale per fatturati e guadagni. Ma la carta stampata non è in rosso, e anche se continua a veder decrescere i fatturati e le copie vendute, rimane ampiamente remunerativa: guadagna un sacco di soldi. C’è dunque un aggiustamento strutturale, un ridimensionamento, che però non è il cancellamento, la scomparsa. E il digitale non è un mondo alieno rispetto al giornalismo.

Ecco la parte tecnica.

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Le video serie nel web: è il trend dei periodici nel 2013

Se il vostro editore lancia serie web sui siti delle vostre testate ricordatevi che non è l’unico, ma si sta muovendo sulla strada tracciata dai periodici negli Stati Uniti. O magari ci si muove in contemporanea con i giornali americani, perché ormai è chiaro che gli editori della carta stampata hanno deciso di puntare su questi prodotti per attrarre visitatori nei loro spazi web e inserzionisti. Spiega l’articolo del New York Times riportato in link alla fine di questo post: l’anno scorso il trend nei periodici era il lancio di una versione per iPad. Quest’anno sono i video.

Lo dimostra la presentazione fatta mercoledì 1 maggio a New York da Condé Nast, l’editore dei giornali patinati di fascia alta come GQ, Vogue e Glamour. Sono stati mostrati 30 clip dimostrativi come assaggio di 30 nuovi show (potete vedere i trailer  nell’articolo di Ad Age alla fine di questo post). Le serie web sono simili, come concetto, alle serie televisive, magari perché compaiono gli stessi attori, nelle stesse situazioni, con sketch ogni volta nuovi. O perché viene trattato sempre lo stesso argomento. Esempi. Condé Nast ha presentato la serie Angry Nerd per la rivista Wired, quella di tecnologia. Single Life è per i lettori di Glamour. Casualties of the Gridiron è un documentario di GQ molto serie che parla delle lesioni fisiche dei giocatori di football americano della NFL. Elevator Makeover fa vedere come può cambiare il look di una ragazza nel tempo di una corsa in ascensore. In questo blog ne avevo già parlato a inizio marzo raccontando il lancio di serie video in Glamour e GQ.

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Forbes, modello di transizione di successo al digitale

Visita nella redazione di Forbes di un giornalista francese di Les Echos.

Due mondi s’incontrano: il giornalismo del Vecchio Continente e il dinamismo spregiudicato degli americani.

Si spiega perché Forbes sia diventato un modello tra i periodici che vogliono sopravvivere al declino della carta stampata.

Forbes ha creato un sito di grande successo con 15 milioni di visitatori unici al mese. Cresciuti del 20% in un anno. Superato il Wall Street Journal.

La redazione Web è separata da quella del giornale, “per non cadere nelle mezze misure” dice il direttore del digitale di Forbes, Lewis DVorkin.

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Il sito di cucina e il ritardo dei giornali italiani nel digitale

Gli appassionati di cucina se ne sono accorti lo scorso ottobre: su internet è comparso un sito di cucina che è una potenza. Ma non è italiano. Si chiama Allrecipes.it e contiene video che vanno vedere, passo a passo, come si prepara un piatto. A differenza di Giallozafferano.it, il più noto sito italiano del genere, in Allrecipes.it non compare il volto di alcun cuoco, è tutto anonimo.
Si tratta del primo sito di ricette online al mondo con più di 1 miliardo di visite annuali. Proprietario del sito è un grande editore di periodici, Meredith, quello di Better Homes and Gardens e di Parents and More.
La storia di questo successo ha, a mio avviso, due insegnamenti.
Il primo chiama in causa gli editori italiani: il ritardo nello sviluppo digitale dei nostri giornali e brand è testimoniato dal fatto che il principale sito di cucina al mondo non sia italiano ma sia stato ideato e portato al successo in un Paese che non ha una tradizione culinaria paragonabile alla nostra. Che poi questo arrivi in Italia e s’imponga ha dell’incredibile. È come se una catena americana di punti ristoro soppiantasse le pizzerie napoletane.
Il secondo aspetto ha più a che fare con il business. Meredith sta perseguendo una strategia che aiuta a compensare il calo dei ricavi nella pubblicità. Per questo l’editore sta diversificando, investendo nel digitale, e spinge in modo aggressivo i propri brand su internet, tv, nel mercato delle app per tablet e smartphone.
Ci sta riuscendo: due mesi fa proprio Meredith si era candidata all’acquisto delle testate di Time Warner.

Il Punto: le strategie di un grande editore americano per rispondere alla crisi dei giornali di carta.

Meredith press office: espansione in Italia e Turchia

Zacks.com: Meredith investe in Italia e Turchia

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Video e canali digitali per GQ e Glamour di Condé Nast

I periodici scoprono la forza dei Web video. Due testate di punta di Condé Nast, Glamour e GQ, hanno presentato negli Usa serie e format video, webisodes, sui loro siti e nei canali dedicati su YouTube. Sono il frutto del lavoro, iniziato un anno e mezzo fa, di una nuova divisione voluta dall’editore specializzato in giornali patinati e di fascia alta. Una tendenza seguita da altri editori.

L’articolo di Ad Week descrive i video delle due riviste.

GQ presenta alcune serie decicate, naturalmente, al pubblico maschile. The Ten spiega quali sono i 10 oggetti cui non possono rinunciare uomini di successo come lo chef Rocco DiSpirito o personaggi della finanza. Jogging with James è sulla preparazione di una maratona. Car Collectors sono video sui gioielli a quattro ruote delle celebrity.

Glamour è orientato invece sulla moda, la cosmesi, il sesso (i pensieri segreti dei maschi).

La qualità, si spiega nel pezzo, non è quella incerta dei video realizzati da giornalisti della carta stampata senza esperienza televisiva, ma assolutamente patinata e professionale. Degna di Condé Nast.

I video garantiscono margini (guadagno) più alti nella pubblicità, per questa ragione le media company sono interessate ad arricchire i siti delle testate giornalistiche di clip e brevi filmati concepiti per il web. Si prevede che la raccolta pubblicitaria associata a questa formula aumenti dagli attuali 4,1 a 8 miliardi di dollari entro il 2016, stando a quanto afferma la società di ricerca eMarketer.
Il Punto: i video saranno una delle forze trainanti, e un’importante fonte di ricavo, per i giornali che svilupperanno una dimensione digitale, che siano quotidiani o, come in questo caso, periodici.

Adweek: canali digitali di condé nast

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Perché i video sono utili ai siti dei giornali

I video sui siti dei giornali piacciono ai giovani, un pubblico che sfugge a quotidiani e periodici. Catturano l’attenzione, aumentano il traffico, incrementano i ricavi. Ma per riuscire a fare dei buoni clip i giornali devono seguire una strada diversa dall’informazione dei tg.

Parola di Sue Brooks, Director of Video Transformation della Associated Press. Per anni l’agenzia di stampa internazionale ha fornito, oltre ai lanci scritti, materiale video grezzo (feed) e servizi chiusi alle televisioni di mezzo mondo. Ora alimenta i siti dei giornali. Ma gli editori della carta stampata sbaglierebbero a voler imitare lo stile e i contenuti dei broadcaster. I buoni tg non mancano e la copia dell’originale sarebbe imperfetta. Pretenziosa. Il quotidiano e i periodici devono trovare una strada tutta loro, aderente al brand, cioè alla propria “voce”. Solo così un video visto sullo schermo di piccole dimensioni di uno smartphone o di un tablet ha senso. Nell’intervista c’è un passaggio sulla rapidità, una delle cinque qualità delle Lezioni americane di Italo Calvino (il quale, nell’opera citata, faceva l’esempio di un romanzo di una riga sola).

Il Punto: gli editori di giornali sono diventati media company che sfornano prodotti giornalistici di carta, video, contenuti digitali. E devono imparare come farlo.

Wan Ifra: l’utilità dei video nei siti dei giornali

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Come finire in cima alle news di Google

In altre parole sto parlando dell’algoritmo, della formula con cui Google News sceglie quali siti e notizie valorizzare, rispetto a tutto il resto. O, forse è più interessante, a cosa (un blogger deve) prestare attenzione se si vuole finire nella parte alta delle ricerche fatte con Google. Il tema è dunque il posizionamento.

La settimana scorsa, spiega Frederic Filloux sul Guardian, il gigante di Internet ha aggiornato il documento che descrive le 13 metriche con cui il motore di ricerca fa la classifica delle news.

Vi invito a leggere l’articolo. Non voglio copiarlo, faccio il mediatore e mi limito a riportare l’elenco delle 13 metriche: numero di articoli pubblicati; lunghezza degli articoli; grado di copertura di determinati argomenti; la velocità nell’aggiornamento; il numero di volte in cui si viene citati; la reputazione, stando al giudizio di fonti autorevoli; i dati di traffico; le dimensioni della redazione; originalità e numero delle fonti citate; l’ampiezza degli argomenti trattati; la dimensione internazionale di un sito/blog; la correttezza grammaticale e varietà del lessico.

Buona lettura.

The Guardian: la formula segreta di Google News

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Mondadori France accelera sul digitale

L’articolo di Les Echos racconta, in sintesi, gli obiettivi di Mondadori France, in ritardo nel digitale.

L’amministratore delegato della società editrice spiega che al momento il digitale rappresenta solo l’1,9% del fatturato (ci sono editori tedeschi, primo Axel Springer, che sfiorano il 50%). Entro tre, quattro anni si vuole arrivare almeno al 10%. La redditività, sul digitale, è invitante.

« Les marges sont de 10 % à 12 % pour les éditeurs dans le print, quand elles atteignent 30 %, 40 %, voire 50 % sur certaines activités dans le numérique », a expliqué Ernesto Mauri.

Come raggiungere l’obiettivo? Lanciando siti di testate, proponendo app dei periodici, acquisendo società che fanno e-commerce o vendono servizi online.

Il Punto: lo sviluppo digitale dei periodici.

Les Echos: Mondadori France accelera sul digitale

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Periodici e digitale, Burda fa i soldi così

Con l’e-commerce di prodotti per animali domestici e siti di dating, così fa i soldi sul digitale Hebert Burda Media, gigante tedesco dell’editoria che pubblica 250 periodici nel mondo. Metà del fatturato della società proviene dalla presenza online, ma non si tratta di attività giornalistica. Attraverso una serie di acquisizioni Burda ha puntato sulle vendite e i servizi.

È una cosa diversa da quella crescita organica (così si dice in gergo) desiderata da noi giornalisti: testate che si affermano nel digitale attraverso lo sviluppo di siti d’informazione, la creazione di versioni per iPad dei giornali, le news da leggere sullo smartphone, al più un po’ di attività social su Facebook.

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Scenari 5/ Crescita lenta dei periodici nel digitale

Gli editori americani si interrogano su come fare profitti con il digitale e fanno previsioni: il 20 per cento crede che entro il 2014 riceverà da siti web, applicazioni per smartphone e contenuti per tablet ricavi pari al 25 % del fatturato pubblicitario complessivo della compagnia.

I dati sono tratti dal Digital Publishing Survey 2012 di The Alliance for Audited Media (Aam), l’organizzazione che si occupa di certificare le copie di giornali vendute negli Stati Uniti. Si viene a scoprire che:

1) La maggior parte degli editori americani offre contenuti per tablet e smartphone. Ma non sempre si chiede all’utente di pagare per questi prodotti.

Il 56 per cento degli editori fa pagare per i contenuti specificamente studiati per iPad, il 42 per cento per iPhone, il 38 per cento per i contenuti per il Kindle… (nel Rapporto trovate i dati completi).

2) Naturalmente i contenuti a pagamento non possono essere l’unica fonte di guadagno. Perché sul digitale vi sia un modello di business, confermano gli editori sentiti per questo studio, le fonti di ricavo devono essere due: contenuti e pubblicità.

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Il primo mese di Huffington Post e la magra figura dei magazine nel web

I dati Audiweb di ottobre dicono che nel primo mese di attività l‘Huffington Post Italia ha portato a casa  49 mila utenti unici al giorno e 212 mila pagine viste.

Lucia Annunziata, direttore del giornale online, ha dichiarato di voler arrivare a 500 mila utenti unici al giorno entro il 2015.

Sui giornali è stato osservato che l’Huffington è dietro ad altri siti d’informazione, come Lettera43 (cresciuto in un anno del 246%) e Dagospia; ma precede Il Post, Blitzquotidiano.it e Linkiesta.

Guardo le tabelle con le testate e i dati di traffico.

Noto che l’Espresso, sito che appartiene allo stesso editoriale che pubblica l’Huffington, seppur in joint venture, ha 64 mila utenti unici giornalieri, non molti di più dell’altra testata, pur disponendo di una redazione con molte penne e firme.

Noto che nella classifica dei 100 siti per visitatori secondo Audiweb, non compare il concorrente de l’Espresso, Panorama.it. Osservo che TgCom24, quarto in classifica dopo Repubblica, Corriere e il Meteo, va evidentemente molto meglio di Panorama.it, testata online che appartiene alla stessa galassia editoriale, quella berlusconiana.

Ma le testate storiche, Espresso e Panorama, presenti da tempo nel web, hanno le armi per competere con Huffington e Tgcom24?

Altri magazine. Il primo nella classifica è Donna Moderna (Mondadori), con 327 mila utenti unici giornalieri, segue, a grande distanza, Leiweb (Rcs Mediagroup), con 160 mila utenti unici. Poi, lontani, Quattroruote, l’Espresso appunto ed Elle Network. I magazine non brillano, nel loro complesso.

M’interessa perché: 1) fotografa l’arretratezza della proposta sul digitale dei periodici; 2) non sarà che i periodici devono puntare sulle app e non sui siti?

Audiweb: su Huffington Post, l’Espresso e i magazine online.

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Sui periodici la pubblicità rende di più

Fare pubblicità sui periodici conviene. Il ritorno economico per le aziende, rispetto all’investimento, è superiore a tv, internet e quotidiani.

Lo dice una ricerca di Mindshare UK per conto della Professional Publishers Association, riguardante 77 investitori che hanno speso oltre 6 milioni di sterline in pubblicità.

I magazine garantiscono un ROI (ritorno economico in rapporto al capitale investito) superiore a qualsiasi altro canale di comunicazione, giornalistico e non.

Ne ho parlato alcuni giorni fa in un post sull’utilità dei periodici.

So di espormi alle critiche dei colleghi. «Ma perché non pensi ai lettori, alla qualità dell’offerta giornalistica, al tuo lavoro? Non alla pubblicità, agli inserzionisti».

Ma la sopravvivenza dei periodici dipende soprattutto dalla capacità di attrarre pubblicità. Se essa venisse meno, dovremmo vivere di copie vendute. Non lo facciamo da tempo. Forse non l’abbiamo fatto mai.

Con il passaggio al digitale c’è poi una nuova difficoltà: nel web (contenuti raggiungibili da siti, tablet, smartphone, app) la pubblicità non va a chi fa informazione ma a concorrenti che non hanno contenuti giornalistici  (su tutti, Google). E’ un limite che rischia di portare all’estinzione di moltissime testate. Scoprire che la pubblicità sui magazine rimane molto efficace è motivo di speranza per chi lavora in questo ramo dell’editoria.

 

M’interessa perché: 1) spiega qual è la specificità dei periodici rispetto alla pubblicità; 2) dà una speranza ai periodici.

Chi lo dice: «minonline is the definitive career resource for the publishing community, serving job seekers and employers in all media (magazines, etc).

minonline: fare pubblicità sui periodici conviene

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Mentre gli altri sono fermi, gli affari di Springer nel digitale continuano

Una bella intervista di Lettera43 sul successo dell’editore tedesco Axel Springer nel digitale. Parla il presidente di questo gigante della stampa europea, l’italiano Giuseppe Vita, 77 anni, occhi celesti da vero teutonico, manager dal curriculum ricco, dal farmaceutico alle banche, sempre in una dimensione internazionale.

Quest’uomo certo non nativo digitale spiega la ricetta di Springer nel digitale. Ne ho parlato in post del 29 e del 22 agosto (2012).(Springer 1  Daily Mail e Springer 2)

Mentre Newsweek sparisce dalle edicole e lascia solo una traccia nel digitale, i tedeschi già nel luglio scorso facevano il 33,9 per cento del fatturato sulle varie piattaforme tecnologiche, complementari alla carta.

Ci sono contenuti editoriali ma anche tanto e-commerce. Una strada mista che dà frutti. Vita spiega come si sia arrivati a questo assetto passando anche attraverso complesse, e dolorose, ristrutturazioni. Ma il tema degli esuberi è stato affrontato, dice Vita, alla maniera tedesca: prepensionando. Viene da pensare che la maniera tedesca viene applicata in Germania, perché in Italia altri tedeschi, quelli della casa editrice Gruner und Jahr, hanno usato la mannaia nello stato di crisi presentato a inizio ottobre: 36 esuberi su 72 giornalisti, con il rischio reale che non ci siano ammortizzatori “dolci” per loro.

Ecco l’intervista, fortemente consigliata. E un piccolo estratto.

«DOMANDA. Che cosa si intende quando si dice che Axel Springer punta al digitale?

RISPOSTA. Di sicuro non basta trasportare su internet le proprie testate. Questo è banale, è la condizione di base.
D. È ciò che hanno fatto finora la maggior parte dei grandi editori italiani.
R. Intendiamoci, è un primo passo obbligatorio. Ma una volta che una testata va su iPad quanto può guadagnare in termini di abbonamenti? Si può parlare di 10, 20, 30 mila copie se l’editore è proprio bravo…
D. Quindi?
R. Bisogna diversificare.
D. Come?
R.  Il nostro fondatore, Axel Springer, diceva: «La nostra finalità non è stampare carta, è comunicare»…………

M’interessa perché: 1) mostra la strada da seguire per trovare un modello di business; 2) la carta rimane, è l’unico modo per far vedere cos’è esattamente quel prodotto editoriale, la carne e il sangue del brand; 3) per far soldi bisogna diversificare: e-commerce, e-commerce, e-commerce.

Il punto: uscire fuori dalla palude in cui è sprofondato Newsweek.

Lettera43: come fa il digitale Axel Springer

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