Uno dei maggiori editori di periodici, Rcs Mediagroup, annuncia che potrebbe chiudere dieci testate entro il 30 giugno 2013. Si tratta dei giornali che la società ha tentato di vendere in blocco. Ora le riviste saranno messe sul mercato singolarmente, per un tentativo in extremis.
Se ne è parlato nei mesi scorsi. L’idea di cedere l’intero pacchetto di 10 testate non ha però avuto successo. Sui giornali si è letto che la “dote” chiesta dai potenziali acquirenti era troppo alta. Significa che qualche proposta è arrivata, ma il potenziale compratore chiedeva di essere pagato per prendere i giornali. Non era un compratore, dunque. E chiedeva a Rcs una somma troppo alta.
Le testate saranno ora poste in vendita anche singolarmente. Si tratta di Novella 2000, Visto, A, Max, Astra, Ok Salute, BravaCasa, l’Europeo, Yacht & Sail e il polo dell’enigmistica. I giornalisti coinvolti sono circa 90, ma non bisogna dimenticare altri 20 dipendenti.
La notizia è stata ampiamente ripresa e scopiazzata nel web. Consiglio di leggere il link al sito di Franco Abruzzo (ex presidente dell’Ordine della Lombardia e incontenibile aggregatore di notizie sul mondo del giornalismo), che riporta anche la cronaca della protesta dei giornalisti Rcs davanti a un teatro Milanese.
La notizia più inquietante è che in azienda si parli di cassa integrazione a zero ore per i dipendenti delle testate che dovessero essere chiuse. Una misura pesante. La cassa integrazione guadagni eroga assegni della stessa entità, da 959,22 euro lordi mensili a 1.152,90 euro lordi mensili, qualsiasi sia la professione o il lavoro, senza tenere conto degli stipendi realmente percepiti. Per i giornalisti questo comporta come minimo un dimezzamento della retribuzione.
Faccio un’annotazione: proprio ieri in un post parlavo di editori che vogliono separare il business dei giornali dalle altre attività, costituendo società autonome: in Rcs, invece, si va verso una vendita di testate e all’accorpamento di quelle che rimangono con i quotidiani del gruppo, Corriere della Sera e Gazzetta dello Sport, come si legge negli articoli ripresi da Franco Abruzzo. Seconda annotazione: nei giorni scorsi un altro grande editore di periodici, il maggiore in Italia, Mondadori, ha annunciato di voler avviare dall’1 giugno uno stato di crisi biennale. Sono previsti contratti di solidarietà e prepensionamenti per i giornalisti. Siamo nel pieno della stagione più buia per la carta stampata, in generale, e per i periodici in particolare.
Il Punto: come viene affrontata la crisi dei giornali italiani.
Lettera43: vendita o chiusura di dieci periodici di Rcs.
Franco Abruzzo: vendita o chiusura di dieci periodici di Rcs.
I periodici sono superati o modernissimi?
Sollecitato da una persona che legge il mio blog, prendo in mano un’intervista pubblicata da Italia Oggi.
Parla Giacomo Moletto, amministratore di Hearst Magazines Italia, dirigente di grande concretezza.
L’intervista prende le mosse dal rilancio di Gioia, femminile storico, nato nel 1934. Detto per inciso, pochi si rendono conto che alcuni periodici italiani hanno una grande storia. Per dire, Rcs Mediagroup vuole sbarazzarsi di Novella 2000, nata nel 1919, e di A – Anna, femminile che continua la storia di Annabella, creata nel 1933.
Torno in carreggiata. Moletto, che chiaramente vuole sostenere una delle proprie riviste in un momento in cui Condé Nast ripensa la formula di Vanity Fair, Mondadori rilancia Grazia, Donna Moderna, Tu Style, e Rcs Mediagroup mette in vendita, oppure chiude, 10 titoli, fa alcune riflessioni sulla modernità dei periodici.
Sostiene che «i magazine sono modernissimi, poiché una rivista la fuisci da sempre in maniera non lineare, saltando di qua e di là, ai segmenti del giornale che più ti interessano, tornando indietro. I magazine soffrono sui tablet proprio per questo: perché lì, invece, sei obbligato alla successione delle pagine, modalità alla quale un lettore di periodici non è abituato».
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