La storia multimediale della settimana è “The case for reparations” dell’Atlantic. Racconta come l’eredità dello schiavismo e della segregazione razziale siano ancora presenti nella società americana. Il video di lancio è stato visto 20.000 volte su YouTube
Multimediale, con vari capitoli, un testo di 16.000 battute, video, foto d’epoca, strumenti grafici per ripercorrere la storia, mappe interattive. L’autore, Ta-Nehisi ha lavorato due anni per le interviste e la documentazione.
E il giornale ha fatto promozione senza precedenti della storia, con interviste su altri media, trailer e video, martellamento sul sito web della testata.
Qui il link alla storia sull’Atlatic, sotto il trailer per You Tube.
Il Racconto di due scuole mette a confronto le storie degli studenti di due importanti istituti di New York. Scuole diversissime per retta da pagare, reddito delle famiglie che iscrivono i figli, per qualità e sicurezza dell’ambiente urbano che le circonda.
Si tratta della University Heights, nel South Bronx, e di Fieldstone, dove l’iscrizione costa 40 mila dollari all’anno e i ragazzi sono spesso figli di star dello spettacolo e di imprenditori.
La storia è una raccolta di interviste, fatte a due a due, uno studente del Bronx e uno studente benestante appaiati. Testo e foto. Essenziale. E digitale.
Una cadenza in due tempi plasma oggi l’informazione.
Ne parla ancora una volta quella formidabile fonte di riflessione che è il blog di Mario Garcia, designer e professore di giornalismo.
Garcia in una magistrale lezione online, visibile anche in video (Hearst digital media lecture), spiega che l’informazione viene ritmata su due tempi.
C’è il materiale grezzo, lo strillo, la breaking news. Che arriva attraverso smartphone, o con la ricerca su Google.
E c’è il momento della cottura prolungata, del racconto ben realizzato, dell’approfondimento. Per cui la carta rimane, forse, lo strumento ancora oggi più adatto.
Il punto è che ogni pubblicazione deve avere molto chiara – raccomanda Garcia – la visione di come deve essere elaborato e cadenzato il flusso temporale dell’informazione per il proprio pubblico.
Seguono gli esempi di Circa, Breaking News, Yahoo News Digest, New York Times Now, Guardian.
Siamo lontani dall’angosciante idea di doversi precipitare verso una non meglio definita transizione al digitale. Ma è chiaro che non c’è spazio per chi dovesse ignorare il nuovo ciclo della notizia.
Non è tempo per strumenti solisti. Se ne era già parlato a proposito di un concetto musicale passato al giornalismo: quello di media quartet.
Ci sono blog che sono una scoperta. thefunctionalart.com è uno di questi. Lo scrive Alberto Cairo, docente di Information Graphics e Visualization alla School of Communication dell’Università di Miami. Ma è anche un giornalista: ha guidato la redazione specializzata in infografica di El Mundo, in Spagna.
Nel blog, che ha lo stesso titolo di un manuale di grafica e infografica di Cairo, si discutono ogni giorno casi concreti apparsi sui giornali. E si affina l’arte di trasformare i dati in comunicazione giornalistica tutta visuale.
Penso possa essere utile, come probabilmente è stato il manuale di Mario Garcia per il design giornalistico su iPad, citato in un post molto letto di questo blog.
«Viviamo in tempi turbolenti.
Abbiamo bisogno di uno show che si muova alla velocità delle notizie.
Uno show che tenga il passo del nostro mondo concitato.
Uno show che va in onda una volta alla settimana, la domenica sera, dopo le 23.
Un colpo di stato il lunedì? Crolla la Borsa di mercoledì? Il Governo dà le dimissioni il venerdì?
Ne parleremo la domenica sera dopo le 23. A meno che il fatto non avvenga all’ora della messa in onda. In questo caso…. ce ne occuparemo la prossima settimana. Di domenica».
E’ quel che dice il video di lancio di un programma d’informazione satirico del network televisivo statunistense Hbo, Last Week Tonight (ne parla con acutezza il designer Mario Garcia nel suo blog dedicato ai cambiamenti nel mondo del giornalismo).
Un titolo che fa riflettere sul nostro bisogno di avere notizie sempre aggiornate ma anche sulla richiesta di una selezione delle notizie rilevanti, di approfondimento, di contesto per comprendere i fatti. E forse è questo il vero lusso in tempi di notizie incalzanti.
Context is the new king: oggi ci pensa la tv. Ma una volta non era il mestiere dei periodici?
L’esempio più bello è di Spiegel Online. Si intitola Die Straβe Nach Sotschi – Eine Olympische Winterreise, la strada per Sochi, con un tocco schubertiano.
Giornalista e fotografo hanno raccontato un viaggio dalla capitale Mosca a Sochi, sede dei Giochi, sul Mar Nero. Cartina geografica, scatti spettacolari, tanto testo: la componente “multi” non c’è (i quotidiani e i periodici sono multimediali?), ma l’impatto emotivo molto forte, tra bambini che fanno pattinaggio alle 6 del mattino, vittime della mafia, madri che hanno perso il figlio in attentati terroristici, spogliarelliste che fanno numeri ispirati alle Olimpiadi, la desolazione di svincoli stradali e strutture sportive costruiti per l’occasione a Sochi.
Altrettanto sobrio è Fourth Place del New York Times. Cosa vuol dire andare alle Olimpiadi e mancare per un soffio il podio: il quarto posto. Sono ritratti e dichiarazioni di atleti, la loro delusione, e la registrazione audio dell’intervista. Siamo lontani dalla complessità del racconto multimediale di Snow Fall. Eppure per creare Fourth Place sono stati messi all’opera 10 producer. Lussi da quotidiani globali.
Va segnalato Meet Team Usa di Sports Illustrated. Ritratti di atleti degli Stati Uniti, con profili e racconto.
Escono a getto continuo in questi giorni articoli e post che fanno il bilancio del 2013 e formulano previsioni per il 2014.
Tra i più citati, questo intervento del guru dei media, Ken Doctor.
In Italia ho letto con interesse Pier Luca Santoro, alias il Giornalaio.
Mi è piaciuto molto un post del designer ed esperto di media Mario Garcia. È sempre eccitante leggerlo: sparge entusiasmo, ottimismo, racconta da vero giornalista, attratto dalle novità come un ragazzo; e non parla mai ex cathedra, pur avendo un’esperienza e risultati da far impallidire chiunque nei giornali.
Nel suo bilancio del 2013, Garcia elenca 7 ragioni per brindare nel mondo dei media… L’anno è stato complicato anche negli Stati Uniti, ma:
1) Continuano a nascere giornali (di carta). Garcia cita il caso, tanto raccontato e ormai paradigmatico negli Stati Uniti, del quotidiano locale Long Beach Register. Ma potremmo aggiungere il ritorno in edicola di Newsweek. E il numero cospicuo di lanci nel 2013 (185 magazine lanciati contro 56 chiusi).
2) Il boom del mobile: quasi la maggioranza della popolazione (negli Usa, l’Italia non è da meno, come noto) possiede uno smartphone e un tablet, supporti su cui c’è un’esplosione nella lettura e ricerca di notizie. La strada è ancora lunga, il giornalismo su mobile è nella sua infanzia, ma c’è un potenziale enorme.
3) Non è vero che i giovani non leggono notizie. Ma lo fanno su smartphone e tablet. La frequenza nella lettura è la stessa delle persone di 30 e 40 anni. E i giovani molto più spesso cliccano sulla pubblicità digitale.
The fall of the house of Tsarnaev viene commentata nel blog di Mario Garcia, il maestro di design giornalistico che insegna alla Columbia University.
Piace al designer la sobria ed essenziale veste grafica del prodotto, che lascia molto spazio bianco per entrare senza ansia nel racconto. Anche senza leggere tutto dall’inizio si può cogliere il filo della narrazione, la ricostruzione di un ambiente familiare altamente disfunzionale, di una migrazione negli Stati Uniti, da zone remote dell’ex impero sovietico, risoltasi in un fallimento sociale ed esistenziale.
I video ci portano nell’ambiente d’origine dei due presunti attentatori.
Le fotografie, viste allo schermo e non sulla pagina stampata, creano, a mio parere, un maggiore coinvolgimento.
Penso che lo scroll aggiunga un pizzico di drammaticità alla storia (come un libro?), a differenza della pagina del giornale, che si apre davanti a noi mostrando tutto nella sua interezza.
Ma Mario Garcia riporta nel suo blog gli scambi di tweet di una discussione sull’utilità di prodotti come questo, risalendo indietro al capostipite: Snow Fall del New York Times.
C’è chi ritiene efficace questo modo di raccontare storie. Chi lo trova noioso. Chi chiede di aver pazienza perché siamo solo all’infanzia dello storytelling. Chi invece vuole fare piazza pulita delle novità e tornare al… giornalismo.
Altri esempi:
The Russia Left Behind. La New York sotterranea e Vita e sogni dei campioni del football australiano. Multimedia storytelling sul DataGate. Vita delle attrici pornolesbo.
Si dice spesso che quotidiani e settimanali d’informazione pagano un alto prezzo all’esplosione di new media e social media, incomparabilmente più veloci nel far girare le notizie.
Ma anche la tv risente del contraccolpo del citizen journalism.
Il presidente di Cnn, Jeff Zucker, preannuncia di voler spostare il suo network all news verso nuove direzioni. Perché da 12 anni la tv non riesce ad allargare il suo pubblico.
«We’re all regurgitating the same information. I want people to say, “You know what? That was interesting. I hadn’t thought of that”. The goal for the next six months, is that we need more shows and less newscasts».
«Siamo tutti pieni delle solite notizie. Voglio spettatori che dicano: “Sai, quella cosa che ho visto è fantastica”. L’obiettivo per i prossimi 6 mesi è più show e meno tg».
Un designer di giornali ci dice cosa fa notizia. Per forza: il designer non disegna, ma ripensa i media. E Mario Garcia è diventato il mio guru: lo riprendo quasi ogni giorno.
Cos’è una notizia? Basta guardare la prima pagina del New York Times, dice Garcia.
Ogni giorno compare tra le top news un storia che ha precise caratteristiche.
Non dobbiamo necessariamente leggerla per considerarci aggiornati su quel che è accaduto nel mondo.
Non è una di quelle che non possono mancare in prima pagina.
È però una storia che sorprende, coinvolge, aggiunge un pizzico di conoscenza in più, spesso l’unica con un titolo che non abbiamo già visto sul nostro smartphone.
È quella che ti fa ricordare di averla letta proprio su quel giornale.
GIORNALISMO DIGITALE Oltre a The Russia Left Behind e ad altri esempi di multimedia storytelling di cui si è parlato in questo blog, penso alle storie di giocatori di football di un quotidiano australiano e al racconto della New York sotterranea di Vanity Fair: sono nel blog del designer Mario Garcia. Per la gioia dei nostri occhi. Mi è venuta voglia di capire più a fondo come si racconta una storia nel digitale. E mi sono imbattuto in uno strumento utilissimo, in lingua inglese.
COS’È MULTIMEDIALE Riprendo un tutorial della UC Berkeley Graduate School of Journalism. Consiglio a tutti di visitare il sito, ricco di strumenti pratici e teorici sul giornalismo digitale.
Una storia giornalistica multimediale non è solo un racconto a più dimensioni: testo, video, audio, foto, grafica, animazione, mappe, interattività.
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STRETTA ATTUALITÀ Il primo novembre è stato pubblicato dal Guardian, quotidiano inglese con diffusione e rilevanza planetaria (il superamento dei confini nazionali è uno dei fenomeni resi possibili dal digitale), un racconto multimediale dello scandalo Datagate (Snowden/Nsa). Straordinario. Nelle interviste video le persone sono “scontornate” e iniziano a parlare non appena il lettore, facendo scroll sul racconto, arriva al punto. Ci sono documenti da sfogliare come se fossero fascicoli che ti vengono messi in mano. Grafiche sofisticate, animazioni. Giornalismo orientato a spiegare, passo a passo, una vicenda di spionaggio di massa che ha implicazioni sulla privacy di ciascuno di noi.
SUCCESSO NEL WEB Il quotidiano norvegese Aftenposten ha pubblicato il 2 novembre un racconto multimediale, Hooked on Yoga, di grande successo nel Paese: la quarta “notizia” più letta, la più condivisa nel giorno dell’uscita. È la storia di un ex tossicodipendente tornato a una vita normale grazie allo yoga. Un esempio seguito da un gruppo di persone, tutte con la stessa dipendenza. Tre giorni per girarlo, tre per scriverlo, cinque per documentarsi, cinque per fare il montaggio e l’editing video.
Il Punto: una grande lezione di giornalismo multimediale del New York Times. Che ha raccontato un viaggio nella Russia dimenticata, quella rimasta indietro nello sviluppo economico, spazzata via dal fenomeno dell’inurbamento delle campagne. Un reportage che utilizza in modo suggestivo, e magistrale, testo scritto, fotografia, video, interviste filmate, grafica. Una lezione da studiare punto per punto. Come a scuola di storytelling digitale
REPORTAGE MULTIMEDIALE Il 13 ottobre il New York Times ha pubblicato The Russia Left Behind, racconto della giornalista Ellen Barry di un viaggio in treno da San Pietroburgo a Mosca (durata: 12 ore), attraverso le campagne e i piccoli centri dimenticati. Villaggi diventati invivibili per il passaggio delle nuove vie di collegamento tra metropoli, paesi che si spopolano per la fuga della gente verso la capitale, tracce di una Russia del passato, tra monasteri ortodossi, icone e vita ai margini delle foreste.
È un esercizio giornalistico d’avanguardia che si inserisce nella scia del racconto multimediale del NYT pubblicato un anno fa, quel Snow Fall, premiato con il Pulitzer, che ha aperto la strada a nuove possibilità narrative nel giornalismo della transizione al digitale.
Il nuovo racconto offre spunti su due versanti. Quello dello sviluppo industriale ed economico dei giornali. E quello più strettamente giornalistico: le tecniche narrative, che a me interessano di più.
EVOLUZIONE DEL PRODOTTO Il primo punto è presto spiegato: a un pubblico di lettori che non chiede multimedialità a ogni costo, trovando più facile leggere articoli tradizionali anche nel digitale, bisogna però offrire alcuni prodotti “fuori serie” che appaghino la sete di novità rese possibili dal digitale. L’arricchimento multimediale, costoso per le redazioni in termini di tempo e di denaro, è comprensibile nel caso di Snow Fall e The Russia Left Behind, su cui gli utenti sono disposti a spendere più tempo. Nel secondo, c’è un’economia di mezzi che fa dire: è un passo avanti rispetto a Snow Fall.
TECNICHE NARRATIVE Il secondo punto riguarda invece la sete dei giornalisti di raccontare in modo nuovo, moderno, potenziato le proprie storie. L’ultimo reportage del NYT è istruttivo. La storia viene prima della scelta dei mezzi con cui costruirla. E il racconto parla a tutti i sensi.
COSA COPIARE Segnalo: 1) filmati brevi massimo di un minuto, centrati su interviste o scene d’ambiente, con pochi movimenti, quasi niente zoom, alta standardizzazione nel montaggio secondo la scuola anglosassone, audio perfetto sia nelle parole degli intervistati sia nel cogliere il suono d’ambiente, che aiuta a coinvolgere nel racconto. 2) Utilizzo di bellissime fotografie, in photo gallery di pochi scatti, facili da caricare, dimensioni a tutta pagina. 3) Si fa ricorso a una tecnica molto di moda che consiste nell’inserire nei video alcuni scatti fotografici: danno corpo al racconto, fissano protagonisti e situazioni. 4) Una grafica essenziale, che esalta le foto e gli snodi del racconto. 5) L’articolo è ben scandito, diviso in paragrafi brevi. Tutto è misurato: paragrafi scritti, video di pochi secondi, poche immagini ma valorizzate. Il segreto è questo?